Abbiamo intervistato Alessandra Bonoli, docente di Ingegneria Ambientale all’Università di Bologna. Si occupa da più di 30 anni di sostenibilità, materie prime e riciclo dei rifiuti.

Questo periodo di Covid ha fatto esplodere alcune contraddizioni. Rischia di tornare tutto come prima, o è la volta buona per cambiare?

Nelle prime settimane tutti noi abbiamo percepito un cambiamento, che dal punto di vista della tutela ambientale sembrava orientarci proprio nella giusta direzione. Il mondo si è fermato, improvvisamente: annullati i trasporti aerei, chiusa la maggior parte delle industrie, spente le auto nelle città, sospesi i cantieri…. Non per scelta strategica, certo, ma per emergenza sanitaria. E la natura è sembrata risorgere.

In particolare la RIDUZIONE DRASTICA DI EMISSIONI INQUINANTI in atmosfera ha messo in evidenza come nelle nostre città si fosse verificata un’immediata ed evidente pulizia dell’aria e degli altri ecosistemi: la natura si stava riprendendo prepotentemente i suoi spazi. I dati dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) avevano registrato un quadro accurato del calo significativo dell’inquinamento atmosferico nelle città, soprattutto a causa della riduzione del traffico.

In questo periodo chi già aveva una sensibilità sui temi ambientali e in particolare sul cambiamento climatico ha rafforzato le sue convinzioni, ma finita l’emergenza, sembra che non vi sia stato un reale cambio di passo almeno da parte di chi è chiamato a fare scelte sicuramente impopolari e drastiche.

Proviamo a spiegarci: l’urgenza prioritaria a mio parere è la transizione energetica. Bisogna cessare di usare al più presto possibile i combustibili fossili e produrre energia solo da fonti pulite e rinnovabili. In Italia al momento il 40% circa dell’energia elettrica è prodotta da rinnovabili, ma rappresenta una quota molto ridotta: per molteplici impieghi (trasporti, usi domestici e industriali) l’uso dei combustibili fossili è ancora prevalente e superiore all’80 %.

La transizione energetica verso le rinnovabili è uno dei punti cardine del New Green Deal Europeo che ha come obiettivo per il 2050 il suo pieno compimento. L’obbiettivo è naturalmente ambizioso e necessario, ma esige da subito l’adozione di politiche adeguate. Come è noto infatti è dall’uso dei combustibili fossili che si generano le emissioni di gas climalteranti e di altri inquinanti atmosferici, come ad esempio il particolato solido che da alcuni studiosi di chiara fama è stato anche messo in relazione con la diffusione del virus. Questo collegamento sembra confermato anche dai ricercatori: le particelle solide fungono da vettori di trasporto e amplificazione del virus stesso.

L’emergenza Covid ha confermato alcune dolorose consapevolezze sulla condizione grave in cui si trova il nostro pianeta; mi piace pensare che la “lezione” sia stata appresa anche da chi è più scettico, per convinzione o per interessi.

Da più parti tuttavia si invoca la necessita di “ritornare” alla condizione precedente per motivazioni di tipo economico. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla scelta dolorosa che attraversa da sempre il nostro paese tra tutela ambientale e le esigenze del mercato, tra la tutela del lavoro e i profitti.

Questa emergenza Covid ci ha inoltre dimostrato come sia possibile prendere decisioni drastiche e radicali quando ritenute necessarie. Non tutti sanno che l’inquinamento atmosferico fa molte più vittime del Covid e che la pianura padana è una delle zone al mondo più inquinate, la più inquinata d’Europa, soprattutto proprio per le elevate concentrazioni di particolato solido in atmosfera, le cosiddette pm10, pm5, pm2,5. in Italia si stimano circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico.

E’ necessario quindi assumere un atteggiamento che tenga conto dell’emergenza climatica e dell’emergenza inquinamento. Ci vorranno presto soluzioni importanti: la transizione energetica, lo ripeto ancora, è di fondamentale importanza per la sopravvivenza della specie umana. Questo percorso sarà OBBLIGATORIO.

Come giudichi l’università? In passato è stata a lungo criticata come luogo di potere gestito da “vecchi baroni”. Come la vedi ora? Ti sembra che oggi possa avere almeno in parte una funzione diversa?”

L’università ha molte anime; forse quella vecchia conservatrice è andata scemando. Io percepisco sulle tematiche di cui stiamo parlando un buon fermento con l’impegno anche di docenti anziani nel diffondere l’urgenza e i modi di un cambiamento. Molti vanno in altri luoghi, al di fuori dalle aule canoniche, nelle scuole, nei centri sociali, nelle associazioni, nei centri anziani, nelle parrocchie a spiegare, a raccontare con la maggior correttezza possibile e con onestà intellettuale ciò che DEVE ESSERE CONOSCIUTO.

Due anni fa abbiamo creato un’associazione dal nome eloquente “ParliamoneOra” (http://www.parliamoneora.it/), che raggruppa più di 300 docenti  dell’Università di Bologna con l’obiettivo proprio di diffondere presso la società civile il proprio sapere e con l’intento di far chiarezza su tematiche che sono sempre più oggetto di misconoscenza o vera e propria falsità.

D’altra parte la connivenza col potere sulle tematiche ambientali ci può essere, eccome. Anche in questo post emergenza Covid sembra che si debba “far ripartire l’economia” in primis e a tutti i costi… E invece bisogna ridurre i consumi, l’uso del trasporto privato, degli aerei.

Se la prima urgenza è quella della transizione energetica, la seconda è quella che riguarda un cambiamento profondo delle nostre abitudini. Dobbiamo RIDURRE I NOSTRI CONSUMI. Questo nuovo approccio potrebbe avere ricadute etiche, sociali, di riscoperta solidarietà. Una maggiore sobrietà significherebbe una maggiore attenzione verso quello che mangiamo, il modo in cui ci vestiamo, i materiali che utilizziamo.

Consumiamo troppo e male. Ridurre i consumi significherebbe ridurre il consumo di materie prime e allo stesso tempo contenere la produzione di rifiuti, che rappresenta l’altra emergenza de nostro tempo. (E non solo la plastica: è noto ai più che i nostri mari contengono una quantità di plastica spaventosa, ma un’indagine che abbiamo fatto nell’Adriatico con pescatori nelle Marche ci dice che dalle reti esce metà pesce e metà rifiuti. La quantità e la tipologia dei rifiuti che si trovano in mare è davvero inquietante).

Infine, non dimentichiamo che molte delle materie prime essenziali per diverse attività produttive, alle quali appunto bisognerebbe cominciare ad attingere con maggiore oculatezza, come ad es. metalli preziosi e minerali rari, provengono da zone di conflitto, spesso generato proprio dalla “caccia” a questi materiali. Ma qui apriremmo tutto un altro capitolo, quello che inizia con i luoghi da dove provengono le materie prime, principalmente paesi in via di sviluppo, africani e non solo, e i luoghi dove finiscono, illegalmente, buona parte dei nostri rifiuti, per esempio tecnologici, che se volete affronteremo un’altra volta.

Chi abbiamo contro?

Abbiamo contro la nostra inerzia o l’inerzia del sistema dentro il quale ci troviamo e siamo cresciuti. I cambiamenti di abitudini sono difficili, ma il lockdown ci ha insegnato proprio questo: se c’è un’emergenza, il cambiamento è possibile.

Se ci spiegassero bene, e noi docenti e studiosi di questi temi stiamo cercando di farlo, se tutti conoscessero le reali condizioni in cui siamo e che ci aspettano, probabilmente saremmo indotti ad assumere un nuovo stile di vita. Chi abbiamo contro? Noi stessi, dicevamo, ma poi certo il sistema capitalistico che si basa su consumi e bisogni indotti. Sarebbe necessaria quindi una vera e propria rivoluzione.

Da sempre risultiamo come Cassandre o Don Chisciotte contro i mulini a vento; le grida di allarme si susseguono da decenni senza venire ascoltate. Un esempio? L’IPCC, l’International Panel on Climate Change, che dagli anni ’80 coinvolge centinaia di studiosi su questi temi, da decenni pubblica i report sullo stato di salute del pianeta, sulla base della più ampia e qualificata letteratura scientifica in materia. Inascoltati.

Per dire forse una banalità, viene da pensare che a livello politico non vengano adottate scelte drastiche e certamente impopolari, coraggiose nella giusta direzione perché “non portano voti” e vanno a minare interessi economici e di potere troppo consolidati.

Credo però che l’azione di ciascuno di noi sia comunque importantissima. Stanno crescendo, per numero e importanza, i gruppi attivi e impegnati in questa direzione. Ci vorrà anche un’accelerazione dovuta a scelte radicali, generali e collettive. I Fridays for Future sono stati davvero importanti e devono tornare ad essere attivi, presenti nelle nostre città, i giovani sono fondamentali. Noto tra i miei studenti una crescente consapevolezza e anche un’utile arrabbiatura in questa direzione. Occorre un sistema integrato con anche un impegno “illuminato” dall’alto. Questo sembra essere presente a livello europeo; deve compiersi integralmente e diffondersi in ogni singolo paese, ovviamente anche nel nostro.

Come mai abbiamo immagini e minacce molto forti sui pacchetti di sigarette e non sulle carrozzerie delle automobili?

Questa è una bellissima idea! In Italia le pubblicità di auto elettriche sono ridottissime, a differenza di altri Paesi, anche se la mobilità privata elettrica probabilmente non sarà la panacea. Come dicevo, occorre un cambiamento profondo nelle nostre abitudini.

Che cos’è l’ENI?

La compagnia energetica nazionale che purtroppo non è altrettanto impegnata come altre società, in altri paesi, sul tema dell’abbandono del combustibile fossile a favore delle altre fonti energetiche. Ci si trincera dietro alla falsa idea che una transizione energetica in tempi rapidi sia “impossibile” e che il gas sia la soluzione ambientalmente corretta per traghettarci verso il futuro. A mio parere COSì NON E’. Ci vorrebbe più coraggio. La dicotomia tra tutela ambientale e interesse economico va eliminata! Faccio solo un esempio: l’Olanda denota una notevole sensibilità sui temi della mobilità. Aveva previsto l’elettrificazione del paese da realizzare integralmente con energia eolica per il 2020 e invece l’ha realizzata già nel gennaio del 2017, con tre anni di anticipo. Questo significa anche un vantaggio economico, perché questa energia costa molto meno di quella da idrocarburi, da gas naturale.

Io continuo a non capire perché si fatichi così tanto a mettere in moto meccanismi che ben presto, è dimostrato, diventano virtuosi e si rivelano economicamente vantaggiosi.

Tuttavia, affrontare i problemi di qualità dell’aria, di inquinamento, di cambiamento radicale nell’uso dell’energia e dei nostri stili di vita a lungo termine richiede politiche ambiziose e investimenti lungimiranti. Volendo dare una chiave di lettura costruttiva, l’attuale crisi e i suoi molteplici impatti sulla nostra società forse possono almeno far intravvedere ciò che la maggior parte degli scienziati impegnati su questi temi sostengono da anni, ovvero che è ormai necessaria e urgente una transizione giusta e ben gestita verso una società resiliente e sostenibile.