Il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, ha riconosciuto il suo ruolo nel colpo di stato in Bolivia che ha causato la partenza forzata del governo dell’ex presidente, Evo Morales. I golpisti hanno gestito il processo elettorale avendo a disposizione la polizia, l’esercito, il Tribunale Elettorale, i mezzi di informazione oltre che l’aiuto dei consiglieri della ambasciata statunitense. Il fronte di ultradestra perde un pezzo importante in Sudamerica e dà forza allo schieramento popolare capeggiato dal Venezuela che ha visto sommarsi l’Argentina dopo la cacciata di Macri nel gennaio scorso.

Nel libro uscito in questi giorni intitolato “Luis Almagro. No pide perdón”[1], scritto dai giornalisti Gonzalo Ferreira e Martin Natalevich, il segretario generale dell’OSA racconta di aver parlato con Evo Morales e di averlo convinto a far invitare la sua organizzazione per vigilare sulla regolarità delle elezioni che si sarebbero svolte nel paese andino. Il rappresentante dell’organizzazione internazionale racconta come ha sostenuto Morales a candidarsi alla rielezione nel 2019 “per guadagnarsi la sua fiducia”.

Il testo è il risultato di oltre 100 interviste e 20 ore ad Almagro in cui viene descritta la sua carriera politica. Tra gli eventi politici più significativi riportati c’è la strategia per “spodestare Evo Morales”, convincendo gli Stati Uniti ad allearsi con la sua posizione per andare contro il governo bolivariano in Venezuela e il suo sostegno a Dilma Rouseff in Brasile.

Gli autori del libro mostrano che il ruolo di Almagro nella partenza di Morales faceva parte di una strategia premeditata, iniziata nel 2017 e culminata nella missione di osservazione elettorale dell’OSA per presentare presunte irregolarità nel conteggio dei voti nel 2019 e impedendo così la rielezione del presidente, incoraggiando l’avvento del colpo di stato militare.

Riguardo a Evo Morales e alle elezioni del 2019, Almagro ha sottolineato che “abbiamo aperto una possibilità che Evo avesse vinto legittimamente. Era il costo di quello. Per me era impossibile, impossibile. Evo aveva ancora meno voti rispetto al referendum, quindi non aveva forma. Poi abbiamo aperto la possibilità che l’opposizione boliviana vincesse legittimamente. E abbiamo chiuso la possibilità che Evo conducesse brogli durante le elezioni”.

Come risulta chiaro fin dai primi sospetti[2], il Segretario Generale dell’OSA non aveva alcuna intenzione di riconoscere la legittimità delle elezioni boliviane. La presenza dell’OSA come ispettore internazionale che doveva vigilare sul corretto svolgimento delle consultazioni era una banale scusa per poi poter portare a termine il suo progetto di destabilizzazione.

L’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) è, d’altronde, un gruppo dell’era della Guerra Fredda che funge da veicolo per l’influenza degli Stati Uniti, opponendosi ai governi di sinistra in America Latina. Già qualche tempo fa, il giornalista Max Blumenthal aveva accusato l’OSA, a causa del suo estremo pregiudizio anti-bolivariano, di arruolare i lobbisti di destra per demonizzare Nicolas Maduro.

Nel 2018, in The Real News, Max Blumenthal[3] ha dialogato con Ben Norton sulla questione, affermando che l’OSA è noto per il suo estremo pregiudizio nei confronti dei governi di sinistra in America Latina, in particolare Cuba e Venezuela. I media occidentali fanno spesso eco ai resoconti anti-Cuba e anti-Venezuela dell’OSA, senza fornire ulteriori informazioni su cosa sia esattamente l’OSA e su quali interessi serva[4]. Nel 1948, gli Stati Uniti convocarono la Conferenza Internazionale degli Stati Americani. In questo incontro in Colombia, guidato dal segretario di Stato americano e da George Marshall, i governi di destra dell’America Latina si unirono agli Stati Uniti firmando una carta che stabiliva l’Organizzazione degli Stati Americani con l’obiettivo di combattere la diffusione del socialismo e di difendere il capitalismo nel Nord e nel Sud America[5].

Il 29 maggio 2018, un gruppo di “esperti scientifici” dell’OSA ha pubblicato un rapporto in cui accusava il governo di sinistra venezuelano, guidato dal presidente eletto Nicolás Maduro, di aver commesso “crimini contro l’umanità”. Il panel prevedeva di presentare prove per questi presunti crimini al Tribunale penale internazionale. Blumenthal, in quanto giornalista, aveva partecipato alla conferenza stampa dell’OSA il 29 maggio 2018 a Washington DC. Tra i membri vi erano Luis Almagro, appunto, e Irwin Cotler[6] che, oltre ad aver difeso nello stesso anno i crimini israeliani, le sparatorie e l’uccisione di 62 manifestanti nella Striscia di Gaza, è stato avvocato del golpista venezuelano di destra Leopoldo Lopez.

Secondo Blumenthal, l’Organizzazione degli Stati Americani è un ente internazionale che afferma di essere indipendente e neutrale, ma, in realtà, spesso funge da procura per il governo degli Stati Uniti. Sebbene spesso, oggi, i media citino l’OSA come se si trattasse di una fonte indipendente e imparziale, gli organi del governo degli Stati Uniti hanno ammesso apertamente il contrario. L’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale, USAID, ha scritto molto chiaramente nella sua motivazione del Congresso del bilancio del 2018 che l’OSA, “promuove gli interessi politici ed economici degli Stati Uniti in Occidente Emisfero contrastando l’influenza di paesi anti-statunitensi come il Venezuela”.

Ci si domanda quindi, in seguito agli avvenimenti degli ultimi due anni tra tentato golpe in Venezuela, golpe in Bolivia e le testimonianze di Almagro, se l’OSS abbia assunto gli stessi obiettivi del vecchio Piano Condor.

 

[1] https://grupolibros.com.uy/catalogo/luis-almagro-no-pide-perdon_9789915654645_9789915654645

[2] https://jacobinitalia.it/perche-i-grandi-media-non-parlano-di-golpe-in-bolivia/

[3] Giornalista pluripremiato, autore di numerosi libri e direttore del sito web di giornalismo investigativo Grayzone Project

[4] https://www.youtube.com/watch?v=dNoahBcqSfk&feature=emb_title

[5] https://thegrayzone.com/2018/06/01/oas-anti-venezuela-pro-us-bias-right-wing-hypocrisy/

[6] politico di destra appartenente al Partito Liberale Canadese