Il 10 luglio 2021 scade la risoluzione ONU per gli aiuti umanitari attraverso il valico di Bab Al-Hawa: se non sarà rinnovata, la vita di 3,4 milioni di persone sarà sotto scacco del regime di Bashar Al-Assad. L’appello di Still I Rise.

Una vera e propria catastrofe umanitaria: è questa la prospettiva per il Nord Ovest della Siria se il 10 luglio non sarà rinnovata la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU che permette l’ingresso di aiuti umanitari transfrontalieri attraverso il valico di Bab Al-Hawa.

Il rinnovo è infatti messo in serio rischio dalla Russia, che sostiene il regime di Bashar Al-Assad: il paese ha già dichiarato l’intenzione di chiudere questo punto di confine, affinché gli aiuti umanitari al Nord-Ovest della Siria arrivino direttamente da Damasco e dalle zone controllate dal regime. Se questa posizione passasse, sarebbe un disastro per 3,4 milioni di civili, già allo stremo delle forze e sotto continuo attacco. Basti pensare che nel solo mese di giugno il regime, sostenuto dalla Russia, ha ucciso almeno 46 persone nella regione, secondo una stima dei White Helmets – Syria Civil Defence. Tra i luoghi bombardati, anche un cimitero durante un funerale e una casa, mentre la famiglia stava facendo colazione.

«Quando è arrivata la notizia che la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU potrebbe non essere prorogata e gli aiuti completamente tagliati, i prezzi sono saliti alle stelle. La maggior parte della gente riesce a malapena a sopravvivere: se gli aiuti umanitari vengono meno, i civili non avranno altra scelta che morire o spostarsi di nuovo. Ma le frontiere rimangono chiuse e dunque l’unica opzione sarà quella di spostarsi in zone controllate dal regime, dove rischiano la tortura, la morte o di dover combattere», denuncia Abdulkafi Alhamdo, Program Manager di Still I Rise in Siria. «Il regime di Assad lo sa e temiamo che userà il cibo come arma: “Fame o sottomissione”, come dice il motto informale in molte parti della Siria. Il cibo e le medicine sono davvero un privilegio su cui i leader mondiali devono votare? Mantenere le persone in vita è una questione che deve essere negoziata?»

Dal valico di Bab Al-Hawa passano circa mille camion al mese con cibo, forniture mediche ed educative, aiuti salvavita e anche quei pochi vaccini anti Covid-19 che la Siria nord-occidentale è stata in grado di assicurare alla popolazione.

In quest’area sono sfollati più di 2,7 milioni di siriani provenienti da altre parti del paese: se tornassero nelle zone controllate dal regime, rischierebbero la vita. Più di 1,7 milioni vivono in campi, con un accesso molto limitato all’acqua corrente o all’elettricità: l’80% della popolazione è costituito da donne e bambini. La maggior parte delle persone è in grave difficoltà per trovare il cibo e la malnutrizione acuta grave nei bambini è aumentata del 55% solo nell’aprile 2021.

E la vita in questi campi è sempre più dura: a testimoniarlo ogni giorno, anche gli studenti e le studentesse di Ma’an, il centro educativo di Still I Rise nella città di Ad Dana. Attraverso le fotografie scattate per il progetto “Through Our Eyes”, descrivono una realtà alienante e allo stremo, con la quale sono costretti a convivere da tutta una vita.

Come Tammam, 15 anni, che affianca tre suoi scatti con questo pensiero: “Avevo una casa, ma ora solo una tenda è il mio rifugio. Avevo una città, ma ora questo campo è la mia città. Ai bambini piace la vita, ma questi bambini è come se fossero incatenati alla vita di queste piccole tende. Alcune persone cercano di ricostruire. Il mio incubo peggiore è che la mia tenda possa diventare la mia casa per sempre”.

In questo contesto già fortemente drammatico, la chiusura del valico di Bab Al-Hawa significherebbe condannare i civili a una catastrofe incalcolabile. «Siamo incredibilmente ansiosi e preoccupati che la risoluzione possa non essere rinnovata e guardiamo con orrore la scala di devastazione che milioni di persone dovrebbero subire. I siriani hanno già sofferto troppo», dichiara Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise. «Speriamo che, almeno per una volta, i politici e i leader mondiali mettano le persone prima della loro agenda politica e che il confine di Bab Al-Hawa rimanga aperto, continuando a fornire aiuti umanitari salvavita alla popolazione del Nord Ovest della Siria».