Il nostro partito, attraverso una interrogazione depositata in Parlamento dalla senatrice Paola Nugnes che ci rappresenta, chiede chiarezza in merito alle ragioni per cui l’Italia non ha ancora aderito alla messa al bando delle armi nucleari e se non ritenga doveroso uscire dal programma “nuclear sharing” della Nato e interrompere l’acquisto degli F35.

Il trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari (TPAN), che considera tali ordigni illegali per il diritto internazionale al pari delle armi chimiche e batteriologiche, entrerà in vigore il 22 gennaio 2021, 90 giorni dopo la ratifica da parte di 50 Stati. L’Italia non lo ha firmato e l’impegno a sostenere la sua ratifica, ufficialmente sottoscritto da 260 parlamentari (compreso l’attuale Ministro degli Esteri) rimane lettera morta. L’uscita di scena di Trump e l’arrivo del neo presidente Biden non sembra voler promuovere un cambio di rotta in merito al potenziamento della Nato, con annessa richiesta a tutti gli Stati che ne fanno parte di un aumento delle spese militari fino al 2% del Pil e il rilancio della guerra fredda.

Il “nuclear sharing” in Italia si traduce nel dare ospitalità a decine di testate nucleare statunitensi (Ghedi, Aviano) addestramento di cacciabombardieri Tornado per il loro utilizzo, adeguamento delle basi in attesa dell’arrivo degli F35. Tale scelta trasforma il territorio nazionale in obiettivo strategico per nemici altrui. L’Italia non ha bisogno di nemici ma di pace, stabilità, cooperazione internazionale e risorse per affrontare la gravissima crisi socio-sanitaria in corso.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale

Gregorio Piccin, responsabile pace

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE

Al ministro della Difesa
Al ministro degli Esteri

Premesso che

• Lo scorso 24 ottobre, con la ratifica dell’Honduras, il trattato Onu di proibizione delle armi nucleari (TPAN) ha raggiunto le 50 adesioni indispensabili per l’entrata in vigore che vincolerà legalmente i Paesi firmatari e finalmente anche le armi nucleari potranno essere bandite al pari di quelle chimiche e batteriologiche;

• prima dell’entrata in vigore di questo trattato le armi nucleari erano di fatto escluse dalla lista delle armi di distruzione di massa proibite dal diritto internazionale;

• sono 50 i paesi che hanno sottoscritto il TPAN ma tra loro non c’è l’Italia nonostante l’articolo 11 della nostra Costituzione – “l’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” – e nonostante 246 deputati e senatori (tra cui il ministro degli esteri) abbiano firmato l’Ican Pledge impegnandosi così a sostenere il percorso di ratifica del trattato in questione da parte del nostro Paese;

• lo scorso 6 agosto, in occasione del 75mo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti, il presidente Mattarella ha dichiarato che: “L’Italia sostiene con forza l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, attraverso un approccio progressivo al disarmo che preveda il responsabile coinvolgimento di ogni Stato. L’agenda internazionale non può prescindere da questo traguardo”;

• purtroppo invece il nostro Paese partecipa al programma “nuclear sharing” della Nato ospitando decine di testate nucleari statunitensi a Ghedi ed Aviano ed addestrando i piloti dei cacciabombardieri Tornado al bombardamento nucleare e ha confermato recentemente l’acquisto degli F-35 che sostituiranno i Tornado in questa funzione ed ha avviato l’ammodernamento della base aerea di Ghedi a questo scopo;

• il nostro paese ospita testate nucleari e questo ne fa un bersaglio in caso di conflitto e quindi dopo l’entrata in vigore del trattato l’Italia diviene paese che ospita sul suo territorio armi di distruzione di massa proibite;

• non risultano iniziative ufficiali dell’Italia volte a sollecitare l’adesione al trattato da parte dei paesi aderenti alla Nato e delle altre nazioni dotate di arsenali atomici;

tutto ciò premesso

si chiede di sapere

– se i ministri interrogati ritengano che l’Italia debba aderire al trattato in questione e quali siano le ragioni per le quali il governo non ha proceduto in tal senso;

– se non ritengano doveroso uscire dal programma nuclear sharing della Nato e interrompere il programma F-35 (2247 milioni di euro previsti dal ministero della Difesa per il triennio 2020-2022);

– quali iniziative ha intrapreso l’Italia a livello internazionale nella direzione prospettata dal Presidente della Repubblica.