La Festa della Repubblica, Dan Republike, è la festa nazionale della Jugoslavia Socialista, la celebrazione memoriale, pubblica, della Seconda Sessione dell’AVNOJ di Jajce (29 novembre 1943) e della proclamazione della nuova Repubblica Jugoslava (29 novembre 1945). Una festa che ha sfiorato la soglia dei sessant’anni, come vedremo tra poco, ma che non esiste più. La prima celebrazione del 29 novembre si tenne nel 1944; la celebrazione della giornata fu poi ufficializzata nel 1946; infine, con la fine della Jugoslavia Socialista, all’indomani della tragedia delle guerre balcaniche degli anni Novanta, non venne più celebrata negli Stati post-jugoslavi, con l’eccezione della “Terza Jugoslavia” (la Repubblica Federale di Jugoslavia, formatasi il 27 aprile 1992 dall’unione di Serbia, Vojvodina e Kosovo e Montenegro), dove fu celebrata fino al 2002.

La Seconda Sessione dell’AVNOJ è una delle pagine salienti dell’epopea resistenziale jugoslava: si svolse il 29 novembre 1943 a Jajce, in Bosnia e portò alla costituzione dell’AVNOJ come organo rappresentativo con funzioni legislative ed esecutive della nuova Jugoslavia. L’impatto politico e organizzativo dell’evento non può essere sottovalutato ed è stato evidenziato come il programma dell’AVNOJ (la completa liberazione del paese e la previsione del futuro assetto plurinazionale della Jugoslavia) non solo fu un fattore determinante nella Liberazione e per il futuro assetto istituzionale dello Stato, ma costituì anche un polo di attrazione della resistenza antifascista, consentendo al movimento socialista guidato da Tito di affermarsi come forza egemone.

Jajce, antica città medievale al centro di lunghi combattimenti nel corso della guerra, fu una sede di conferenza di grande impatto simbolico. La Casa della Cultura fu letteralmente ricostruita dai partigiani, che provvidero ad allestirla, in poche settimane, per i lavori dell’AVNOJ. Fu anche una celebrazione simbolica: il podio era decorato con le bandiere della Jugoslavia, per la prima volta con la stella rossa, oltre che dell’Inghilterra, degli USA e dell’URSS; veniva issato, per la prima volta, il nuovo stemma della Jugoslavia; i ritratti alle pareti (Roosevelt, Tito e Stalin) furono dipinti dal grande pittore Djordje Andrejević Kun (1904 – 1964). A lui si devono, peraltro, anche i disegni degli stemmi della Città di Belgrado e della stessa Jugoslavia Socialista.

In quella sessione l’AVNOJ, Consiglio Antifascista di Liberazione dei Popoli della Jugoslavia, venne costituito come organo legislativo ed esecutivo rappresentativo della Jugoslavia e come rappresentante dei popoli jugoslavi, insieme con i comitati nazionali, con tutte le caratteristiche di un governo popolare di liberazione. Si decise anche, insieme con il divieto del rientro in patria del re Pietro II Karadjordjević, di posporre la soluzione della “questione istituzionale” dopo la fine della guerra, quando una consultazione popolare avrebbe deciso se costituire una repubblica democratica o conservare la pre-esistente monarchia. In ogni caso, la futura Jugoslavia sarebbe stata costituita come unione statale di popoli liberi ed uguali.

La successiva, terza e ultima, sessione dell’AVNOJ si sarebbe tenuta nella Belgrado liberata nell’agosto 1945. Ancora il 29 novembre, a due anni esatti da quella leggendaria Seconda Sessione dell’AVNOJ, cioè nel 1945, l’Assemblea proclamò la costituzione della Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia (RFPJ), poi trasformata, dal 1963, in Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia (RFSJ). La Jugoslavia divenne così, per la prima volta nella sua storia, un’organizzazione socialista plurinazionale di sei repubbliche uguali e dei rispettivi popoli e nazionalità su base di parità. Istituita la nuova forma di Stato, fondata la Jugoslavia Federale e definita la nuova forma di governo, con un assetto plurinazionale e socialista, l’AVNOJ cessò di esistere e il 29 novembre passò a diventare festa nazionale e fu inciso  come – 29 · XI · 1943 – sul nuovo stemma della Jugoslavia.

In questo stesso giorno del 2020, una conferenza internazionale, online come sempre in questo periodo (Architecture. Sculpture. Memory. The art of Monuments of Yugoslavia 1945-1991), nell’ambito dell’omonima mostra itinerante, ha messo in luce l’oblio che grava sulla tutela di quel patrimonio storico-culturale, a partire dall’obiettivo dichiarato di «promuovere una ricognizione rispettosa del valore dei monumenti ex-jugoslavi e richiamare l’attenzione sul loro significato culturale, e quindi fornire supporto alla conservazione dei luoghi della memoria», nonché di «presentare il linguaggio creativo eccezionale, progressivo e tuttora contemporaneo degli artisti, che trascende la superficialità della ricerca del diverso o dell’esotico, del pittoresco e dell’ignoto.

«I monumenti sono infatti legami con il passato, ricordano la dignità della vita e della morte. E preservano il ricordo». Come ha ricordato il curatore, Boštjan Bugarič, «questi monumenti operano non solo come strutture astratte che ricordano un passato orribile e la vittoria contro il fascismo, ma anche come strumenti politici per articolare la visione del paese di un nuovo domani». A fronte di progetti tesi a valorizzare la presenza dei luoghi della memoria nel loro contesto paesaggistico, si moltiplicano i casi di abbandono, tra carenza di politiche pubbliche di conservazione e «risemantizzazioni» più o meno abusive. Una pagina ancora aperta.