Il 1° maggio il tribunale distrettuale dell’Aia, in Olanda, ha emesso una sentenza provvisoria nel ricorso di Esther Kiobel e altre tre donne contro il gigante petrolifero Shell per l’arresto illegale, la detenzione e l’esecuzione dei loro mariti da parte della giunta militare nigeriana negli anni Novanta.
Il tribunale ha dichiarato di avere giurisdizione sul caso, che non saranno previsti limiti temporali, che Shell dovrà mettere alcuni documenti interni a disposizione degli avvocati delle ricorrenti e che questi ultimi potranno interrogare testimoni.
 
“Questa decisione rappresenta un passo avanti cruciale per Esther e le altre ricorrenti e stabilisce un importante precedente per tutti coloro che nel mondo lottano per avere giustizia e per chiamare a rispondere potenti aziende del loro operato”, ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Affari economici e diritti umani di Amnesty International.
 
“Il nostro apprezzamento va a Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula. Se non fosse stato per il loro coraggio, oggi non saremmo arrivati a questo punto”, ha sottolineato Dummett.
 
“Le vedove ricorrenti ritengono che i loro mariti oggi sarebbero ancora vivi se Shell non avesse cercato a tutti i costi il profitto incoraggiando la sanguinosa repressione del governo nigeriano contro i manifestanti, pur sapendo i costi umani che essa avrebbe causato. Shell ora potrebbe essere costretta a dire, in un’aula di giustizia, cosa sapeva e come contribuì a quegli orribili eventi nella storia nigeriana”, ha aggiunto Dummett.
 
“La sentenza di oggi avrà grande importanza per chi nel mondo è stato danneggiato dall’avidità e dall’irresponsabilità delle multinazionali”, ha commentato Dummett.
Amnesty International ha apprezzato la decisione del tribunale dell’Aia di obbligare Shell a mettere a disposizione alcuni documenti interni ma è rimasta delusa per il fatto che l’ordine del tribunale non abbia riguardato tutta la documentazione richiesta dagli avvocati delle ricorrenti.