In occasione dell’Enactus Italia 2020, la prof.ssa Lea Cassar, titolare della cattedra di Economia Empirica all’Università di Ratisbona, risponde ad alcune domande di Alessandro Garofalo.

Nell’intervista viene fatto un focus sul tema della responsabilità sociale d’impresa e quello delle interconnessioni tra il Covid-19 e il cambiamento climatico.

Lea Cassar che crede fortemente alla possibilità di un cambiamento socio-economico esorta a proseguire il cammino di trasformazione del mondo.

Nel video qui di seguito l’intervento della professoressa Lea Cassar

Trascrizione dell’intervista

 B corporation? responsabilità sociale d’impresa, quanto è moda, quanto è sostanza?

Direi che come per qualsiasi situazione, dipende dal soggetto in questione. C’è chi è vegano perché va di moda, e c’è chi è vegano perché’ crede veramente nella protezione degli animali. Allo stesso modo, ci sono aziende che investono nel sociale e nell’ambiente perché’ credono profondamente in questi valori, mentre per altre aziende questi investimenti sono solo una strategia di marketing per attrarre clienti e lavoratori soprattutto il top talent, e quindi aumentare il profitto. Il cosiddetto “greenwashing”. Come si distingue tra i due?  Un modo è quello di valutare le decisioni e le azioni dell’azienda nel suo complesso.  Ecco il ruolo dei certificati, come per esempio, “B corporation” sicuramente perfettibili ma comunque molto utili.  Per darvi un esempio estremo: è chiaro che aziende che sfruttano il lavoro minorile nei paesi in via di sviluppo e poi devolvono il 2% del proprio profitto in iniziative sociali ed ambientali, non sono molto credibili. Mentre è chiaro che imprese sociali come Ecosia, un motore di ricerca come gli altri ma che devolve l’80% del proprio profitto alla piantagione di alberi sono genuinamente interessate all’ambiente. Ora la maggior parte delle imprese risiede nel mezzo…le motivazioni non sono sempre o bianche o nere.

Pero diciamo che nell’insieme, io ritengo questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” un dato molto incoraggiante. Perché’ sebbene alcune di queste iniziative sociali ed ambientali rappresentino l’ennesima ipocrisia da parte di molte imprese, è anche vero che queste iniziative nascono in risposta ad un bisogno forte ed autentico dei consumatori e lavoratori, quindi nostro, della società civile, di creare un nuovo equilibrio economico-sociale e un nuovo modo di relazionarci con la natura. Io credo che questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” sia solo un primo passo verso una trasformazione molto più profonda e radicale, non solo della nostra economia, ma io direi, del nostro modo di essere umani su questo pianeta.

 Virus covid-19 e cambiamento climatico sono aspetti della stessa medaglia. Un suo parere di ciò che ci aspetta.

Si mi piace molto l’analogia tra virus covid-19 e cambiamento climatico. Quando è scoppiata la crisi, una delle prime cose che ho pensato è stata: ecco un assaggio di quello che ci aspetta. Covid-19 e cambiamento climatico hanno, a mio avviso almeno 3 fattori in comune:

1) entrambi sembrano nascere da un rapporto malato con la natura e l’ambiente

2) entrambi dimostrano quanto siamo tutti interconnessi ed interdipendenti. L’idea che una persona o un popolo possa sopravvivere o addirittura essere felice indipendentemente dagli altri e dall’ambiente che lo circonda, è una folle illusione.

3) entrambi richiedono uno stravolgimento della nostra vita. A mio avviso La crisi covid-19 rappresenta un evento storico unico, senza precedenti, perché’ per la prima volta il mondo si è fermato. Per un breve periodo, abbiamo perso abitudini e sicurezze fondamentali della nostra vita che tipicamente diamo per scontate, come appunto poter andare al lavoro, fare una passeggiata al parco o vedere i propri cari. Ecco, la crisi climatica che ci aspetta andrà a mio avviso ad impattare ancora più drasticamente le nostre vite e richiederà una trasformazione radicale del mondo come lo conosciamo oggi. Sarà un’esperienza dolorosa? Tutto dipende da come reagiremo, sia a livello personale che globale. Se assecondiamo e collaboriamo con questa spinta di cambiamento, io credo che questa potrà essere un’esperienza di gioia, di scoperta, di rinnovamento. E come direbbe Marco Guzzi: anche divertente! Senno sai che noia sempre la stessa vita. Se invece resistiamo o ancora peggio ci opponiamo a questa spinta, senza dubbio affronteremo un enorme sofferenza.

Io credo che questo periodo di trasformazione, che come dicevo prima, è già iniziato, richieda grandi visioni, molta onestà intellettuale, sincera introspezione personale, e molta immaginazione.  Credo che dobbiamo ripensare seriamente tutto il nostro mondo, sia a livello macro che a livello micro: dobbiamo ripensare il modo in cui facciamo business, e questo evento Enactus la sta dimostrando, quindi un business che non punta al profitto ma punta ad avere un impatto sociale positive, facendo un profitto, ma questo è uno strumento per la società a livello globale e non solo per gli shareholders. Dobbiamo cambiare il modo in cui lavoriamo, per esempio riconoscendo l’importanza dello smart working, del lasciare il controllo e di dare fiducia, il che è parte di una visione dell’essere umano diversa: non si tratta più della visione dell’Homo Eoconomicus, secondo la quale il lavoratore lavora solo per fare I soldi ma è una visione del lavoratore che cerca un significato nel proprio lavoro, una realizzazione personale, che quindi richiede fiducia. Dobbiamo cambiare anche il modo in cui comprendiamo, acquisiamo e trasmettiamo la conoscenza, il modo in cui organizziamo la società, il modo in cui ci relazioniamo con la natura, con noi stessi e con gli altri. Insomma c’è molto da fare! Ma come dimostra l’evento di oggi e in piu’ generale l’iniziativa di ENACTUS, non c’è a mio avviso niente di più stimolante e gratificante che partecipare attivamente alla creazione di questo nuovo mondo. Quindi buon lavoro e divertimento a tutti!