In occasione della Conferenza Generale di Parigi, che si svolse tra il 25 Ottobre e il 16 Novembre del 1995, l’UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per la Scienza, l’Istruzione e la Cultura, decise di approvare la Risoluzione (punto 3.18) con la quale istituiva la «Proclamazione del 23 Aprile come Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore», nota e celebrata, ormai, a livello mondiale, come la Giornata Mondiale del Libro. Una risoluzione, quella dell’UNESCO, della quale ricorre quest’anno il 25° anniversario, tanto breve quanto significativa. Riconosce, in primo luogo, il valore del libro come fattore saliente nella diffusione della conoscenza e, al tempo stesso, come lo strumento più efficace per preservare la cultura e consentire la protezione della memoria culturale. Ricorda l’intrinseco carattere sociale, pubblico, collettivo, del “lavoro culturale” a partire dalla concretizzazione e dalla diffusione del messaggio culturale attraverso il libro, in quanto non semplicemente concorre alla crescita culturale delle persone che vi hanno accesso, ma, più significativamente, consente un più ampio sviluppo della coscienza critica e della consapevolezza collettiva, in particolare dei contenuti culturali e delle tradizioni culturali, e, per questa via, acquisisce anche un profondo significato politico, non solo ricordando l’intrinseca valenza pubblica e collettiva della diffusione e della promozione culturale, ma anche richiamando i valori che essa concorre a veicolare ed alimentare, quali, come ricorda la Risoluzione, la reciproca comprensione, la tolleranza e il dialogo. E decide al tempo stesso di associare un intrinseco contenuto memoriale alla stessa data scelta, simbolica non solo per i tanti richiami che il mese di aprile porta con sé, come mese del risveglio, della rinascita e della primavera, ma anche perché fu proprio il 23 aprile, nell’anno 1616, la data in cui tre grandi campioni della letteratura internazionale morirono, cioè a dire Miguel de Cervantes, William Shakespeare ed Inca Garcilaso de la Vega.

Tre campioni della letteratura mondiale, dunque: Miguel de Cervantes (Alcalá de Henares, 1547 – Madrid, 1616), ritenuto il più grande scrittore in lingua spagnola, autore del Don Chisciotte, spesso considerato addirittura come il primo esempio di romanzo moderno e l’opera narrativa più influente che sia mai stata scritta. William Shakespeare (Stratford upon Avon, 1564 – 1616), il “Bardo” per eccellenza, considerato da più parti come il più grande scrittore in lingua inglese, il più grande autore di teatro della letteratura occidentale e senza dubbio l’autore teatrale più rappresentato sui palcoscenici di tutto il mondo. Inca Garcilaso de la Vega (Cusco, 1539 – Cordoba, 1616), nato in Perù, morto in Spagna, il primo ad avere fatto conoscere al pubblico europeo storie e culture dei popoli Inca sud-americani, e, soprattutto, il primo autore di opera letteraria (i Comentarios Reales de los Incas, editi a Lisbona nel 1609) non europea a entrare nel cosiddetto “Canone Occidentale”.

Tutto questo, in effetti, ha molto a che vedere con la Giornata Mondiale del Libro e, oltretutto, per distanti che tali storie possano sembrare, parla profondamente alla nostra attualità. Oggi più che mai la Giornata Mondiale del Libro ci indica, con la sua bussola, una rotta da seguire. Essa è, anzitutto, l’occasione per richiamare l’importanza che il libro, come oggetto di cultura, continua ad avere, nella costruzione e nella diffusione della cultura, ed è, al tempo stesso, una vera e propria celebrazione del piacere dei libri e della gioia della lettura, un binomio che assai difficilmente la informatizzazione e, peggio ancora, la virtualizzazione, potrebbero soppiantare. Inoltre, offre l’opportunità per riflettere, come ricorda ancora l’UNESCO, sul senso e sullo scopo del libro, come legame che unisce il passato e il futuro e come ponte che connette popoli e generazioni e che consente di attraversare confini e barriere. Uno strumento potente, quindi, per preservare e tramandare la memoria culturale e per contrastare barriere e discriminazioni. E, infine, una celebrazione della diversità e della creatività, e, insieme con queste, la capacità di immaginare mondi altri e possibili. Sembra di intravedere, grattando la superficie, il più profondo messaggio che la cultura ci consegna. Parafrasando il Marx della XI Tesi su Feuerbach: se gli uomini di cultura «hanno finora solo variamente interpretato il mondo, si tratta adesso di trasformarlo».