Ieri sera, la nave Open Arms con a bordo il personale di EMERGENCY ha raggiunto Porto Empedocle, porto di sbarco assegnato per le 146 persone soccorse durante gli ultimi giorni. La Croce Rossa Italiana ha effettuato questa mattina i tamponi per Covid-19, per poi procedere al loro trasferimento sulla nave quarantena Allegra o, nel caso dei minori, in centri di accoglienza a terra.

I naufraghi, recuperati durante due operazioni di soccorso in acque maltesi gli scorsi 12 e 13 febbraio, provengono principalmente dal Mali, dalla Costa d’Avorio e dalla Guinea Conakry, ma anche da Nigeria, Sudan, Camerun, Togo e Burkina Faso. Tra di loro, due donne al quarto mese di gravidanza e 58 minori, tra cui il piccolo Moez, di soli tre mesi, e 50 ragazzi che viaggiavano non accompagnati.

La Open Arms era salpata per la Missione 80 lo scorso 2 febbraio dal porto di Barcellona. Durante queste settimane si è trovata più volte a dover gestire le forti pressioni esercitate dalla cosiddetta guardia costiera libica. Nel corso del primo salvataggio, avvenuto in zona Sar maltese, la motovedetta libica Fezzan P658 si è avvicinata ai Rhib, intimandogli di abbandonare quelle che loro consideravano “acque territoriali libiche”.

Sabato 13 febbraio poi, dopo aver ricevuto una segnalazione dell’ONG Alarm Phone, la Open Arms ha soccorso altre 106 persone. L’imbarcazione su cui viaggiavano si è rovesciata e spezzata pochi minuti dopo il nostro intervento, anche a causa del mare molto agitato. Anche questa seconda operazione è avvenuta sotto il minaccioso controllo di un’imbarcazione della cosiddetta guardia costiera libica, che si è tenuta a distanza solo dopo aver notato la presenza di telecamere a bordo.

Quanto avvenuto durante la Missione 80 testimonia, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che i respingimenti per procura sono costanti e strutturati, coordinati e finanziati dai governi europei. In questi giorni abbiamo assistito al recupero di centinaia di persone riportate in Libia contro la loro volontà da motovedette libiche finanziate con il denaro dei cittadini italiani e europei. Ribadiamo la necessità che l’Europa smetta di considerare la Libia un luogo sicuro, e inizi garantire il diritto al soccorso e alle cure come previsto dal diritto internazionale,” dichiarano le ONG.

Il nostro equipaggio trascorrerà ora la quarantena in un punto di fonda, come comunicato dalle autorità competenti.