Un quadro preoccupante di un paese, l’Italia, che nel 2018 è stato segnato da un forte incremento degli episodi di discriminazione è quello che emerge dal rapporto diffuso dall’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite.

La diffusione del linguaggio dell’odio in Italia è ormai un problema acclarato a livello internazionale.

Nel Rapporto, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite evidenzia l’emergere di discorsi razzisti basati su stereotipi negativi contro i migranti, i musulmani, le persone di origine africana, le comunità romsinti e caminanti.

Sono i discorsi dei politici e i media le vie attraverso le quali i discorsi razzisti trovano maggiore eco: a incoraggiare la crescita dell’intolleranza, dell’odio religioso e della xenofobia sono alcuni leader politici e talvolta gli stessi membri del governo.

Sicurezza e difesa dell’identità nazionale, sono le parole chiave di tali discorsi, che si fondano sulla criminalizzazione della migrazione e sul principio “prima gli italiani” di fronte alla crisi economica.

Un modo per rendere la discriminazione razziale socialmente più accettabile. Le conseguenze sono evidenti: una escalation di ‘hate incidents’ contro singoli o gruppi per motivi etnici, del colore della pelle, della razza o dello status di immigrato“, si legge nel rapporto.

A volte sono le leggi stesse che, sempre secondo il rapporto, contribuiscono a rafforzare questo clima.

Un esempio eclatante è quello del “decreto sicurezza” che stabilisce una relazione tra immigrazione e sicurezza, “rafforzando in tale modo una percezione discriminante che stigmatizza e associa i migranti e le minoranze alla criminalità“.

Degli hate speech e della diffusione di un linguaggio d’odio ne abbiamo parlato in maniera approfondita attraverso il nostro barometro dell’odio.

HATE SPEECH: IL NOSTRO RAPPORTO

Nel clima di costante campagna elettorale che caratterizza il dibattito politico in Italia, l’hate speech è costantemente diffuso e raggiunge picchi di intensità in prossimità degli appuntamenti elettorali. Per questo motivo abbiamo deciso di continuare, seppur con obiettivi diversi e modalità aggiornate, il lavoro di monitoraggio dei discorsi di odio online avviato nel 2018, in occasione delle elezioni politiche.

Dal 26 aprile al 24 maggio, i nostri attivisti hanno monitorato su Facebook e Twitter il linguaggio di tutti i candidati alle elezioni europee e dei candidati sindaci alle elezioni amministrative, osservando le reazioni e risposte degli utenti per rilevare eventuali correlazioni tra toni e messaggi veicolati dalla politica e sentimento delle persone rispetto a determinati temi e gruppi di persone.

Il risultato è che più di 1 contenuto su 10 (il 11,5%) dei 100.000 post, tweet e commenti valutati è risultato essere offensivo e/o discriminatorio o contenente hate speech.

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LA CRIMINALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ

Dal rapporto diffuso dall’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite emerge anche un altro dato preoccupante: la criminalizzazione della solidarietà, e in particolare, delle associazioni della società civile impegnate nelle operazioni di soccorso nel mare Mediterraneo.

Una campagna che il documento definisce diffamatoria.

Tutto ciò non può essere ricondotto a singoli casi. Il linguaggio dell’odio, riporta il documento, è stato ‘normalizzato’ e la manifestazione dell’odio è divenuta accettabile. Perché questo linguaggio è nello stesso tempo espressione ed elemento costruttore di culture diffuse.

Ed è proprio sul piano culturale che occorre agire. La diffusione di una cultura dei diritti è uno dei terreni su cui si gioca la sfida della prevenzione e della tutela delle persone più vulnerabili.