Ha avuto una certa risonanza (ma non quanto meritava) la notizia dell’appello di 100 economisti europei sulla proposta di cancellare quella parte del debito pubblico dei paesi UE attualmente in possesso della BCE. L’iniziativa è nata in Francia e ha coinvolto parecchi studiosi (tra i quali il più noto è Thomas Piketty) soprattutto in Italia e in Spagna, ma non soltanto.

La Banca Centrale Europea, in gran parte tramite le banche nazionali, detiene attualmente, grazie agli acquisti sul mercato secondario previsti dai programmi di Quantitative Easing, circa il 25% del debito pubblico complessivo dei paesi europei. Si tratta in sostanza di 2500 miliardi di cui circa 550 riguardano titoli italiani. La proposta sarebbe quella di una cancellazione secca o di una trasformazione in titoli senza scadenza e ad interessi zero, che in pratica è la stessa cosa. Le cifre così ricavate andrebbero poi reinvestite dai singoli Stati per fare fronte alla attuale emergenza pandemica. L’idea che anima la proposta è quella che gli attuali 750 miliardi previsti dal Recovery Fund sono del tutto insufficienti. Basti pensare a questo proposito al piano da 2000 miliardi di dollari previsto dall’amministrazione Biden anche alla proposta di interventi, anch’essa di 2000 miliardi (ovviamente di Euro), fatta dal parlamento europeo.

La proposta non ha di fatto nessuna possibilità di essere approvata perché (si dice) in contrasto con i trattati europei, come se questi non potessero essere cambiati. Argomentazione come si vede puramente formale dietro la quale si nascondono le convinzioni dei paesi nordici e soprattutto gli interessi economici e di potere della Germania. Ma l’ipotesi avanzata è assolutamente corretta ed è da sostenere, e soprattutto da pubblicizzare, non fosse altro per quello strano effetto che a ben rifletterci potrebbe fare il sapere che un quarto del debito pubblico, col quale da mattina a sera siamo avviliti e ricattati, noi europei ce lo abbiamo con noi stessi (sic!). Inevitabile effetto straniamento, se è vero che la banca centrale in teoria dovrebbe essere (ma in realtà non è) uno strumento che ci appartiene, creato per servirci e migliorare il benessere di tutti noi.

Gli estensori del documento hanno cercato in tutti i modi di mantenere toni e contenuti che apparissero il più possibile moderati e concilianti. Viene ad esempio sottolineato con chiarezza che la proposta ha un carattere di assoluta eccezionalità. Noi tuttavia possiamo legittimamente chiederci cosa impedisce che certe misure, che sono tecnicamente possibili e sostanzialmente non controproducenti in particolari periodi di difficoltà, non possano poi essere praticate anche in condizioni di normalità.

La monetizzazione del debito è una possibilità che tecnicamente è sempre data. In teoria nulla osta che la BCE, producendo denaro, possa continuare ad acquistare obbligazioni pubbliche, magari anche sul mercato primario direttamente dagli Stati che le emettono, esattamente come avviene per esempio negli Stati Uniti, nel Giappone, nel Regno Unito etc. Ma c’è di più! Come viene affermato per esempio dagli economisti neokeynesiani americani appartenenti alla scuola della ModernMonetaryTheory  (si veda a proposito Stephanie Kelton, Il mito del deficit, 2020) la possibilità di stampare denaro da parte di chi detiene la sovranità monetaria è in teoria illimitata. C’è una differenza fondamentale tra chi emette valuta, lo Stato o la sua banca centrale, e chi utilizza valuta come le famiglie o le imprese. Tra chi cioè può decidere come, quando e quanto spendere e chi non può farlo non potendo disporre di denaro a proprio piacimento.

Tutto questo non significa certo che detenere la sovranità monetaria significhi potere stampare tutto il denaro che si vuole senza subirne alcuna conseguenza. Tutti sanno che la contrindicazione più grave all’eccesso di liquidità è il prodursi dell’inflazione, che nelle situazioni più gravi può trasformarsi in iper-inflazione. Più in generale bisogna considerare che vi sono una serie di limiti e condizioni dell’economia reale che possono essere magari positivamente condizionati, ma non miracolosamente cancellati dalla capacità di produrre moneta.

Senza entrare al momento nello specifico dei caratteri e delle condizioni delle scelte di politica monetaria, quello che ci preme sottolineare in senso generale e in prima battuta, è che queste scelte, qualunque esse siano, sono scelte essenzialmente politiche e che spettano dunque alla politica! Nessuna scelta in questo ambito dovrebbe essere demandata ai “tecnici” col pretesto delle leggi inderogabili dell’economia e della economia del debito in particolare. Bisogna riaffermare il primato della politica sull’economia, perché ogni scelta di finanza pubblica mette in gioco questioni come i diritti sociali e i servizi pubblici, le politiche di welfare e la politica commerciale, e più in generale i modi di distribuzione della ricchezza. Porre limiti alle scelte politiche attraverso l’imposizione di regole restrittive come avviene nell’Unione Europea, o continuare ad affermare la menzogna della autonomia delle banche centrali dai governi e dagli Stati, ha lo scopo di mettere un (finto) bavaglio preventivo all’iniziativa politica in modo da poter giustificare qualunque scelta (o non scelta) come qualcosa che non poteva che essere così come è stata malgrado la (presunta e non vera) buona volontà dei governanti. Precisiamo infine che questo nostro affermare il primato della politica ha ovviamente un valore generale e di principio, e va dunque considerato del tutto a prescindere dalla qualità delle élite politiche e governative, che in genere sono anzi parte del meccanismo e del tutto prigioniere, o peggio asservite, alla logica dei rapporti di potere globali e agli interessi della finanza internazionale.

Ribadiamo, per essere chiari, che il debito pubblico non esiste! O meglio: Esiste perché si vuole che esista come arma di ricatto. Esistono ovviamente limiti reali e sostanziali all’emissione di moneta la cui considerazione ricade nella responsabilità della politica, ma come abbiamo detto non esistono limiti formali, o per meglio dire esistono solo in quanto fittizi e ingannevoli.

In sintesi il nostro modello ideale funziona così: Il governo di uno Stato dotato di sovranità monetaria dovrebbe semplicemente decidere, in sede di definizione del bilancio, l’eventuale spesa in deficit a partire dalle proprie convinzioni politiche generali e dalle proprie scelte programmatiche e tenendo conto di tutti i rischi connessi con un possibile eccesso (o più raramente “difetto”) di spesa, e a questo punto chiedere, o meglio: ordinare, alla propria banca centrale tutta la moneta necessaria, anche senza l’emissione di alcuna obbligazione.