Sono settimane ormai che il governo italiano invita giustamente l’intera popolazione a non uscire, creando anche l’hashtag #iorestoacasa, chiudendo negozi e servizi non necessari sul territorio.

E’ chiaro che i divieti sono necessari per impedire il contagio, ma queste restrizioni non mettono al sicuro tutt*, creando dei veri e propri effetti collaterali “secondari” ma comunque molto importanti e degni di nota.

Ci sono infatti dei casi in cui la convivenza forzata, a volte in spazi anche ristretti, diventa una vera e propria gabbia per quelle donne il cui marito o compagno è violento, aumentando quindi il rischio di violenza domestica e femminicidio.

I casi sono sicuramente aumentati, viste le premesse, ma le chiamate sono diminuite ed è facilmente intuibile il motivo del calo: le donne, rinchiuse a casa con il carnefice, non hanno possibilità di contattare il 1522, il numero di emergenza in caso di violenza. Fortunatamente i  centri antiviolenza si sono attivati per cambiare strategia, tra cui il Centro Donn.è di Ortona (CH), creando dei metodi alternativi per chiamare aiuto.

Ce ne parla Sara di Rado, Responsabile del centro antiviolenza Donn.è di Ortona.

 

Cos’è Donn.è? raccontaci la storia del centro, come è nato, da quanto tempo è attivo e quante persone collaborano con voi?

 

Donn.è nasce come associazione di promozione sociale nell’agosto del 2012 dalla volontà di 4 quattro donne, amiche nella vita, e professioniste impegnate a diverso titolo nel lavoro al fianco delle donne. Da questa volontà e dalla determinazione di creare anche nella città di Ortona una realtà ed uno spazio che si occupasse di donne a 360° nasce Donn.è.

Già il nome è molto chiaro: riaffermare la dimensione femminile in una società che vuole le donne come invisibili. Nel settembre 2012 l’associazione partecipa ad un bando della regione Abruzzo per il finanziamento dei centri antiviolenza e le case di accoglienza per donne maltrattate, vincendolo e il 14 febbraio 2013 inaugura il primo centro antiviolenza sul territorio. In questi 7 anni di attività il centro ha avuto la possibilità di espandersi aprendo altri sportelli su Tollo, Fossacesia e Torino di Sangro. Cosa ancor più importante è stata la firma di una convenzione con la ASL02 Lanciano-Vasto-Chieti  che ha portato all’apertura di due sportelli all’interno dei presidi ospedalieri Bernabeo di Ortona e Renzetti di Lanciano. Questi sportelli sono punti di riferimento importante per le donne vittime di violenza che chiedono aiuto. Attualmente l’equipe del centro, tutta al femminile, è composta da 10 operatrici impegnate tra l’accoglienza telefonica, la costruzione di percorsi di uscita dalla violenza, consulenze legali e psicologiche. Sono professioniste: avvocate penaliste e civiliste, assistenti sociali, psicologhe, mediatrici culturali, tutte con una specifica formazione nel contrasto alla violenza di genere sulle donne. Oltre al lavoro del centro con le donne vittime di violenza, Donn.è porta avanti attività di formazione della rete territoriale antiviolenza, attività di informazione, prevenzione e sensibilizzazione.

 

Com’era la situazione pre Covid-19 per quanto riguarda la violenza domestica? Che tipo di situazioni riscontravate nel vostro centro?

Prima dell’emergenza sanitaria presso il nostro centro antiviolenza abbiamo ricevuto chiamate di aiuto da parte di donne che si trovavano in situazioni di violenza fisica, di mobbing sul lavoro, di violenza economica. Insieme si sono costruiti percorsi di uscita dalla violenza attraverso incontri quotidiani, costruendo piccole strategie di “non contatto con il maltrattante”, lavorando sulla loro consapevolezza della situazione e sul recupero della loro identità.

 

E’ cambiata molto la situazione con la pandemia? Anche voi avete riscontrato una diminuzione di chiamate da parte delle donne?

Assolutamente si. Questo non vuol dire però che la violenza domestica si è fermata, no al contrario continua ad essere agita ed è in aumento proprio a causa della stretta convivenza forzata con il maltrattante. Le donne hanno difficoltà a chiedere aiuto perché maggiormente controllate dal maltrattante, fanno fatica a trovare uno spazio in cui chiamare senza essere scoperte. In questi giorni riceviamo telefonate brevissime, sussurrate dalle donne che hanno già intrapreso un percorso con noi, dove ci chiedono come rimanere in casa, cosa fare, come tutelare i/le figli/e che, costretti anche loro a casa, assistono alle violenze. Non sono mai telefonate semplici. Abbiamo dovuto riorganizzare le modalità operative facendo fronte all’emergenza nel rispetto delle misure di contenimento dei contagi da Covid-19 adottate dal Governo, pur continuando ad assicurare alle donne le attività di ascolto, accoglienza, informazione e consulenza, ovviamente a distanza, telefonicamente e/o tramite chat, videochiamate quando possibile, chiaramente registriamo maggiori difficoltà nella gestione delle situazioni soprattutto con quelle ad elevato rischio che richiederebbero una messa in protezione della donne e dei loro figli/e al di fuori della loro abitazione e questo per motivi sanitari, attualmente diventa molto complesso.

Parlami di questo vademecum che avete creato. Cosa consigliate dunque di fare in caso di violenza domestica?

Il vademecum, realizzato attraverso un lavoro sinergico tra le operatrici del centro Donn.è, nasce per aiutare tutte le donne che vivono una situazione di violenza in casa e soprattutto per quelle che non riescono a chiedere aiuto. Nel vademecum abbiamo inserito tutta una serie di indicazioni, contatti utili e strategie che le donne possono adottare e mettere in pratica affinché non si sentano sole in questo momento.Consigliamo di utilizzare la necessità di fare la spesa, o di recarsi in farmacia, o di buttare la spazzatura o di acquistare giornali o tabacchi o se hanno un cane di portarlo fuori per uscire di casa e contattare il centro antiviolenza o le forze dell’ordine. Se invece si trovano a subire episodi violenti in casa, e si sentono particolarmente in pericolo, consigliamo di chiudersi in una stanza della quale hanno solo loro la chiave e di chiamare le forze dell’ordine al 112 o al 113 oppure di chiamare un/una vicino/a di casa. Raccomandiamo di avere sempre il cellulare carico con sé e di tenere nella “stanza protetta” un carica batterie e i propri documenti. Consigliamo di scaricare la APP del 1522 dove possono chattare prontamente con un’operatrice. Inoltre, al Vademecum abbiamo allegato un breve ed efficace questionario di autovalutazione del rischio, realizzato dalla Dott.ssa Margherita Carlini, utile per le donne affinché possano innanzitutto prendere consapevolezza della situazione di violenza in cui si trovano, al fine di avere una miglior percezione della gravità e del rischio al quale sono esposte.

Quale messaggio dobbiamo e possiamo mandare alle vittime?

Alle donne voglio dire che non sono sole e che non abbiamo nessuna intenzione di lasciarle sole. NOI CI SIAMO. Le donne devono sapere che in questo momento il centro antiviolenza è operativo e che stiamo lavorando in sinergia con la regione e la prefettura anche per trovare soluzioni per le situazioni maggiormente a rischio. Stiamo inoltre dialogando con le procure del territorio  per  attivare percorsi condivisi nella scelta delle misure cautelari da adottarsi.

 

Il vademecum anti-violenza di Donn.è