Monteviasco è un isolato paese della Val Veddasca, in provincia di Varese – le prime notizie scritte risalgono al 1200, ma la sua origine è ancora più antica. Dopo tanti secoli rischia di scomparire, ma c’è chi si sta impegnando per impedirlo. Ne parliamo con Giulio e Nicola Mantovani, protagonisti fin dall’inizio di questa avventura.

Come è cominciato e come si è sviluppato il vostro rapporto con Monteviasco?

Agli inizi degli anni Settanta il paese si stava spopolando: c’erano una quarantina di abitanti, contro i 400 degli anni Venti. Insieme ad altri abbiamo cominciato ad acquistare le case abbandonate salendo a piedi i 1.400 scalini che costituivano l’unica via d’accesso e usando la teleferica che portava i bagagli e la spesa. Monteviasco è infatti uno dei pochi paesi non raggiungibili in auto. Allora c’era una scuola elementare con una maestra residente, il prete saliva tutte le domeniche a dire messa e molti abitanti andavano a lavorare salendo e scendendo a piedi. Lo stesso facevano i ragazzi che frequentavano la scuola media di Curiglia, il paese di cui Monteviasco è una frazione.

All’inizio degli anni Ottanta abbiamo cominciato a pensare di fare qualcosa per impedire lo spopolamento del paese – la scuola era stata chiusa per mancanza di bambini, visto che le famiglie giovani non restavano. E’ sorta l’idea di partecipare alla trasmissione televisiva Portobello di Enzo Tortora. Abbiamo lanciato un appello per raccogliere contributi e fare un collegamento con la funivia perché il paese potesse sopravvivere, visto che era impossibile realizzare una strada.

Tra l’85 e l’89 si è progettata e avviata la funivia con il finanziamento della Regione Lombardia e l’impegno del Comune di Curiglia, degli abitanti fissi e da chi aveva una seconda casa. Una cinquantina di persone hanno anche lavorato per preparare l’area e hanno eseguito alcuni lavori per ridurre i costi.

La funivia è stata inaugurata nell’89 e consegnata al Comune, che però non aveva la possibilità di gestirla, non disponendo di personale. Insieme ad altri abbiamo così fondato la Cooperativa Montagna Domani, all’inizio con 206 soci che versavano una quota per pagare gli stipendi e farla funzionare. Il personale (5/6 persone) era costituito da gente del posto assunta dopo un’adeguata formazione part-time, per permettergli di mantenere le piccole attività connesse alla montagna. Negli ultimi dieci anni altri soggetti si sono succeduti nella gestione dell’impianto.

A quel punto le cose sono cambiate?

Sì. Il paese si è rivitalizzato, sono aumentate le seconde case e i lavori di ristrutturazione, si è arrivati ad avere tre ristoranti molto frequentati da Pasqua ad ottobre e nei fine settimana. E poi allevamento, produzione di formaggi, taglio dei pascoli, cura del territorio. Altri investimenti della Regione Lombardia attraverso la Comunità Montana hanno consentito di costruire un ostello, di realizzare opere di completamento e ampliamento della stazione della funivia, dell’acquedotto e delle fogne. Nei primi anni Duemila è stato costruito anche un osservatorio astronomico.

Monteviasco è un paese completamente in sasso e uno dei pochi non raggiungibili in auto; chi lo frequenta ha una grande passione per la montagna, per la natura e per la cura del suo ambiente e apprezza un’alternativa alla vita frenetica e consumistica a cui siamo abituati. Il telefono prende male e i ritmi sono diversi, molto più lenti.

Poi c’è stato un incidente…

Sì, purtroppo nel novembre 2018, durante un’operazione di controllo della funivia, è morto il capo-servizio. L’impianto è stato sequestrato per le indagini e poi dissequestrato, ma nel frattempo l’Ufficio del Ministero dei Trasporti che autorizza il funzionamento degli impianti a fune (USTIF) ha ritirato l’autorizzazione al funzionamento, dopo alcuni sopralluoghi e verifiche tecniche. E’ importante ribadire che si tratta di una funivia ad uso di trasporto pubblico, non turistica. Un anno dopo un altro ente del Ministero dei Trasporti,  dopo accurate indagini ufficiali ha steso una relazione dichiarando che l’impianto era a norma e stabilendo dinamica e cause dell’incidente. Ciononostante l’impianto resta chiuso. Le indagini giudiziarie non sono ancora state completate.

Che cosa ha comportato la chiusura della funivia?

Le persone che hanno salvato il paese ristrutturando le case abbandonate sono invecchiate e senza la funivia non possono raggiungerlo. Il rischio dello spopolamento già avvertito negli anni Settanta ora è più reale che mai.  Dei tre ristoranti uno è rimasto aperto, ma è frequentato solo da quelli che riescono ad arrivare a piedi e da camminatori che vanno oltre il paese. Tutto è bloccato, l’allevamento non c’è più. Resta una teleferica che porta su le provviste e i materiali da costruzione per eventuali lavori. La raccolta dei rifiuti è a carico della gente.

Cosa servirebbe per far ripartire la funivia?

L’USTIF dovrebbe cambiare la sua decisione in base a quanto stabilito dallo stesso Ministero, ridando l’autorizzazione. Poi servirebbero un gestore che assuma e prepari il personale e la realizzazione dei lavori di manutenzioni ordinarie non eseguiti. Altre opere si possono realizzare una volta riaperto il pubblico servizio. Purtroppo il Comune di Curiglia è vago e non dà assicurazioni sui tempi.

E così avete deciso di muovervi autonomamente…

Sì. Tra tanti proprietari di seconde case abbiamo deciso di fare qualcosa. Uno ha lanciato una raccolta di firme (più di 220 in 15 giorni) per chiedere la riattivazione della funivia in quanto servizio di trasporto pubblico. Le firme sono state consegnate pochi giorni fa al sindaco di Curiglia, in occasione di un incontro tra una delegazione composta dai rappresentanti della Cooperativa Montagna Domani e dei proprietari di seconde case. Un altro sta raccogliendo adesioni per una denuncia per interruzione di pubblico servizio.

L’incontro non ha portato a grandi risultati. Abbiamo chiesto di aprire un canale di comunicazione diretta che non sia ogni tanto un articolo sui giornali locali, ma per ora non vediamo impegni veri e propri.  Vorremmo tornare alla collaborazione di tutti che ha portato alla realizzazione della funivia, in cui ognuno possa dare il suo contributo.

Non siamo motivati da un bisogno egoistico di recuperare le nostre case; spingiamo per la riattivazione della funivia anche per scongiurare una colata di cemento per costruire una strada che sarebbe devastante per la valle e l’habitat naturale.

Se non arriveranno novità positive, stiamo pensando a una manifestazione