A quasi due mesi dall’inizio del conflitto in Etiopia, la situazione umanitaria continua a peggiorare. Le organizzazioni umanitarie ancora non hanno accesso alle aree più colpite, nonostante l’accordo firmato a inizio dicembre tra le Nazione Unite e il Governo Federale per consentire l’accesso agli aiuti nel Tigrè. Si stima che l’intensificarsi del conflitto possa ripercuotersi su nove milioni di persone, mentre il numero degli sfollati ha superato il milione all’interno e fuori dai confini dell’Etiopia.

Medici Senza Frontiere (MSF) è preoccupata per l’impatto del conflitto sull’accesso della popolazione a cure mediche salvavita e all’assistenza umanitaria. Già prima dell’inizio dei combattimenti, 600.000 persone nel Tigrè dipendevano dagli aiuti. Le équipe di MSF hanno fornito supporto a più di 4.000 sfollati interni in alcune aree del Tigrè occidentale e di Abdurafi, offrendo cure mediche, acqua potabile, kit igienico-sanitari e costruendo latrine d’emergenza.

Nelle strutture sanitarie nella città di Alamata, nel Tigrè meridionale, MSF ha formato più di 70 unità, formate da personale medico e non, per la gestione di emergenze, come l’improvviso afflusso di un numero elevato di feriti, e donato medicinali e forniture mediche a ospedali e centri di salute per garantire la continuità dei servizi.

“Ai nostri team e ad altre organizzazioni umanitarie ancora non è consentito l’accesso in molte aree del Tigrè, dove vivono milioni di persone che non hanno ricevuto assistenza. Siamo particolarmente preoccupati per la situazione alimentare poiché molte persone, già prima dell’inizio del conflitto, dipendevano dagli aiuti” dichiara Karline Kleijer, responsabile delle emergenze per MSF. “Nelle cliniche di MSF in Sudan trattiamo rifugiati traumatizzati e sotto shock per quello che hanno vissuto o visto; hanno paura per i loro cari che sono rimasti nel Tigrè. È fondamentale che tutte le parti coinvolte nel conflitto rispettino le vite dei civili e permettano libero accesso a chi fornisce aiuto medico-umanitario”. 

“Hanno visto arrivare ondate di soldati e civili, feriti o morti” – Supporto psicologico al personale sanitario al confine con il Tigrè

Il 5 novembre, il nostro team ha iniziato a supportare il centro sanitario gestito dal Ministero della Salute a Midre Genet, una città remota che stava ricevendo un afflusso di feriti dalle zone di confine. In poche ore, il team è dovuto passare dalle attività quotidiane del progetto alle cure mediche in emergenza per feriti di guerra. In una sola settimana, MSF e il personale del Ministero della Salute hanno curato 265 vittime, molte con ferite gravi.

“Abbiamo sentito l’artiglieria pesante tutta la mattina” ricorda Sara (nome fittizio per preservare l’anonimato), ex tecnico di laboratorio di MSF a Midre Genet, nella regione dell’Amhara in Etiopia, vicino al Tigrè. “Lo stesso giorno sono arrivati i primi feriti. Arrivavano a ondate. Nei primi due giorni abbiamo assistito soldati, tutti molto giovani. Poi i primi civili a bordo di camion stracolmi di persone”.

I combattimenti si sono poi spostati in altre parti della regione del Tigrè e il nostro team si è concentrato sul supporto agli sfollati interni. Quello che è accaduto nei primi giorni di scontri ha avuto un enorme impatto sulla salute mentale, per questo, MSF fornisce supporto psicosociale a tutti gli operatori sanitari per aiutarli ad affrontare questa traumatica situazione.

“Hanno visto arrivare ondate di soldati e civili, feriti o morti” spiega Kaz de Jong, coordinatore sanitario dello staff di MSF. “Nel triage hanno dovuto prendere decisioni molto difficili. La stessa difficoltà è stata affrontata dal personale infermieristico, costretto a concentrarsi su chi aveva più possibilità di sopravvivenza. Azioni contrarie alla loro professione, destinata a salvare vite. Inoltre, la vista di tanto sangue, sofferenza e ferite spesso può lasciare immagini estenuanti”.

La situazione è particolarmente difficile per i nostri colleghi etiopi. “Alcuni di loro da un giorno all’altro sono scomparsi, sono fuggiti in altre città o paesi vicini senza alcun preavviso” continua de Jong di MSF. “E naturalmente, prima che iniziassero i combattimenti, il Covid-19 aveva già complicato le loro vite, impedendo alla maggior parte dei bambini di andare a scuola e aumentando il numero di disoccupati e le difficoltà di economiche”.

MSF in Etiopia 

MSF lavora in Etiopia dal 1984. Per oltre 30 anni le nostre équipe hanno risposto alle emergenze in tutto il paese, tra cui malnutrizione, malaria, diarrea, bisogni sanitari dei rifugiati e accesso alle cure mediche di base. A Addis Abeba, Amhara, Gambella e nella Regione dei Somali svolgiamo progetti in collaborazione con le istituzioni sanitarie del paese per fornire cure mediche generali e specialistiche. I nostri team hanno sviluppato dei piani di emergenza per garantire la continuità delle attività nel paese durante la pandemia di Covid-19.