La cerimonia per l’assegnazione degli Oscar 2021 è stata celebrata in tono minore a causa della pandemia. Così come lo sono stati gli stessi premi sparpagliati con poco clamore su titoli di non particolare bellezza, tranne qualche indubbia rara eccezione, come, ad esempio, il meraviglioso documentario My Octopus Teacher, ovvero Il mio amico in fondo al mare e, in particolare, Sound of Metal, il film che narra della improvvisa drammatica sordità di un batterista punk rock.

Il documentario My Octopus Teacher sul rapporto che si sviluppa piano tra un filmmaker e una piovra è di una incredibile tenera bellezza e ci invita anche alla riflessione sui nostri doveri nei confronti del mare vivente, così vicino a noi, così drammaticamente offeso e straziato dal nostro sitema di vita.

Il film Sound of metal dopo aver ottenuto ben 6 candidature come Miglior Film, Miglior Attore (Riz Ahmed), Miglior Attore non Protagonista (Paul Raci), Miglior Sceneggiatura Originale, ha vinto gli Oscar per il Montaggio e per il Sonoro. Grandi riconoscimenti gli erano già valsi nei vari festival di Toronto, Zurigo, Boston, Chicago, San Diego.

Il film nasce da una vecchia idea di Derek Cianfrance e dalla sua esperienza di batterista colpito da acufene. La stessa viene poi raccolta e sviluppata dall’amico Darius Marder, già suo collaboratore e sceneggiatore. E la magia del cinema al puro stato artigianale ancora una volta si fa storia.

Sound of metal narra di Ruben, uno strepitoso Riz Ahmed, batterista punk rock girovago alla ricerca di piccole scritture viaggiando con il suo motorhome attraverso gli States insieme con la compagna. I due si esibiscono e si amano intensamente. Lui è un ex tossico, lei esce dalla depressione. Improvvisamente la sciagura di una sordità irreversibile colpisce Ruben e il mondo gli crolla addosso. Nulla più è possibile per lui. La sua libertà è frantumata. Forse solo un costoso impianto cocleare può restituirgli l’udito, ma l’unica via possibile per Ruben si presenta in un centro per sordi creato e organizzato da Joe, un reduce del Vietnam (reso da un intenso Paul raci). Lo sgomento e la rabbia, la frustrazione crescente lo legano nei rapporti con gli altri sordi con i quali, inizialmente, non riesce nemmeno a comunicare nella lingua dei segni a lui sconosciuta. Il silenzio nella sua anima è agghiacciante. Joe non lo abbandona e piano piano Ruben ritrova il senso della vita nello stare con gli altri, semplicemente, e il silenzio allora diventa partecipazione e condivisione. Ma il richiamo della vita precedente è troppo forte. Racimola la somma che gli serve per il costoso intervento ed ecco che l’impianto gli permette di raggiungere nuovamente la compagna. I suoni si riaffacciano al suo orecchio, ma sono metallo freddo, distorgono la sua stessa visione del mondo. E’ di nuovo solo. Il film si chiude forse con la ritrovata coscienza della ineludibile quiete che tanto Joe aveva insistito nel fargli conoscere. La sordità, se pur drammaticamente, può racchiudere, se accettata, una speranza di vita in una diversa, ma reale partecipazione al mondo, nella consapevolezza della quiete e del silenzio che cancella quei freddi metallici suoni che, viceversa, affollano, affogano il vivere quotidiano. E forse quella labile, sottile speranza può anche salvare dalla vera distorsione.

Un plauso particolare va alla prova di Riz Ahmed. Ha imparato il linguaggio dei segni americano, a suonare la batteria, ha vissuto il suo personaggio rendendocelo vero e senza pietismi. In evidenza anche Paul Raci nel ruolo di Joe, lui stesso figlio di sordi.

Darius Marder ha scritto con il fratello Abraham la sceneggiatura e la sua encomiabile regia ha dato spazio ad attori non professionisti della comunità dei non udenti. Il film non ha colonna sonora, solo suoni, quelli metallici del titolo, fino alla tenera canzone Green, che chiude i titoli di coda, composta da Abraham Marder. Sound of metal film dai grandi meriti e dalle ancora più intense emozioni e un filo di speranza per chi è stato ferito dalla vita.