Giornalismo e informazione, secondo Massimo Mazzucco, stanno per essere assoggettati alla tenaglia della censura.

In un video, a difesa dell’Art. 21 della Costituzione*, Mazzucco solleva con argomentazioni, a tratti convincenti, un’aspra critica all’informazione mainstream**, ipotizzando una manovra per “imbavagliare” l’informazione libera.

Riporto alcuni brani che ritengo significativi:

La tenaglia della censura sta per stringersi sulla rete e sulle voci della libera informazione: ancora non si sono palesati in tutta la virulenza, ma i segnali ci sono già tutti”

la legittimazione del cosiddetto giornalismo dei professionisti, ovvero l’informazione mainstream, come unica fonte valida per ricevere informazioni affidabili”

le televisioni non sono libere, sono controllate dagli sponsor che pagano dagli stipendi ai costi di produzione”

Noi (l’informazione libera, n.d.r.)  invece siamo liberi possiamo fare tutte le interviste che vogliamo, possiamo fare tutti dibattiti che vogliamo e questo naturalmente da molto fastidio a quelli che vorrebbero il controllo totale dell’informazione. E adesso che i nostri numeri stanno aumentando di parecchio, visto che ormai tutti insieme facciamo svariati milioni di visualizzazioni ogni mese, hanno deciso di partire contrattacco”

Quali sono le critiche che muovo al video?

Un linguaggio poco giornalistico e un atteggiamento un po’ troppo ammiccante ad una diffusione di contenuti poco attendibili.

Nel video Mazzucco cita alcuni personaggi, che a mio parere hanno opinioni non attendibili, ma che vengono interpellati da certa informazione: li difende sostenendo che ognuno può avere la propria opinione e che hanno diritto di esprimerla, sbaglia? In parte sì.

La scienza non è democratica, si basa sull’osservazione e riproducibilità dei fenomeni, la scienza non si basa su opinioni, ma su risultati.

Dov’è il nocciolo del problema? Proprio in ciò che Mazzucco afferma, e cioè che le informazioni vanno verificate, e corrette laddove errate.

Quindi mi chiedo: perché una trasmissione dovrebbe invitare chi non ha trial clinici, lavori scientifici, a dimostrazione di ciò che afferma?

Non sarà che certi personaggi vengano invitati e intervistati proprio grazie al fatto che fanno ascolto, e che quindi l’attendibilità passi in secondo piano?

Il ruolo del giornalismo è un ruolo di controllo, quindi di tutela della collettività, deve basarsi sull’osservazione, l’indagine, la verifica, e la doverosa diffusione delle notizie, quindi della diffusione di informazioni corrette.

Un tema affrontato nel video, che credo importante, è quello del controllo delle fake news (di cui abbiamo parlato in questo articolo), ovvero il debunking.

Il primo debunker italiano che ho cominciato a seguire è Paolo Attivissimo, ora è molto in auge David Puente: sul suo blog l’ultimo articolo risale a settembre 2019, ora collabora con Open, la testata on-line di Enrico Mentana.

Sorge spontanea la domanda: Puente fa debunking (pubblicando i risultati) sulle notizie diffuse da La 7?

Nella task force contro la disinformazione sul Coronavirus, istituita dal Governo, tra i consulenti ci sono:

  • Riccardo Luna (Editorialista di Repubblica)
  • Francesco Piccinini (direttore di Fanpage),
  • David Puente (responsabile fact-checking per il giornale online Open)

Mi chiedo: cosa succederebbe all’interno della task force qualora Repubblica, Open, o Fanpage, pubblicassero una notizia non correttamente verificata?

Non sarebbe meglio che i debunkers fossero assolutamente indipendenti?

Un altro tema che Mazzucco denuncia è quello delle smentite, in effetti sorge il lecito sospetto che spesso avvengano perché sotto minaccia di querela, e dove questo non succeda, l’atteggiamento sia molto meno rigoroso.

Personalmente non amo il complottismo, mi annoia, tuttavia Mazzucco affronta il tema del tracciamento con le App, di cui tanto si sta parlando, e di cui anche noi abbiamo scritto, prospettando scenari a mio parere possibili.

Fermo restando che personaggi non credibili e notizie non attendibili non andrebbero propinati al pubblico, la difesa dell’Art. 21, della libertà del giornalismo e dell’informazione, è sacrosanta, e va difesa senza alcun tentennamento.

Pubblichiamo qui il video di Mazzucco.

*Art. 21 della Costituzione Italiana:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.”

** Informazione mainstream: riportiamo la definizione di Wikipedia, che ci sembra esauriente:

“Nell’ambito delle comunicazioni, il termine mainstream identifica canali, mezzi e prodotti comunicativi più radicati e con un più ampio spettro di diffusione, che godono di un maggior grado di penetrazione nel tessuto sociale[3]. Dal punto di vista dei contenuti e dei valori veicolati, tali mezzi di comunicazione si muovono all’interno di orizzonti di interpretazione e rappresentazione che riflettono sintonia ideologica con orientamenti ideologici definibili di “senso comune“.[3]

Sono esempi di mezzi di comunicazione mainstream le televisioni generaliste, le grandi emittenti satellitari, i network radiofonici.[4] A questi esempi possono aggiungersi, a volte, anche alcune principali testate giornalistiche cartacee.[4]

Rispetto all’informazione mainstream, i mezzi di comunicazione non-mainstream si configurano come “alternativi“, adempiendo spesso a una funzione almeno duplice: da un lato, vi è la definizione, costruzione, rafforzamento di una dimensione sociale identitaria nella quale si riconoscono i soggetti appartenenti; dall’altro, invece, vi è l’aspirazione ad andare oltre le strategie rappresentative dei mass media “ufficiali” e a “forzare” il rapporto produttori/fruitori dell’informazione “tradizionale”.[5] L’azionamento di questa leva informativa non-mainstream non si esaurisce nella raccolta e diffusione (per gli autori) di contenuti informativi alternativi, negletti o messi a margini dall’informazione mainstream, o nella loro conoscenza (attinta dai semplici fruitori): questa sfera informativa, definibile come “cognitiva”, è solo il presupposto culturale per un impegno più profondo nel tessuto sociale[5] (mediattivismo). Da questo punto di vista, anche Internet, in determinate circostanze, nonostante la sua diffusione, può essere annoverata tra i mezzi di comunicazione alternativi, nella misura in cui riesce a dare spazio a un’informazione non ufficiale.”