Si riparte, quindi: sembra che la emergenza stia rientrando e sembra che ciascuno di noi sia pronto per ricominciare. I più semplici non vedono l’ora di tornare alla vita normale. Ciascuno di noi, ragionando in modo semplice, non vede l’ora di tornare come prima, di poter apprezzare quello che ci è mancato di questi tempi, cioè i contatti umani, incontrarsi, correre nei parchi, andare a passeggiare per le nostre città, andare al cinema, a teatro, nei bar. Magari i più accorti, i più profondi, i più impegnati sottolineano il fatto che forse bisognerebbe riflettere un po’ e allora pensiamo all’ecosistema, pensiamo all’inquinamento, al riscaldamento globale, pensiamo a tutti i temi dell’ipercomplessità. Pensiamo alla povertà, alle guerre, pensiamo ai migranti, i quali torneranno in primo piano, pensiamo alla fame, alla carenza d’acqua, allo scioglimento dei ghiacci e via di seguito.

Oppure, come ci direbbe invece un pensiero più religioso, pensiamo ad essere più solidali, pensiamo a sentirci maggiormente fratelli, ad imparare qualche cosa per migliorare la nostra qualità umana, per dare più valore a qualità come servizio, solidarietà, compassione, comprensione, carità, fratellanza. Ok, ma questo è qualche cosa che la chiesa e le grandi religioni ripetono da sempre, così come la scienza e i politici da sempre tendono a combattere contro i problemi del proprio tempo, e allora qual è l’insegnamento? Di solito si impara quando si scopre qualche cosa di nuovo, quando si vede qualcosa che non si vedeva.

Riflettendo su cosa non si vede voglio suggerire due aspetti. Il primo è quello che si chiama disidentificazione o consapevolezza, due parole di cui una – disidentificazione – forse più complessa dell’altra. Cosa significa disidentificazione o consapevolezza? Parto da un punto molto semplice: noi, oltre che pensare, oltre che agire e a sentire emozioni, possiamo anche osservare il nostro pensiero, possiamo anche osservare quello che stiamo facendo e quello che stiamo sentendo, cogliendone così la vera natura. Ne consegue la disidentificazione, ne consegue che imparo a non farmi guidare dalle mie emozioni, a dare importanza ai miei desideri e alle mie passioni, cioè non mi faccio guidare dalla carenza: mi manca l’amore, mi mancano i soldi, mi manca l’affetto, mi manca la stima, il riconoscimento e allora mi faccio guidare da questo per ottenerlo, corro, vado di fretta, cerco di guadagnare tanti soldi e così via. E cosa succede? Se non mi faccio guidare da quello, da cosa mi faccio guidare? Se non mi faccio guidare dagli obiettivi, dalla volontà di successo, per esempio, da cosa mi faccio guidare? Questo potremmo imparare, se noi impariamo ad osservarci osservare.

Mi faccio guidare da quello che si chiama Sé, la nostra vera natura, il maestro interiore. Da cosa si fa guidare una quercia nel crescere? Guarda per caso intorno il pino, la betulla, il faggio e dice: vorrei fare così, vorrei diventare quello, mi manca quello, quest’altro ha la chioma più grande? È in contatto con la sua vera natura, con la forza della sua ghianda, con la terra, con l’acqua, con l’aria, con il sole, con la luce. Cresce secondo una linea che è una linea essenziale, guidata dalla propria natura interiore. Ora la nostra società non è strutturata per insegnarci la consapevolezza, la disidentificazione, lasciare andare l’importanza personale e la capacità di osservarci osservare.

Tutti noi guardiamo il telegiornale, la televisione, leggiamo i giornali, andiamo sui social, quando avete sentito parlare dal mainstream, dai politici, anche dai personaggi intervistati, virologi, religiosi o dai vari scienziati, di consapevolezza e disidentificazione? Sembra che il problema sia così grande che nessuno lo vede: il problema della nostra società, l’ego, l’attaccamento all’ego, all’importanza personale è la vera malattia nella nostra società, ma nessuno la vede, preferisce combattere il virus.

Il virus è arrivato per insegnarci, come tutte le cose ci succedono, soprattutto quando parlano forte: quanto più l’emergenza è forte tanto più ci vuole insegnare. Quindi il mio invito è, forse, guardare a ciò che ci suggerisce quello che è successo: stai a casa, fermati, non correre, guarda, accorgiti che c’è una porta che puoi aprire, osserva, fermati, non correre, guarda c’è qualche cosa che non riesci a vedere, non visto, l’essenziale che è invisibile agli occhi, accorgiti, guarda, osserva meglio, osserva e poi accorgiti, posso osservarmi osservare, posso accorgermi della vera natura di quello che succede, lascio andare, posso riconoscere la mia vera natura, seguirla e lasciare andare. Lasciare andare i bisogni dell’io e non per questo non realizzarli, al contrario, ci si realizza seguendo il Sé, anziché i falsi bisogni dell’io.

E come mai questo succede, come mai nessuno ce lo dice? Avete mai pensato ai verbi, ire are ere, i paradigmi, le declinazioni dei verbi? Se uno dicesse parlore o sentare, invece di parlare e sentire, non lo capiremmo, quindi noi parliamo e senza accorgercene usiamo paradigmi, decliniamo i verbi per comprenderci. Ne consegue che comprendere qual è il paradigma che stiamo usando per leggere la realtà è fondamentale: il paradigma che stiamo usando per leggere la realtà è il paradigma cosiddetto positivista, fondato sulla ragione. Da una parte c’è il pensiero critico accademico della ragione, con tutto il suo armamentario di scientificità, gli strumenti per la conoscenza; dall’altro ci sono le grandi religioni, nel nostro caso la religione giudaico- cristiana. Senza nulla togliere né all’una né all’altra, l’altro fatto di cui dovremmo accorgerci è che ormai da quasi un secolo, e quantomeno dei tempi di Einstein in poi, con Heisenberg, Bohr, David Bohm, grazie a tutti i progressi del pensiero scientifico è in corso la nascita e l’affermazione di un nuovo paradigma. Stiamo vivendo una fase di cambio di paradigma, solo che ancora pochissimi se ne stanno accorgendo, forse il messaggio è: guarda che sta cambiando qualche cosa proprio nel modo di pensare e di organizzare il tuo pensiero.

Stiamo passando da un mondo fondato sulla ragione e quindi sulla retorica del controllo, della competizione, della misurazione, della materia oppure della credenza, della credenza religiosa, a un paradigma cosiddetto olistico-sistemico, integrale. Si tratta di un paradigma connesso alla nuova scienza della complessità, che ti dice: guarda che tutto è interconnesso, ogni cosa che succede, succede a te come all’ambiente, succede dentro come fuori. Non c’è una separazione, c’è una continuità, c’è un’analogia tra il grande e il piccolo, tra l’alto e il basso, tra il dentro il fuori, sono le due complementarietà che vedi e che la ragione separa e differenzia: materia e spirito, dentro e fuori, io e ambiente, corpo e mente. La visione olistico-sistemica nasce da quell’atteggiamento di consapevolezza e disidentificazione, che dice: guarda che dentro e fuori sono le polarità di un unico processo, materia e coscienza sono due aspetti di un unico processo, ragione e intuizione sono due aspetti di un unico processo. Ciò che è misurabile e ciò che non è misurabile sono gli aspetti di un unico processo, emozione e azione sono uno unico processo, non è possibile, non puoi separare la coscienza dalla materia.

Non puoi comprendere qualcuno guardandogli solo nel cervello, o vincere un virus guardando solo nelle cellule, perché ciò che è in piccolo dentro è in grande fuori, nell’ambiente. Non stiamo facendo un ragionamento magico e superstizioso, stiamo dicendo espandi la tua coscienza, allarga la tua visione, guarda e accorgiti dell’interazione, dell’iper complessità tra l’ambiente e gli eventi che avvengono nel piccolo, guarda l’interconnessione, accorgiti che tutto è interconnesso. Guarda con un altro sguardo, con osservazione consapevole, secondo il codice della fiducia, della partnership e della condivisione e non più del controllo, della paura, della separazione, e allora il mondo diventa uno. Ma come fa il mondo a diventare uno se io sono convinto che il mio Dio sia migliore del tuo, il mio metodo sia migliore del tuo, o che se non credi in questo non andrai in paradiso o che se non usi questo metodo scientifico non potrai raggiungere la conoscenza? C’è una molteplicità attraverso quest’osservazione, se tu ti giri e guardi un po’ più alle connessioni ti accorgi che ci sono tanti modi, che c’è una spiritualità che va oltre le religioni, oltre la credenza, una scienza che va oltre la misurazione o la falsificazione, dove oltre non vuol dire negare ciò che viene superato.

Il processo evolutivo è sempre caratterizzato da un processo di differenziazione, trascendimento e inclusione. Cogliere la differenza e includere in un livello più alto è sempre un processo di individuazione, cioè differenziazione, riconoscimento della differenza e inclusione in un livello più alto, in un sistema più complesso. Questa è l’evoluzione, questo sta avvenendo, stiamo passando a un sistema, a un paradigma più complesso, maggiormente in grado di gestire l’iper complessità, dove ciò che prima era buono – non solo il tuo metodo di ricerca, la tua ragione e la tua credenza – ora dovrebbe essere trasceso e incluso nella consapevolezza e in una spiritualità laica, archetipica, che coglie la coincidenza tra il Cristo, il Buddha e tutte le altre figure (Rama, Osiride, Viracocha, Quetzalcoatl) che hanno portato luce all’umanità. E questo senza nulla togliere all’infinito spessore di Cristo, esempio dell’essere divino, di salvazione e guida, ma accettando che ci possano essere altri modelli: ognuno prenda il suo, ma con sguardo transpersonale integrale, che coglie l’archetipo, l’integrazione. Uno sguardo multiculturale, transpersonale, integrale, mondo-centrico che coglie l’universalità nella specificità, nella particolarità.

Quindi osservazione consapevole, paradigma olistico-sistemico che organizza la complessità, così dentro come fuori, il piccolo come il grande. Se noi guardiamo con questo sguardo forse stiamo imparando qualcosa di nuovo, forse ci stiamo adeguando ai tempi e al cambiamento, forse acquisiamo strumenti più efficaci per comprendere qual sarà il prossimo passo da compiere.