Su un pannello in truciolato del cantiere di restauro di una nota fontana romana, con vista sulla città e situata su un belvedere, il 21 notte è riapparsa una delle Madonne di Ex-voto fecit: Notre-Dame du Socialisme.

Ex-voto fecit, street artist che rielabora digitalmente ritratti mariani del passato adattandoli ai nuovi culti urbani, espone una Maria incorniciata da spighe tenute insieme da drappi rossi che recano il primo verso de L’Internazionale (Debout, les damnés de la terre! Debout, les forçats de la faim!In piedi, dannati della terra! In piedi, forzati della fame!); il cuore votato alla Rivoluzione, Maria tiene tra le mani falce e martello, il piede sulla testa del serpente che cerca di fuggire con un dollaro in bocca.

Ex-voto, avevi fatto una promessa….

Vero, avevo promesso a me stesso di non lavorare più in strada perché agire in questo modo è divenuto una vera e propria omologazione. Nel senso che tutto ciò che adesso è definito Street Art ha perso le proprie caratteristiche di critica e denuncia sociale e si è uniformato alle tendenze dominanti che esaltano le banalità. Per non parlare del nuovo muralismo che, alla faccia di Diego Rivera, favorisce solo gli immobiliaristi e i funzionari comunali che pensano che un faccione o due pupazzi dipinti s’un palazzo riqualifichino un intero quartiere.

Sei proprio sicuro che la Madonna sia socialista e rivoluzionaria? A destra dicono gli abbia dato il suo cuore immacolato.

Brutalmente ti risponderei che ognuno ha le Madonne che si merita. C’è chi le preferisce piangenti e consolanti e chi, come me, prova a trasformarle in qualcosa che apra al pensiero. Certo è trucco visivo che attira l’attenzione. Molti pensano che siano vere: s’avvicinano, leggono, comprendono, e ricevono vere epifanie. Quando non sono vere e proprie incazzature.

Quante volte al giorno canti L’Internazionale?

L’intono quando occorre alternandola a Bandiera Rossa, anche se in realtà la mia bandiera preferita è Nera, proprio come quella cantata dai Clash in Spanish Bomb. Però, in genere, L’internazionale preferisco farla cantare, attraverso i miei dispositivi audio, ai Leningrad Cowboys accompagnati dal coro dell’Armata Rossa.

Hai sentito cosa ha detto ieri Renzi da Giletti? “Bandiera Rossa è, per i ragazzi di oggi, quella della Ferrari”!

Beh!… scherzando direi che s’è scordato dei ducatisti. Rispondendo seriamente, invece, che ha ragione ma solo perché la storia di quella canzone, e di quella bandiera, è piuttosto complessa oltre che antica: sia nel suo significato che nel suo significante. Contadini, minatori, operai, borghesi, repubblicani, oltre che i socialisti e i comunisti, come persino gli anarchici, l’hanno sventolata e cantata e sotto di lei si sono combattute tutte le battaglie per i diritti di cui oggi godiamo. Dimenticarsi della sua storia è dimenticare chi siamo.

Notre-Dame du Socialisme: a quale Socialismo ti riferisci?

Poiché viviamo in una nuova rivoluzione industriale, quella legata al digitale che, per dirla con Douglas Coupland, ha generato una moltitudine di Microservi, credo sia opportuno tornare a quello nato con la Prima Rivoluzione Industriale, che si perfezionò durante la Seconda, ma che nel tempo, purtroppo, si è inquinato sfociando nei Totalitarismi. Per essere più specifici direi che la forma idealmente più corretta sia quella professata da Pierre-Joseph Proudhon, un socialismo di stampo spirituale e non meccanicistico come quello marxista. Però, sia ben chiaro, la mia visione di socialismo è quella che lo intende come una porta da aprire verso una concezione anarchica della società.

Perché questa riapparizione proprio il 21 settembre?

Confesso che non ho digerito l’equiparazione del comunismo al nazifascismo recentemente votato in Europa, così come la stigmatizzazione da parte del PD di Bandiera Rossa. Certo, aborro lo Stalinismo, ma questa votazione europea, come lo smarrimento totale del partito politico italiano che dal PCI proveniva, apre, a mio avviso, scenari a dir poco spaventosi. Anche se sono perfettamente consapevole che un piccolo manifesto non potrà mai cambiare le cose.

Spesso hai detto che la politica è asservita al capitale e alla finanza, chi avrebbe bisogno di un potente esorcismo?

Ormai sono decenni che la politica non è più rappresentanza idealistica e popolare ma espressione di gruppi economici. Tant’è che ai lobbisti le porte dei ministeri e delle Camere sono più che aperte mentre alle rappresentanze sindacali no.

L’esorcismo occorre a tutti noi: dobbiamo liberarci al più presto dai mali che abbiamo assorbito vivendo in una società consumistica, fondata sul capitale e l’arrivismo e, pensando a Debord, spettacolare.

Parli di un’umanità alla deriva, di un destino tragico e inesorabile. C’è un modo per smuovere lo Spirito Santo che sonnecchia?

C’è un solo modo: una bella rivoluzione. Una rivoluzione globale che parta da una rivolta interiore, come ci ha insegnato Albert Camus, ovvero dall’interno di noi stessi, per poi sfociare liberamente, e possibilmente allegramente, aggiungerei io, nell’intera società.

Chiudiamo con una profezia e un consiglio su un libro da leggere e un brano da ascoltare

Per le profezie direi che non c’è più tempo, così come per i profeti. O l’umanità si risveglia al più presto dal torpore in cui si fa cullare oppure tutto, dove per tutto intendo le conquiste pagate col sangue di chi è venuto prima di noi, sarà perduto.

Il libro, invece, l’ho citato prima. è L’Homme RévoltéL’uomo in rivolta di Camus. L’unico testo in circolazione che insegna per bene il significato di quel No che tutti dobbiamo essere in grado d’affermare in questa società che nega il dissenso. E nella fattispecie consiglierei l’edizione contenente l’estensione dedicata al Pensiero Meridiano, di un’attualità, pensando a come funziona oggi l’Europa, a dir poco abbacinante.

E se ora stessimo in radio, ti chiederei di lanciare a tutto volume Street Fighting Man di quei gran paraculi degli Stones, ricordando però che hanno scopiazzato Dancing in the Street di Martha Reeves and the Vandellas, un testo che annuncia la più bella forma di rivoluzione possibile proprio perché, ricordando l’anarchica Emma Goldman, “se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione”.