Il minimo comune denominatore è uno: la solidarietàAncora più preziosa se si pensa che arriva da stranieri e italiani che, nell’emergenza, si aiutano gli uni con gli altri. Piccoli gesti ma che sono come non mai importanti, se si pensa che arrivano da contesti particolarmente vulnerabili. Si porta cibo, medicine e beni di prima necessità ad anziani e immunodepressi che proprio non possono uscire. E si aiutano i senzatetto, di qualunque nazionalità siano. Ma anche si condividono le informazioni con chi non capisce la lingua e ha meno accesso a cure e servizi. 

 

Da nord a sud sono tante le realtà che in questi anni hanno lanciato le loro attività grazie al progetto PartecipAzione di Intersos e Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. A Torino l’associazione di rifugiati Mosaico, fondata nel 2006, consegna cibo, pannolini, detergenti e beni di prima necessità alle persone che vivono negli edifici occupati. Nel mentre i volontari stanno collaborando con il Comune per trovare soluzioni per coloro che passano la notte nei dormitori ma poi la mattina non sanno dove andare visto che tutte le strutture sono chiuse per l’emergenza. In questi giorni – racconta il presidente Berthin Nzonza – gli operatori dell’associazione, nell’ambito del progetto Oasi on the street, stanno monitorando le strade della città e le stazioni, stanno cercando di capire cosa succede negli edifici occupati, quali sono i bisogni di chi vive lì e anche di chi passa la notte nei dormitori ma al mattino si ritrova in strada. Con le restrizioni previste dai decreti -spiega Nzonza – le mense, le case di quartiere, le biblioteche e tutti gli spazi diurni di aggregazione sono chiusi. E in tanti restano per strada tutto il giorno senza la possibilità di proteggersi da un eventuale contagio. 

 

Ma qualcosa si sta muovendo nel verso giusto: l’associazione Mosaico è stata invitata al tavolo convocato dall’assessorato dei Diritti e delle Pari Opportunità del Comune di Torino, insieme ai responsabili dell’ufficio stranieri e dei servizi sociali, e qui ha presentato le sue proposte: portare cibo e kit igienici negli insediamenti informali della città e intervenire, dove necessario, con assistenza sanitaria attraverso i medici della rete GrIs (Gruppi Immigrazione e Salute). 

 

L’associazione Irpinia Altruista, composta anche da ragazzi rifugiati, consegna spesa e medicinali alle persone in difficoltà: anziani, immunodepressi, gente che non ha i mezzi per raggiungere gli unici negozi aperti. E serve i pasti della mensa ai senzatetto. I volontari collaborano con il Comune di Avellino e hanno attivato un centralino. I viveri in alcuni casi vengono acquistati dalle persone che richiedono il servizio in quanto sono soggetti a rischio o senza mezzi di trasporto per raggiungere i pochi negozi aperti, oppure sono pasti e beni di prima necessità destinati dal Comune a chi ha bisogno e non può usufruire della mensa dei poveri chiusa in questo periodo. A gestire il centralino (numero: 0825 78 46 31) che raccoglie le richieste dei cittadini è sempre l’amministrazione comunale, attraverso Misericordia, un servizio del 118. 

 

E se importante è l’aiuto pratico altrettanto utile è la condivisione di informazioni a Castel Volturno, dove spiccano i Kalifoo ground, gruppo musicale di rifugiati che, oltre a distribuire spesa e medicinali gratuitamente, realizza video informativi in diverse lingue. Ma soprattutto – come racconta Gianluca Castaldi – in queste ore è riuscito ad attivare un servizio di speakeraggio sul territorio per informare i braccianti sulla prevenzione, categoria particolarmente esposta al contagio data la necessità di continuare a lavorare. 

 

Infine importante è il contributo di Grande Colibrì associazione di rifugiati Lgbt con sedi territoriali a Torino, Lecco, Piacenza e Bologna che insieme ad una rete di associazioni, ha tradotto in 46 lingue tutte le informazioni sulla prevenzione e le misure del governo per l’emergenza Covid-19. Gesti e iniziative che possono sembrare gocce nel mare nella gestione di una pandemia. Ma che sono importanti più che mai, tanto più se si pensa che le categorie più esposte al virus sono proprio quelle più deboli e meno integrate. E che vanno tutelate. Per il bene di tutti.

 

Marta Serafini da Corriere.it

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