La maglia di Matthias Sindelar, la valigia di Arpad Wiesz, il pallone della squadra dei panettieri di Kiev: oggetti trovati per caso, ricordi di vite spezzate dal nazismo, esistenze repentinamente scaraventate dal tripudio degli stadi alla violenza cieca e rancorosa di Hitler e dei suoi seguaci.

Tre epopee umane, tre storie raccontate da Giovanni Soldani in un breve, appassionante, a volte commovente monologo.

Questo è, in estrema sintesi, “Invasione di campo” – Storie di numeri sulla maglia e sulla pelle, testo e regia di Umberto Zanoletti.

Ambientazione essenziale: la panca dello spogliatoio, un pallone, scarpe, maglie e tre valigie. Pochi oggetti discreti che catturano l’attenzione del custode che sta pulendo lo stanzone, evocando i ricordi che introducono i protagonisti e suggeriscono le loro epopee.

Qual è il denominatore comune delle tre vicende? Quale filo lega tra di loro i protagonisti?

Il più forte calciatore d”Europa, capitano della nazionale austriaca, “suicidato” dai nazisti a seguito del rifiuto di collaborare con loro dopo l’Anschluss del 1938.

L’allenatore ebreo pluriscudettato di Inter e Bologna che, all’indomani dell’introduzione delle leggi razziali in Italia, volute dal fascismo nel 1938, inizia con la moglie ed i due figli piccoli un’odissea per l’Europa che si concluderà tragicamente, per tutti, nei forni crematori di Auschwitz.

La squadra di calcio della panetteria Start di Kiev (composta da ex giocatori della Dinamo) che sfida il team della Lutwaffe, arricchito di calciatori professionisti, lo sconfigge e lo umilia pur sapendo che vincere significherà morire, per dare una gioia al popolo schiacchiato dall’occupazione nazista.

Storie di persone che amano e non si “scansano”, storie di orgoglio ed anche di fallimenti: alla fine i protagonisti non riescono a difendere i loro cari, Matthias muore insieme alla compagna Camilla, Arpad non riesce a difendere i suoi figli dalla camera a gas, i calciatori ucraini verranno decimati dalla Gestapo.

Il significato delle loro gesta però oltrepassa la loro singola vita, diventa un simbolo per tutti coloro che li hanno conosciuti, continuando a lottare e che, in questo caso, alla fine vinceranno.

Il tempo passa, i testimoni diretti in grado di raccontarcela sono sempre meno e la lezione della storia si dimentica. La malapianta del fascismo è sempre pronta ad attecchire.

L’augurio, per la giornata della memoria, quanto mai attuale e necessaria, è che anche nello sport continuino ad esserci i Sindelar e le Start, eroi per le generazioni di adesso, esempi positivi che possano aiutarci a continuare la narrazione e la lotta, indicandoci una strada che poi è scelta e responsabilità di ognuno percorrere.

Gianluca Gabriele