La guerra arriva anche sui social e Zuckerberg aiuta Erdogan.

Stamattina ci siamo svegliati con l’ennesima conferma: Facebook ha nascosto le pagine di Ya Basta Êdî Bese, Globalproject.info e Contropiano.org, pagine che in questi giorni stavano denunciando il violento attacco della Turchia verso le popolazioni del Nord della Siria. La motivazione? I contenuti  violerebbero gli “standard di comunità”, perché istigherebbero all’odio.

Nei giorni scorsi altre pagine che pubblicano costantemente post e immagini in solidarietà e a sostegno della resistenza del popolo kurdo sono state oscurate: Instagram ha bloccato il reporter Michele Lapini, per una foto scattata durante il corteo di Bologna in solidarietà con il popolo curdo; Facebook ha oscurato la pagina Binxet – Sotto il Confine, il documentario di Luigi D’Alife che racconta la resistenza del Rojava e le responsabilità dell’Europa nelle atrocità del confine turco-siriano con la voce narrante di Elio Germano); chiuse anche molte pagine della Rete Kurdistan e del centro culturale Ararat, per non parlare delle decine di pagine pro-kurdi che sono state bloccate nei mesi scorsi, come quella di Davide Grasso, che ha combattuto al fianco delle YPG, oppure quella della campagna Rojava Calling. La guerra è arrivata anche sui social network, e grazie a Zuckerberg la sta vincendo Erdogan.

Voglia o non voglia, con la chiusura delle pagine pro-kurdistan Facebook sta sostenendo e supportando il massacro del popolo kurdo da parte del regime di Erdogan. Tutto questo in nome di un astratto politically correct deciso arbitrariamente da una multinazionale che condanna e oscura tutte le voci di opposizione all’attacco turco. Perché non è concesso, durante una guerra di aggressione, diffondere contenuti che informano sullo stato di salute del popolo aggredito? Perché si decide di classificare come “odio” contenuti e immagini che condannano una potenza che vuole attuare una vera e propria pulizia etnica nei confronti di un altro popolo? Perché si può scegliere arbitrariamente che supportare il popolo kurdo vuol dire supportare “terroristi”?
La potenza turca, che sta ridando forza e vitalità all’ISIS, non deve essere censurata?

I social network sono ormai l’infrastruttura dell’informazione del XXI secolo, perché un algoritmo deciso arbitrariamente da una multinazionale privata può decidere cosa è giusto o meno difendere e supportare?

La censura verso le pagine pro-kurdi fa schifo e come Potere al Popolo! continueremo a diffondere le notizie relative al conflitto e a supportare la resistenza delle popolazioni del Rojava, nonostante il forte di rischio di vedere anche la nostra pagina oscurata dal -per niente imparziale- algoritmo del social network. La guerra oggi si combatte anche attraverso i media e i social network, e noi non siamo disposti a tirarci indietro.