Chioggia ha ospitato la prima presentazione pubblica del Manifesto di Assisi, dopo la sigla a Roma il 3 maggio scorso (Giornata mondiale della libertà di stampa) nella sede della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti in Italia.

L’evento, apertura del Festival della comunicazione promosso dalla Società San Paolo in collaborazione con la diocesi clodiense, ha riempito l’auditorium San Nicolò. Una platea plurale, non di addetti del settore.

Il Manifesto di Assisi, del resto, si rivolge a tutti i cittadini e lavoratori, non solo a quelli dell’informazione, per promuovere un piano d’azione congiunto per contrastare la falsificazione dolosa delle notizie (le cosiddette fake news), la diffusione dell’odio, la criminalizzazione delle diversità e affermare un impegno condiviso alla partecipazione, alla responsabilità, alla vigilanza democratica.

Ad animare il confronto, introdotto da Sergio Ravagnan (firma del periodico diocesano Nuova Scintilla) e coordinato da Giovanni Ferrò (caporedattore del mensile Jesus), le riflessioni di Alessandro Zaccuri (giornalista di Avvenire) con alcuni dei promotori del Manifesto, ossia Paolo Ruffini (Prefetto del Dicastero della Comunicazione alla Santa Sede), Giuseppe Giulietti (presidente Fnsi), padre Enzo Fortunato (direttore della sala stampa del Convento di Assisi). “Ci troviamo nel tempo del “cattivismo” – riflette Ravagnan – una parola certificata dallo stesso Rapporto Censis annuale, che parla della presenza di un “diffuso cattivismo”, che si raffigura come un’epidemia dilagante, come un virus pericoloso”.

Da qui l’esigenza di agire per liberare il dibattito dalle fake news, di contrapporre alla chiusura dei muri di confine, la costruzione di ponti che aprano le frontiere del confronto con pari dignità e rispetto tra le diversità. Tema su cui Ruffini ha posto l’accento con forza, richiamando i contenuti del libro “Comunicare il bene” che raccoglie riflessioni di papa Francesco sul bene comune informazione, oggetto di grande attenzione da parte del pontefice. “Giornalisti umili non vuol dire mediocri – ha ammonito Francesco nei giorni scorsi – ma piuttosto consapevoli che attraverso un articolo, un tweet, una diretta televisiva o radiofonica si può fare del bene ma anche, se non si è attenti e scrupolosi, del male al prossimo e a volte ad intere comunità”.

Una riflessione fatta propria dal Manifesto di Assisi e fatta propria non solo da autorevoli esponenti del mondo cattolico. Tra i promotori, infatti, figurano anche Salah Ramadan Elsayed, imam della Grande Moschea di Roma; Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma; Paolo Ruffini, ministro per l’informazione del Vaticano; Gian Mario Gillio, responsabile comunicazione, relazioni esterne e rapporti istituzionali della Federazione delle chiese evangeliche in Italia ai quali si sono uniti laici e non credenti.

E su questo si è incardinata la riflessione di Giulietti che ha ricordato come la questione non sia astratta, ma incida profondamente non solo sulle condizioni di lavoro dei professionisti dell’informazione (minacciata nel concreto da precarietà, tagli, bavagli), ma sulla tenuta civile del Paese.

“Questo manifesto – sottolinea il presidente Fnsi – va diffuso e condiviso perché è una base per far dialogare le diversità e un presidio per ribadire che i cittadini debbano essere informati in maniera trasparente, nel rispetto della verità sostanziale dei fatti, perché conoscere ed essere informati è la premessa perché ciascuno possa scegliere in maniera veramente libera”. E alle parole vanno legate azioni conseguenti, secondo Fortunato. “Papa Francesco – sottolinea – lo sta dimostrando anche con gesti controcorrente, perché la solidarietà entri nelle cronache e nelle vite delle persone”.

Articolo di Nicola Chiarini

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