Il processo per i 10 lavoratori morti a causa dell’amianto alla Scala si avvia verso le battute finali. Gli imputati sono 4: 3 ex dirigenti della fondazione Teatro alla Scala (sovraintendente Fontana, Dott. Traina, dott.sa Samoggia) mentre il quarto, il geometra Filighera, è scomparso l’estate scorsa. Un dirigente tutt’ora al suo posto, cioè il direttore allestimenti scenici F. Malgrande, è anch’egli imputato, oltre ai responsabili civili cioè la Fondazione Teatro alla Scala ed il Centro Diagnostico Italiano.
Il 20 novembre 2020 sono stati sentiti gli ultimi due testimoni della difesa. In particolare per la difesa del dott. Traina, un ex dipendente del centro diagnostico e all’epoca consulente della Scala per la sicurezza. Ovvero due medici: un igienista, il prof. Cottica e un medico del lavoro, il dott. Liscalzi.Come nelle scorse udienze, nella suddetta i consulenti del centro diagnostico hanno sostenuto la tesi  che i lavoratori del Teatro non hanno respirato le fibre di amianto sul posto di lavoro (se non in piccolissime dosi), bensì quelle provenienti dall’ambiente della città di Milano. Secondo questi medici inoltre: “I lavoratori del Teatro alla Scala sono morti di mesotelioma, tumori polmonari o asbestosi, per l’amianto respirato prima di essere assunti dal Teatro alla Scala”.Esaminando ognuno dei lavoratori uccisi dall’asbesto, i due medici hanno sottolineato che questi avevano lavorato prima di essere assunti alla Scala come edili, falegnami, meccanici, coibentatori, secondo loro, tutte lavorazioni in cui poteva essere presente l’amianto.Non solo: secondo questi “luminari” (che come tutti gli altri della difesa incontrati nelle udienze precedenti li ritroviamo in tutti i processi per i morti d’amianto, come se facessero parte della stessa  compagnia di giro nel medesimo ruolo di consulenti delle imprese e mai delle vittime), i lavoratori morti potrebbero essersi ammalati per le fibre contenute negli attrezzi usati nella vita domestica: phon asciugacapelli, tostapane, oppure dall’uso di apparecchi radio o per essere stati esposti al crisolito durante il servizio militare.

In un caso hanno persino avuto l’ardire di affermare senza vergogna che uno dei lavoratori morto per mesotelioma, in servizio quasi 30 anni al teatro alla Scala, da bambino ha vissuto per circa dieci anni a Casale Monferrato e due a Porto Marghera.

La prossima udienza si terrà venerdì 27 novembre sempre al palazzo di Giustizia di  Milano, aula 9 (pianterreno), con l’arringa finale del Pubblico Ministero M. Ascione che formulerà la richiesta di condanna.

Ringraziamo fin d’ora il difficile lavoro del p.m, dei nostri legali e del nostro medico, che hanno combattuto ad armi impari contro un’armata di tecnici e legali ben addestrati, super pagati, per convincere giudici malleabili alle tesi che escludono il mettere in discussione lontanamente un sistema di produzione basato sul vivere in luoghi contaminati i cui effetti collaterali sono da far pagare ai lavoratori con la malattia e la morte. Tesi volte a legittimare una macabra galleria di orrori, da subire in questo caso, sulla pelle di ignare maestranze scaligere. Nonostante esistessero leggi che obbligavano a fare bonifiche, a informare e dotare di dispositivi di protezione individuali i lavoratori, queste sono state ignorate dalle dirigenze per superficialità o negligenza.

Ma uno stuolo di tecnici e giuslavoristi della difesa hanno dimostrato che il problema dell’amianto era dovuto alle frenate delle auto coi ferodi fatti di amianto. D’altronde, prendendo ispirazione da un film di Benigni, come tutti sanno, a Milano “il problema è… il traffico”.

I morti per amianto alla Scala sono morti sul lavoro. Noi vogliamo e pretendiamo giustizia.

IL 27 NOVEMBRE 2020 ore 9.30, aula 9

DOBBIAMO ESSERE IN TANTI (SEPPUR DISTANZIATI) ALL’ARRINGA DEL P.M. MAURIZIO ASCIONE

il comitato ambiente salute del teatro alla Scala e CUB info e spettacolo