Il Parlamento Europeo europeo ha approvato il pacchetto sulla Finanza Sostenibile definendo per la prima volta quali prodotti finanziari possono definirsi sostenibili in coerenza con l’accordo di Parigi per ridurre il riscaldamento globale. Esclusi carbone, petrolio e nucleare. Banca Etica commenta: “È un primo passo importante, ma si deve fare di più”.

Il Parlamento Europeo riunito in plenaria a Strasburgo ha approvato un pacchetto di misure che definiscono il quadro normativo (tassonomia) per la finanza sostenibile nell’Unione.

Le misure varate – che dopo le elezioni europee di fine maggio dovranno essere approvate dal Consiglio Europeo composto dai capi di Stato e di Governo degli Stati membri – definiscono per la prima volta quali prodotti finanziari possono definirsi sostenibili in coerenza con l’accordo di Parigi per ridurre il riscaldamento globale. Un primo passo per incoraggiare il settore finanziario a veicolare sempre più risorse verso aziende realmente sostenibili e per impedire operazioni di greenwashing ad opera di istituti finanziari che presentano i propri prodotti come sostenibili senza un reale controllo sul tipo di economia su cui investono.

“Banca Etica riconosce e ringrazia il Parlamento Europeo per gli sforzi volti al miglioramento della proposta di regolamento “Sull’istituzione di un quadro che favorisca gli investimenti sostenibili” (c.d. tassonomia) – dice il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri – . Il testo finale ha recepito alcune delle nostre raccomandazioni: in particolare  – grazie agli emendamenti presentati da Verdi, Socialisti & Democratici, GUE (sinistra), EFDD (M5S) una parte di  ALDE – quella di escludere le industrie estrattive di carbone e petrolio e l’industria dell’energia nucleare da qualsiasi investimento che voglia definirsi sostenibile e quella di stabilire che le aziende su cui investe la finanza sostenibile devono rispettare le convenzioni ONU e OCSE sulla tutela dei diritti umani dei lavoratori.

Su altri aspetti che avevamo sollecitato, il Parlamento ha invece preso tempo, rinviando al 2021 l’adozione di una definizione di cosa sarà considerato “non sostenibile”. Purtroppo non è passato l’emendamento che chiedeva di misurare non solo gli impatti ambientali ma anche quelli sociali in senso ampio degli investimenti.

“Fino a pochi anni fa le istituzioni non si occupavano di finanza sostenibile e il fatto che oggi l’Europa sia sul punto di varare un piano d’azione globale è indubbiamente una buona notizia. Avremmo sperato in interventi più radicali e coraggiosi, che puntassero anche su criteri per escludere la speculazione finanziaria o l’evasione fiscale. Di certo non smetteremo di far sentire la nostra voce insieme a quella dei network della finanza etica come Gabv, Febea e Finance-Watch e a quella di tante persone e organizzazioni della società civile”.

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