A un anno dall’inizio dei Giochi invernali in Cina (4 febbraio), il Comitato Olimpico deve criticare chiaramente le politiche repressive

Tra un anno, il 4 febbraio 2022, inizieranno le Olimpiadi invernali a Pechino e dintorni. In questo contesto, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) chiede una presa di posizione chiara da parte del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sulla politica di assimilazione violenta del governo cinese verso le minoranze etniche e religiose. Il partito comunista cinese userà il grande evento sportivo per presentarsi come internazionale e cosmopolita – e allo stesso tempo per rafforzare la sua politica repressiva sui gruppi etnici uiguri, kazaki e kirghisi. Già nel corso dei Giochi estivi del 2008, il governo ha dimostrato che,  contrariamente alle sue stesse dichiarazioni, non intende rispettare i diritti del popolo cinese e ampliare la protezione di questi diritti. Sarebbe fatale se il CIO dovesse ancora una volta avallare questo comportamento e ignorare la politica di oppressione della Cina.

Nel 2008, il CIO non ha espresso alcuna critica sulle numerose violazioni dei diritti umani, anche in Tibet. Come se non bastasse, il presidente del CIO Thomas Bach nel 2013 ha assegnato l’Ordine Olimpico al leader di stato e di partito Xi Jinping. Due anni dopo, la Cina ha vinto la candidatura per ospitare i giochi invernali del 2022. Le nazionalità di religione islamica nella regione dello Xinjiang sono state da allora sottoposte a un regime repressivo senza precedenti con
campi di rieducazione, lavori forzati, separazioni familiari e distruzione di siti religiosi. Nonostante questo il CIO ancora oggi continua a lodare lo stato cinese. Questo atteggiamento di disprezzo non può essere giustificato alla luce delle massicce violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Attraverso il suo status di organizzazione non governativa registrata dall’ONU, il CIO è vincolato dalla Convenzione Anti-Genocidio del 1948. Rispettare questa convenzione e chiamare il
genocidio culturale con il suo nome è il minimo che si possa chiedere a Thomas Bach.

La massima della Carta Olimpica che ogni forma di discriminazione “basata sulla razza, la religione, la politica, il sesso o qualsiasi altro motivo […] è incompatibile con l’appartenenza al Movimento Olimpico” non sembra giocare più alcun ruolo per il CIO. Così facendo, dimentica ovviamente la sua storia: tra il 1964 e il 1988, il Sudafrica è stato escluso dalla partecipazione ai Giochi Olimpici a causa della sua politica di apartheid.

Vedi anche in gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2020/200115it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2016/161124it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140916it.html |
www.gfbv.it/3dossier/asia/tibet-it.html |
www.gfbv.it/3dossier/austral/australit.html
in www: www.hrichina.org