L’accusa si riferisce a fatti accaduti il 6 agosto 2019 in occasione di una festa nel centro educativo Mazì. Still I Rise: “Denunciamo da anni le violazioni dei diritti umani sull’isola: la motivazione di questo processo è fortemente pretestuosa”. 

Rinviato a data da destinarsi il processo che vede imputato Nicolò Govoni, Presidente di Still I Rise, per presunto uso illecito di fuochi di artificio senza i necessari permessi. L’accusa si riferisce a fatti accaduti il 6 agosto 2019 sull’isola di Samos, Grecia, in occasione di una festa organizzata per il primo compleanno di Mazì, il centro educativo della onlus per adolescenti profughi residenti nell’hotspot. Il processo penale era stato fissato per il 27 maggio 2021: lo slittamento è legato a rallentamenti dovuti alle disposizioni anti Covid-19.

«L’accusa è stata mossa dalla polizia di Samos, la stessa che per anni ho pubblicamente denunciato per abuso di potere e violenze contro i minori profughi. Ma si tratta di un’accusa falsa: dopo che l’agente ha parlato al telefono con la proprietaria del negozio, ero stato rassicurato del fatto che non fosse necessario alcun permesso. Poi lo stesso poliziotto ha invece formulato la denuncia», dichiara Nicolò Govoni. «Prima della festa a Mazì ero personalmente andato prima dai vigili del fuoco e poi – insieme a loro – alla stazione di polizia per accertarmi di poter utilizzare quei fuochi. Il poliziotto ha direttamente parlato al telefono con la negoziante di Salonicco che ci ha venduto i fuochi di artificio, la quale ha spiegato che dal 2014 la Grecia ha adottato direttive europee secondo le quali i fuochi di artificio che avevamo acquistato non richiedono alcun tipo di permesso per essere utilizzati».

Still I Rise è presente sull’isola di Samos dal 2018 e nel 2019 ha presentato un esposto penale per violazione dei diritti umani dei minori non accompagnati da parte delle autorità dell’hotspot presso le Procure di Samos e di Roma. Mentre la causa in Grecia è a punto morto, nel 2020 in Italia la denuncia è stata trasmessa dal PM Maria Monteleone a Eurojust e alla Corte Europea di Giustizia, ottenendo dunque dal GIP – in fase di archiviazione delle indagini per difetto di giurisdizione – la possibilità di “disporre la trasmissione di copia della denuncia all’Autorità Giudiziaria della Grecia, perché valuti se ricorrano i presupposti, in termini di sistematicità e diffusività delle condotte  delittuose, per la ricorrenza di crimini contro l’umanità nei termini descritti dall’art. 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale” e contestualmente di “disporre la trasmissione al Ministero degli Affari Esteri di copia delle email inviate a questo ufficio al fine di intraprendere ogni iniziativa necessaria per garantire la protezione di Govoni Nicolò”.

La stessa denuncia ha raggiunto anche il Parlamento Europeo, dove nel 2019 sono state presentate due interrogazioni parlamentari – rispettivamente firmate da Pietro Bartolo e da Rosa d’Amato, Isabella Adinolfi e Laura Ferrara – affinché fosse indagata la reale situazione dei minori non accompagnati nell’hotspot di Samos.

A seguito di altre denunce mosse da Still I Rise, dal gennaio 2020 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha disposto l’immediato trasferimento di 12 MSNA in luogo sicuro, riconoscendo di fatto nell’hotspot di Samos la potenziale violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, ovvero il divieto di tortura e di trattamenti degradanti.

Inserita in questo contesto, la causa mossa dalla polizia di Samos al Presidente di Still I Rise appare fortemente pretestuosa. «Il contenuto conferma una premeditazione e il poliziotto ha mentito nella sua deposizione. Abbiamo però testimoni: il nostro avvocato si dice molto fiducioso sull’illegittimità dell’accusa e quindi sull’esito del processo, eppure temo una condanna fraudolenta. Ma voglio avere fiducia nella giustizia: che faccia il suo corso e che verità sia ristabilita» afferma Nicolò Govoni.