Oggi a Torino in Piazza Castello si è svolta una manifestazione per denunciare la condizione nella quale versano i migranti in Bosnia al confine con la Croazia.

La manifestazione è stata promossa da: Torino per Moria Italia che resiste – Torino, molte le sigle che hanno aderito.

E’ stato chiesto ai partecipanti, che nonostante la pandemia sono venuti in buon numero, di portare delle ciabatte da mare a simboleggiare le ciabatte che i migranti spesso sono costretti a portare ai piedi in mancanza d’altro anche nei mesi invernali e le coperte a simboleggiare l’unico modo che hanno le persone migranti per ripararsi dal freddo.

Molti gli interventi tra cui quello di Mima Dedic originaria della Bosnia ed immigrata in Italia grazie alla rete torinese di accoglienza durante il conflitto in ex Jugoslavia e di Mauro Ravarino, curatore dell’ultima edizione de “La guerra in casa” di Luca Rastello, libro che parla della guerra nell’ex Jugoslavia

Chi si occupa di accoglienza e diritti dei migranti sa bene che le persone che hanno viaggiato sulla rotta balcanica per aver asilo in Europa, e che stazionano al confine tra Bosnia a Croazia vivono una situazione talmente disumana da essere paradossale.

La Bosnia è tutt’ora disseminata di ordigni antiuomo: si stimano in un numero ben superiore alle 15.000 unità, si stimano circa 1500 mutilati e 500 morti saltati sulle mine.

In questo scenario migliaia di migranti che in larga parte avrebbero diritto all’asilo politico tentano un “gioco” drammatico chiamato “The Game”, gioco che però non riinizia da zero se perdi la vita o se rimani irrimediabilmente mutilato.

Il “gioco” consiste nel cercare di attraversare il confine ed entrare in Croazia, in territorio europeo per chiedere asilo.

Ad ogni tentativo in cui vieni “eliminato dal gioco” diventa sempre più difficile riiniziare a “giocare”, perché ti prendono, circostanza nella quale rischi concretamente un feroce pestaggio, a volte fratture, in cui ti requisiscono o spaccano il telefono, ti requisiscono le scarpe, circostanza quindi in cui nulla viene lasciato al caso per impedirti un altro “giro” al “Game”.

Tra una pausa e l’altra del “Game” vivi in condizioni estremamente precarie, dove l’orizzonte temporale arriva al massimo al pasto della sera, al dubbio se potrai consumarlo o meno, dove in questo periodo la costante è il freddo di una vita invernale in tenda con temperature sotto lo zero.

Diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione: tutto frantumato in un tritacarne a cui l’Europa non guarda, ostentatamente voltata dall’altra parte.

Un feroce gioco delle diseguaglianze, quest’ignavia istituzionale è responsabile delle sofferenze che consapevolmente non allevia a queste persone.

Possiamo davvero evitare di definire tutto questo come sadismo istituzionale e istituzionalizzato?