Intervista a Pietro Mugnaini, autore del libro “Riscaldamento Globale e futuro dell’Uomo”.

Tu dici: “La fine del mondo è vicina”. E’ un’affermazione provocatoria o lo pensi realmente?

Il pericolo è concreto. É una bomba ad orologeria che sta per esplodere e noi dobbiamo disinnescarla. Invece, come in un enorme Titanic, la Terra sta per affondare e la gente continua a ballare. Le scialuppe di salvataggio ci sono ma per pochi, i più ricchi, e anche loro alla fine soccomberanno nel mare in tempesta.

Quanto tempo ci rimane ancora?

Io non sono uno scienziato, ma negli ultimi tempi ho fatto ricerche approfondite sui cambiamenti climatici. Temo, soprattutto dopo gli incendi di questa estate, che ci rimangano meno degli 11 anni che calcolano gli scienziati prima di arrivare al punto di non ritorno, cioè il giorno in cui, anche se con la bacchetta magica potessimo azzerare da un momento all’altro tutte le emissioni, il processo di riscaldamento globale andrebbe avanti per conto suo.

Il fatto è che arrivano forti segnali che il processo sta accelerando più del previsto: sull’Himalaya i ghiacciai si sciolgono a velocità doppia e vengono persi 8 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno, l’Antartide si scioglie a tempo di record, il permafrost artico canadese si sta sciogliendo 70 anni prima del previsto In Groenlandia 2 miliardi di tonnellate di ghiaccio si sono sciolte in un solo giorno.

E poi i vari record di caldo: cinquanta gradi al circolo polare artico a maggio, in Alaska record di caldo ai primi di luglio con 32 gradi.

Ci sono, inoltre, delle reazioni impreviste della natura che reagisce agli stimoli che riceve, come ad esempio l’ispessimento delle foglie della vegetazione che ne riducono l’assorbimento di CO2 .

Ma anche se avessimo 11 anni a disposizione, bisogna considerare che ogni azione per contrastare i cambiamenti climatici richiede del tempo. Ad esempio, se ripiantiamo alberi, prima che crescano e arrivino ad assorbire quantità consistenti di CO2 passano anni. Ecco perché è assolutamente indispensabile agire ora e subito.

Quale meccanismo può fare sì che il processo di riscaldamento globale diventi irreversibile?

I meccanismi sono molteplici: si chiamano “feedback” (cioè retroazioni). In parole povere: il cane che si morde la coda.

Alcuni esempi pratici: i ghiacci ed i ghiacciai si sciolgono liberando terra o mare che sono molto più scuri della neve e del ghiaccio e quindi trattengono molto più calore. Questo calore fa sì che si sciolga ancora più ghiaccio che a sua volta fa incrementare ulteriormente la temperatura, e via dicendo all’infinito.

Lo stesso succede col Permafrost, che quando si scioglie libera il gas metano, e con il vapore acqueo in atmosfera, che è il principale gas a effetto serra, che aumenta notevolmente con l’aumento della temperatura globale.

Gli oceani fanno la loro parte perché riscaldandosi assorbono meno CO2, inoltre si acidificano con l’aumento della CO2 in atmosfera e ne assorbono meno, come del resto fa la riduzione della salinità dovuta allo scioglimento dei ghiacci.

Un fatto particolarmente grave sono i recenti incendi in Alaska e Siberia. Questi incendi emettono quantità enormi di CO2, oltre alla perdita di miliardi di alberi che non ne assorbiranno più. Inoltre le polveri vanno a depositarsi sul manto ghiacciato facendolo diventare più scuro e soggetto ad un maggior riscaldamento. E per finire, con le foreste brucia anche la torba che rilascia metano in atmosfera, un gas serra 25 volte più efficace della CO2.

Però contenere il riscaldamento globale comporta dei costi enormi!

La risposta a questa domanda è molto semplice: non contenerli costerebbe molto di più, non solo in termini economici, ma anche di vite umane e sofferenze.

Cosa si può fare per non superare 1.5 gradi, limite entro il quale i danni sarebbero ancora sopportabili?

Si possono fare molte cose, sia a livello individuale che politico, ma vista l’urgenza della situazione la precedenza dovrebbe essere data alle azioni con effetto sufficientemente rapido e, soprattutto, dovrebbero essere allargate a livello globale, perché, come si sa, una sola rondine non fa primavera. Gli alberi andrebbero non solo ripiantati ma preservati, ad esempio, impedendo al Brasile di distruggere la foresta amazzonica. Importante anche il massimo investimento sulla limitazione degli incendi e la riduzione del consumo dei suoli.

Metterei poi una Carbon Tax che penalizzi tutto ciò che causa emissione di CO2, investendo poi il ricavato nell’incentivazione di tutto ciò che ne riduce le emissioni.

Infine si dovrebbero ridurre i consumi attuali e mettere in atto un controllo della crescita demografica a livello mondiale, perché più siamo e più consumiamo.

Cosa possiamo fare, invece, individualmente?

Le azioni individuali sono importanti quanto quelle della politica.

Molti, ad esempio, non sanno che gli allevamenti intensivi, in particolare quelli bovini che emettono molto metano con i loro processi digestivi, contribuiscono notevolmente sull’effetto serra. Dovremmo tornare tutti alla vera dieta mediterranea che farebbe non solo bene all’ambiente ma anche alla nostra salute ed al nostro portafoglio.

E poi installare un impianto fotovoltaico sul tetto, coltivare un orto, ripiantare alberi, acquistare prodotti locali e stagionali, usare il più possibile i mezzi pubblici, la bici o andare a piedi invece che in auto.

Queste misure farebbero però perdere molti posti di lavoro e chiudere o ridimensionare molte aziende!

Invece creerebbero delle grandi opportunità. Si perderanno posti in alcuni settori ma se ne creeranno però molti altri. Bisognerà cambiare tutti mentalità e stile di vita. Non ci sono alternative.

Quali azioni potrebbero essere intraprese per spingere i governi a prendere le opportune decisioni?

Credo che bisognerà passare ad azioni più decise e concentrate. Invece di disperdere le manifestazioni su tante piazze, bisognerebbe concentrarci tutti nella capitale, incluso i lavoratori, le associazioni ambientaliste e tutti quelli che hanno compreso la gravità del problema. Se non otteniamo soddisfazione allora si dovrebbe procedere con scioperi ad oltranza. Se ancora non bastasse non resterebbe che passare ad azioni sempre pacifiche ma più eclatanti.