Dopo anni di lotta, il 5 agosto di quest’anno c’è stato lo stop al cantiere del Dakota Access Pipeline, un maxi oleodotto di duemila chilometri che avrebbe dovuto collegare il North Dakota all’Illinois. Secondo la giudice non rispettava i requisiti della National Environment Policy Act (Nepa). Così, il magistrato ha sospeso per due anni il permesso accordato dal Genio dei lavori pubblici dell’esercito Usa alla società Energy Transfer. Il tracciato dell’opera è stato contestato dalle tribù e dagli ambientalisti, secondo cui la parte sottomarina metteva a rischio il bacino idrico delle comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri Sioux.

Dopo questa arriva l’ennesima sconfitta per il tycoon americano. La corte di Giustizia degli Stati Uniti ha respinto il progetto Liberty di Hilcorp in Alaska colpevole di violare la legge federale, ignorando i cambiamenti climatici. Il progetto, voluto dall’amministrazione Trump, aveva lo scopo di trivellare le acque dell’Artico in barba ai rischi per il delicato ecosistema e i suoi abitanti, tra cui gli orsi polari a rischio estinzione.

Nei giorni scorsi, la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il 9° Circuito ha respinto l’approvazione dell’amministrazione Trump del primo sviluppo di perforazione petrolifera offshore nelle acque artiche federali. L’Hilcorp aveva ricevuto nel 2018 il via libera per la costruzione e la gestione del controverso progetto Liberty che consisteva nella realizzazione di un’isola artificiale di quasi 10 ettari e di un oleodotto di 5,6 miglia sotto le acque artiche per inviare il petrolio a terra tramite condotte. La compagnia infatti prevedeva di creare non solo l’isola ma anche dei pozzi e un gasdotto lungo la costa dell’Alaska nel mare di Beaufort.

Ciò avrebbe potuto mettere a repentaglio la vita degli orsi polari e delle comunità artiche in caso di fuoriuscite di petrolio nel delicato tratto di mare. Una decisone che non era piaciuta a tante associazioni e ONG che avevano intentato causa contro il Governo, dal Center for Biological Diversity a Friends of the Earth, da Greenpeace a Defenders of Wildlife e Pacific Environment, tutti rappresentati da Earthjustice.

Due anni di puro terrore ma adesso questo 2020 si chiude con un atto di giustizia, anche se il periodo per le lobby del petrolio non è ancora finito. Il tribunale ha stabilito che l’amministrazione Trump non aveva considerato adeguatamente gli impatti climatici del progetto, come richiesto dal National Environmental Policy Act. In particolare, la Corte ha respinto l’uso improprio della modellizzazione economica da parte dell’amministrazione per giungere alla conclusione che questo progetto avrebbe giovato al clima.

La Corte ha anche ritenuto che il Fish and Wildlife Service avesse violato l’Endangered Species Act non avendo analizzato adeguatamente gli effetti del progetto sugli orsi polari. Secondo i giudici, l’agenzia si è basata arbitrariamente su misure di mitigazione incerte per giungere alla conclusione che il progetto non avrebbe messo a repentaglio gli orsi polari, senza considerare adeguatamente il danno che invece avrebbe potuto arrecare loro anche il rumore.

“La sentenza afferma che gli Stati Uniti devono adottare misure per abbandonare il petrolio e il gas se vogliamo avere qualche speranza di fermare la crisi climatica”, ha concluso Tim Donaghy, esperto di ricerca di Greenpeace. “Se vogliamo creare un futuro giusto, verde e pacifico, dobbiamo iniziare rifiutando progetti distruttivi come Liberty. L’azione per il clima deve avvenire ora e l’amministrazione Biden deve mantenere la sua promessa di fermare qualsiasi nuovo leasing di petrolio e gas su terre e acque federali”.

Purtroppo sappiamo che la fine dell’era Trump non coinciderà con l’inizio di un cammino meno basato sulle fonti fossili, soprattutto in vista dei nuovi investimenti, delle nuove concessioni di perforazione e della potenza delle lobby del petrolio sempre più invasive e sempre più infiltrate nei governi occidentali attraverso i propri lobbisti. Certo è che questa è una vittoria per l’ambiente e per i complessi ecosistemi dell’Artico contro i progetti di devastazione ambientale da parte di Trump.