Esce ‘La variabile africana’ di Raffaele Masto, un libro che offre storie, reportage e analisi condotte direttamente in alcuni paesi simbolo, racconti di viaggio e incontri dai quali emergono la complessità e la ricchezza culturale del continente.

Ci hanno insegnato che una rondine non fa primavera, ma tante possono cambiare le sorti di un villaggio africano. È la storia del villaggio di Ebbaken, nel sud della Nigeria. Qui le rondini approdano dopo un lungo viaggio dall’Europa. Qui, in migliaia, hanno trovato la morte perché lo stato di povertà ha indotto gli abitanti a catturarle per mangiarle, finché un ornitologo italiano non riceve una lettera nella quale gli viene richiesto un riscatto, in perfetto stile nigeriano, per una rondine che gli appartiene, almeno così crede il suo interlocutore.

L’ornitologo, Pierfrancesco Micheloni, incuriosito parte per lo stato nigeriano del Cross River per raggiungere il villaggio di Ebbaken. E scopre che le rondini che aveva inanellato in Europa sono migrate fin laggiù. Da lì parte un progetto. Il villaggio non è più la tomba dei volatili, ma diventa un’attrazione turistica e un luogo di ricerca per appassionati, per i birdwatcher. Per il villaggio Ebbaken una rondine ha fatto primavera. Non è un caso che, oggi, i visitatori che arrivano al villaggio sono accolti da un cartello: “Ebbaken, the Swallow City”.

Il racconto-metafora è contenuto nel libro “La variabile africana”, del giornalista Raffaele Masto, edito da Egea, e racconta più di ogni altra cosa le molteplici facce dell’Africa. Colpi di Stato, crisi alimentari, guerre e assenza di reale indipendenza hanno fatto dell’Africa, agli occhi degli occidentali, un continente irrecuperabile, perduto, da salvare. Più di recente, a questa immagine drammatica se ne è affiancata un’altra, completamente opposta, mossa da euforia e ottimismo, secondo la quale l’Africa è il futuro del mondo, il nostro futuro. Ma allora quale di queste visioni rispecchia la realtà odierna? A che punto è oggi il continente africano? L’Africa è decisamente più complessa.

Il libro di Masto offre storie, reportage e analisi condotte direttamente in alcuni paesi simbolo (Mozambico, Costa d’Avorio, Sud Sudan, Sierra Leone, Nigeria), racconti di viaggio e incontri dai quali emergono la complessità e la ricchezza culturale del continente.

Tra i temi trattati c’è anche quello del rinnovato interesse per l’Africa da parte di imprese pubbliche e private, di multinazionali, di governi stranieri e grandi investitori. Come si spiega? L’Africa è un enorme serbatoio di risorse, che non può che fare gola a Stati che di risorse ne hanno poche o per nulla, come la Cina o l’Arabia Saudita. Così che l’Africa, all’alba di questo terzo millennio, è tornata a essere territorio di conquista, ma ancora una volta senza alcun vantaggio per sé di crescita economica e sociale. Le classi politiche di buona parte degli Stati africani, infatti, sono corrotte, incapaci, inadeguate, spesso al governo ininterrottamente da decenni e con l’obiettivo primario di continuare a occupare, senza rivali, le stanze del potere. Sono questi i personaggi che concedono i permessi di utilizzo delle terre agricole o di prospezione, alla ricerca di siti minerari per l’estrazione di materie prime e per la loro commercializzazione.

La società civile è molto vitale in quasi tutti i paesi del continente, ma quattro secoli di schiavismo e due di colonialismo non si cancellano con soli cinquant’anni di indipendenza. “Gli africani devono superare questo devastante complesso di inferiorità – sostiene Masto. Hanno bisogno di valorizzare se stessi, di conoscere il valore dei loro territori e delle risorse che vi sono contenute o che possono produrre, ma soprattutto hanno bisogno di avere una prospettiva. Più che progetti faraonici, fiumi di denaro, mega infrastrutture, all’Africa servono investimenti veri nelle sue potenzialità, non elargiti per cooperazione o buonismo. Più che di beneficenza o cooperazione, l’Africa ha bisogno di giustizia”. E in un villaggio sperduto della Nigeria, una piccola e insignificante rondine può fare davvero primavera.

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