Non guardo più la televisione. Mi annoia vedere ripetere sempre gli stessi ritornelli e sciropparmi le centinaia di pubblicità di auto e farmaci. Ma la scorsa settimana non ho potuto fare a meno di guardare alcune riprese dell’ormai famoso teatrino che segna l’uscita di Trump dalla scena politica americana.

Quando ho avuto informazione di quello che è accaduto per la Befana a Washington mi è subito venuto in mente l’ottobre del 1993 a Mosca. Il muro di Berlino era stato smantellato a partire dal 1989, con un “errore” di tempistica ormai accertato dalla narrazione storica, e nei primi anni c’era stato molto caos nella realtà non più monolitica del socialismo reale, che stava perdendo pezzi in modo vistoso. Dal crollo dell’Unione Sovietica, il Paese era dilaniato dallo scontro tra la sinistra in parlamento e i riformisti di destra e di libero mercato nel governo di Eltsin. Il 21 settembre 1993 Eltsin ordinò lo scioglimento del parlamento e chiese nuove elezioni. Il portavoce del Soviet Supremo Ruslan Khasbulatov e il vicepresidente Aleksandr Rutskoi guidarono alcuni legislatori a barricarsi alla Casa Bianca di Mosca e votarono l’impeachment al Presidente. Il Paese cadde in una pericolosa situazione di doppio potere. Eltsin rispose isolando l’edificio, circondandolo con la polizia e tagliando l’elettricità, il telefono e l’acqua. Quando i ribelli incitarono le bande di manifestanti anti-Eltsin ad attaccare e occupare la torre Ostankino, sede della televisione di stato e centro nevralgico dei madia russi, Eltsin dichiarò lo stato di emergenza e ordinò l’assalto militare al Soviet Supremo. Si rischiò l’innesco di una guerra civile, come non accadeva dal 1917.

In quell’inizio di ottobre “caldo” del 1993 ero a Mosca per partecipare alla Internazionale Umanista e al Primo Forum Umanista Mondiale. Eravamo confinati nell’Accademia delle Scienze di Mosca, avevamo visto passare colonne di carri armati verso il centro della città e non ci era permesso di uscire. Ma ricevevamo informazioni fresche e ben contestualizzate. Dopo alcuni giorni fu ristabilito l’ordine, arrestati i ribelli e ci fu possibile fare un giro nell’Arbat, perderci nell’immensità della Piazza rossa, vedere il mausoleo di Lenin e fotografare le strisciate nere sulla Casa Bianca e sulla torre Ostankino, testimoni del conflitto.

Quando un sistema cede e iniziano ad essere evidenti i segni del tracollo, succedono cose come queste. A Mosca nel 1993 si stava manifestando la fine di un’epoca, quella che ha lasciato un vuoto enorme negli equilibri dinamici degli anni della Guerra Fredda.

Oggi stiamo vedendo il crollo dell’altra parte, quella che ai tempi cantò vittoria (quando in realtà la dissoluzione della URSS è stata prodotta dall’evoluzione di quel sistema che ha collassato dal suo interno). Anche oggi, nel caso degli USA, il crollo è un fenomeno che parte dal suo interno. Dettaglio più, dettaglio meno, non riesco a seguire le sofisticate disquisizioni politiche e spesso mi annoiano questi discorsi che giocano sulla polarizzazione, con tensioni e distensioni politiche di respiro molto corto. Non sono nessuno e la mia opinione non vale niente, secondo coloro che credono di detenere il potere della conoscenza o dell’informazione, ma non posso smettere di pensare e di fare delle relazioni con i dati che mi giungono.

Domenica sera ho visto una replica della trasmissione di Lucia Annunziata su Rai 3. Per caso, ho fatto zapping e ho visto il faccione di Salvini in giacca e cravatta. È stato impressionante perché ho quasi fatto fatica a riconoscerlo. Il restyling in vista della candidatura mi ha colpito. Un tono moderato e un buon italiano, ha fatto la lista della spesa (numerando con le dita) solo una volta. Ha ricordato che ascolta De André e che la destra e la sinistra sono categorie obsolete, ripetendo varie volte la parola “liberale”, perché suona tanto vicino a libertà, anche se non è la stessa cosa. Dovremmo dargli un Oscar all’interpretazione e regalargli una villa a Los Angeles. Il qualunquismo e la politica ufficiale vuota di contenuti e di visioni del futuro sono anch’essi indicatori del tramonto di un’epoca. Mentre nella penombra del web già pullulano le iniziative creative, oltre che le teorie fantasiose e i commenti anche seri e circostanziati che criticano lo status quo e fanno proposte. Tutti stanno all’interno dello stesso circo, forse come all’epoca di Costantino, quando tra tutti i culti presenti nella “capitale del mondo”, il messaggio cristiano fu scelto per contrastare l’entropia del sistema romano.

Anche oggi non mancano le narrazioni mistico-religiose: dalle interpretazioni più medioevali del cristianesimo al “contact” con esseri provenienti da altri universi.

Nel frattempo la finanza vola via e cerca di portarsi via tutti i numeretti che ci fanno credere di possedere qualcosa, il virus muta (come è normale che faccia, per sopravvivere) e il disturbo mentale aumenta a dismisura.

La storia ha i suoi cicli e i suoi processi. Quale messaggio siamo disposti ad ascoltare in questo bivio evolutivo della nostra specie? Cerchiamo un messaggio salvifico o vogliamo comprendere quello che accade?

Nel secondo caso, nel quale mi includo, credo che sia imprescindibile e fondamentale imparare ad ascoltare con maggiore attenzione le diverse opinioni e visioni per individuare un leitmotiv che sia plausibile e possibile nella prossima Era.

Noi speriamo che ce la caviamo.