Negli stessi giorni in cui su tutti i media del mondo cresceva la percezione dell’emergenza in Afghanistan, che solo poche ore fa è degenerata nell’ennesimo bagno di sangue con l’escalation che possiamo prevedere, è passata totalmente inosservata la protesta partita dal carcere di Torino per denunciare la situazione di insostenibile indecenza in molto carceri italiane, soprattutto per la popolazione carceraria femminile. A cominciare appunto dalla Casa Circondariale Lorusso e Cotugno del capoluogo piemontese, che i lettori di questa testata hanno imparato a poco a poco a conoscere e persino visualizzare, grazie alle numerose iniziative promosse durante tutto l’anno scorso e subito trasmesse in diretta su Facebook, dal Comitato delle Mamme in Piazza per la Libertà di Dissenso, in sostegno a un buon numero di militanti NoTav che sono stati o tuttora si trovano detenuti. Nicoletta Dosio, Dana Lauriola, Fabiola, Mattia, Giulia, nomi che a un certo punto sono diventati familiari ben oltre la Val di Susa e persino in Sicilia, grazie alla solidarietà orchestrata dalle donne della Biblioteca UDI di Palermo, in primis Daniela Dioguardi e Ketty Giannilivigni a pilotare con successo (in pieno lockdown!) una raccolta firma che ha poi influito sulla concessione dei domiciliari almeno per la Lauriola. Alla quale (è bene ricordare) è stata inflitta una pena di ben due anni, per il crimine di aver amplificato con un megafono il suo dissenso al progetto TAV durante una manifestazione che il movimentò inscenò nel 2012 su un tratto dell’autostrada Valsusina: un blocco dei tornelli che durò non più di una ventina di minuti, totalizzò una perdita obiettivamente modestissima per il gestore (qualche centinaio di Euro), ma che la Procura di Torino ha ritenuto meritevole di cotanta “esemplare” punizione.

Ma sono tanti gli attivisti che come lei si trovano a scontare penalità esagerate per reati cosiddetti ‘bagatellari’. E in particolare per Fabiola De Costanzo, attivista torinese da sempre in prima fila nei presidi contro gli sfratti, molto attiva anche in ValSusa, dietro le sbarre dai primi di gennaio nonostante l’emergenza Covid, il cumulo di pene sarebbe di oltre 3 anni – per “bagatelle” motivate dal suo impegno nel sociale, dalla sua presenza in situazioni di abuso sul fronte dei diritti più fondamentali. E il carcere, soprattutto per le donne, è carcere duro, come ha ribadito un comunicato diffuso in data 15 agosto dal Garante delle persone private di libertà personale del Comune di Torino. “La situazione si presente problematica, come per tutte le altre sezioni femminili in Italia: su una capienza di 80 posti regolamentari, le donne sono circa 110 e soffrono di una serie di carenze specifiche (…) Dei 190 Istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, soltanto 5 risultano riservati in via esclusiva alla detenzione femminile: Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli, Venezia Giudecca (…) Considerando la mascolinità dell’Istituzione penitenziaria, si può affermare che la detenzione femminile si configuri come un ‘carcere nel carcere’…” Insomma un’enclave, una ancor più intollerabile segregazione all’interno di strutture “pensate per i maschi e mal declinate al femminile”, così conclude il Garante auspicando una “diversa attenzione a favore delle donne che non può più attendere”.

Una presa di posizione importante, a seguito del sopralluogo che era stato effettuato solo pochi giorni prima dalla radicale (ex deputata) Rita Bernardini, che confermava (semmai ce ne fosse bisogno) la totale legittimità dello “sciopero del carrello”, un eufemismo per dire “sciopero della fame”, annunciato nello stesso giorno di ferragosto, da una letterina scritto a mano da una sfilza di detenute e detenuti, ben tre pagine di nominativi fittamente elencati per nome e cognome, non poche quelli italiani accanto agli stranieri, tutti uniti nella stessa protesta: denuncia degli spazi inadeguati del sistema carcerario italiano, sempre più oberato dall’inasprirsi delle pene; urgenza sempre più sentita di “appoggiare le proposte del Partito Radicale e altre Associazioni in termini di Indulto, Amnistia, Riforma carceraria…”, gli stessi temi che già erano stati sollevati con la massima energia durante la detenzione di Nicoletta Dosio due anni fa, che il Movimento NoTav non perde occasione di ribadire, sottolineando la sproporzione delle pene inflitte rispetto a reati inesistenti o per l’appunto “d’opinione” – e l’utilizzo indiscriminato del carcere, come risposta alle crescenti emergenze sul fronte sociale.

A conclusione di questa settimana di “sciopero del carrello” ovvero “della fame” – completamente oscurato purtroppo sul piano mediatico dalla coincidenza con l’escalation di emergenza in Afghanistan – ecco scendere in campo, nel pomeriggio del 26 agosto, anche le Mamme in Piazza per la Libertà del Dissenso, come sempre attrezzate di microfono, altoparlante, telefonini per diffondere in tempo reale le loro grida di solidarietà ai detenuti, da quello scenario di desolazione che circonda il Carcere delle Vallette.

Fabiolaaaa… alloraaa… siamo giunte ad agosto… e siamo tornateee… in Presidiooo… con le Mamme in Piazzaaa… per la Libertà di Dissensooo… siamo qui oggi, per farvi sentire la nostra vicinanza… per portarvi tutto il sostegno di cui avete bisogno… per ribadire l’ingiustizia cui siete sottoposti… per aggiungere la nostra vicinanza al vostro coraggio…”  Parole chissà quante volte scandite, anzi urlate, da quello stesso marciapiede, nel caldo afoso di un giovedì di fine agosto, con le telecamere delle Forze dell’Ordine puntate addosso – che si sono concluse con la dolente commemorazione dalla morte del ragazzo Renato Biagetti, “ucciso dalle luride lame fasciste proprio nelle prime ore del 27 agosto del 2016, ovvero 15 anni fa oggi.”

Alla madre di Renato, Stefania Zuccari, e alle Madres romane che in tutti questi anni si sono strette intorno al suo dolore nel “Comitato Roma Città Aperta”, sono andati i saluti finali del Presidio. Il tutto è stato postato in tempo reale sulla pagina Facebook delle Mamme torinesi, che come sempre ringraziamo per la loro presenza e impegno di continuità, su un fronte come l’emergenza carceraria che è così facile dimenticare.