Con l’ultimo Decreto si è proceduto alla chiusura di teatri, cinema, sale per spettacoli. Dati alla mano i luoghi al chiuso più sicuri dal punto di vista sanitario.

Luoghi di cultura e di convivialità che avevano avuto il maggior rispetto delle regole e messo in campo uno sforzo immane per attuare nel modo più rigoroso tutte le prescrizioni e i protocolli di sicurezza sanitaria. Distanziamento, igienizzazione, sanificazione, aerazione dei locali, rispetto scrupoloso all’uso della mascherina. Nonostante questo, senza una logica che lo motivasse si è proceduto comunque alla loro chiusura, d’altro canto invece ad esempio si continua a permettere la circolazione dei mezzi di trasporto strapieni nelle ore di punta e senza nessuna forma di controllo e di rispetto del distanziamento, in spazi chiusi e male aerati, scarsamente igienizzati, e dove le persone vengono continuamente in contatto fra loro, ciò in barba a tutti i Dpcm. Un settore fragile quello dei teatri, dei cinema, dello spettacolo e dei luoghi dove più in generale si fa cultura. Con l’attuazione dell’ultimo Dpcm, la disperazione mista a un forte senso di ingiustizia sono cresciute, in specie fra i gestori dei piccoli teatri, quelli che per ovvi motivi hanno pochi mezzi, e che ora si vedono costretti a chiudere i locali e gli spazi culturali.
Il tutto appare ancor più come una beffa, per via dei sacrifici, degli investimenti fatti, per tutta la fatica messa, per l’attenersi scrupoloso mostrato dai gestori  nell’attuare tutte le prescrizioni per mettere in sicurezza i locali destinati al pubblico.

E’ in questo contesto che è nata l’iniziativa di protesta e il video appello di denuncia realizzati dagli organizzatori dell’Altrove Teatro Studio.

Ottavia Bianchi e Giorgio Latini fondatori dell’Associazione di Promozione Sociale “I Pensieri dell’Altrove” quando dal nulla hanno creato l’Altrove Teatro Studio erano spinti da un obiettivo ambizioso ma concreto, riportare il pubblico a teatro, riavvicinare le persone, giovani compresi, a riappacificarsi con la tradizione, la letteratura e l’arte in genere. E che dire, nonostante nei tempi attuali spirasse un vento in direzione contraria, Ottavia e Giorgio insieme ad Adriano Sgobba, ufficio stampa e responsabile della comunicazione, con tutti i partecipanti dell’Altrove Teatro Studio, ci stavano riuscendo più che egregiamente a raggiungere il loro obbiettivo. Un risultato ottenuto con le sole loro forze, senza gravare di un euro sulla collettività. Nonostante i protocolli stringenti, almeno fino l’ultimo DPCM che ha imposto la chiusura dei teatri, l’Altrove Teatro Studio aveva raggiunto risultati sorprendenti mettendo in scena uno spettacolo teatrale davvero geniale, sia nell’organizzazione degli spazi e delle modalità con cui venivano rispettati tutti i protocolli sanitari che per i contenuti proposti. Una risposta coi fatti a tutti coloro che avevano ancora dubbi sulla gestione della sicurezza sanitaria all’interno degli spazi culturali e dei teatri. I direttori Ottavia Bianchi e Giorgio Latini, con lo spettacolo “Intercity” avevano messo in scena dieci attori, tre maschere, un ufficio stampa, 107 spettatori provenienti da nove ingressi separati, scaglionati di 15 persone ogni mezz’ora. Spettacolo itinerante che come un treno, muoveva le sue carrozze di stazione in stazione, il treno dell’Altrove un viaggio metaforico per i suoi spettatori/viaggiatori a bordo di un ideale Intercity. Il progetto aveva anche ottenuto il sostegno della Regione Lazio per il suo valore. La prima dello spettacolo “Intercity” è andata in scena il giorno prima del tanto contestato decreto, spettacolo unico purtroppo, sul quale poi è calato il sipario dopo l’approvazione del Dpcm. Da qui è nata la protesta un appello che appare anche un grido degli organizzatori dell’Altrove Teatro Studio, i quali con un video invitano il ministro Franceschini a compiere un breve viaggio all’interno degli spazi dove dovrebbe andare in scena lo spettacolo Intercity.

Il video sul web è diventato virale, Ottavia Bianchi mentre illustra lo spettacolo, mostra gli spazi dove era previsto andasse in scena “Intercity”, dimostra come le attività culturali grazie all’impegno unito alla fantasia possano essere tranquillamente svolte in assoluta sicurezza.

La voce di Ottavia nel video è carica dei mille sacrifici fatti, delle fatiche, dello sforzo che senza nessuno aiuto avevano messo in campo in questi mesi. Con “Intercity” gli ideatori avevano realizzato un piccolo miracolo, erano riusciti a creare una specie di rifugio metaforico da un mondo che pare perdere lucidità e il senso di proporzione delle cose, nel farlo avevano concretizzato anche le idee dei giovani attori e ad alimentare la voglia di nutrimento mentale e spirituale degli spettatori.

“Non abbiamo preso soldi e ci chiudi, perché ci odi così tanto? Vieni a vedere cosa facciamo”, questo in sintesi l’invito e l’appello di Ottavia Bianchi lanciato a Dario Franceschini.    Si spera che il ministro dei beni e delle attività culturali con tutto il governo, possano almeno guardarlo questo video, chissà magari che, possa essere fonte di qualche “illuminazione” o forse sarebbe meglio dire, di ragionato ravvedimento e uso di buon senso da parte  di chi, in questo momento, conduce il treno Italia, in direzione sconosciuta.