Silvia è viva e si trova in Kenya. Queste sono le certezze sulla giovane cooperante rapita il 20 novembre 2018 a Chakama, villaggio a 80 chilometri da Malindi in Kenya. Questa certezza arriva dalle autorità del Kenya che hanno incontrato, due giorni fa, gli inquirenti italiani, come scrive il Corriere della Sera. L’Italia, di fronte a un silenzio che durava da gennaio, ha chiesto attraverso una rogatoria internazionale la possibilità di inviare in Kenya i carabinieri del Ros per visionare il fascicolo e, anche, partecipare alle indagini. La risposta è stata affermativa e i carabinieri hanno potuto vedere e discutere gli sviluppi, fino ad ora, delle indagini. “Siamo sicuri che Silvia è viva, tutti i nostri sforzi sono concentrati nelle ricerche”.

È la rassicurazione arrivata dagli inquirenti keniani. Dopo lo scontro, aspro, tra Italia e Kenya, questa ritrovata sintonia tra i due paesi farebbe ben sperare su una soluzione positiva del sequestro della giovane cooperante italiana. Il condizionale è d’obbligo, visto che già nel passato sembrava che le autorità di polizia di Nairobi fossero sul punto di risolvere la vicenda rapidamente. L’intesa tra i due paesi, inoltre, coinvolge anche il nostro ministero degli Esteri e l’Aise, i servizi segreti italiani per l’estero.

Di questa intesa, tuttavia, in Kenya non si parla. I giornali locali non hanno dato la notizia. Forse si stanno concentrando sul rapimento dei due medici cubani. L’ipotesi più accreditata, però, è che gli inquirenti abbiamo avuto una prova in vita e ora si stia trattando sul riscatto, cosa, evidentemente, che i Kenya senza il supporto dell’Italia non potevano fare. Almeno questi sono i rumors che girano in questi giorni nella capitale keniane. E dunque il silenzio, in queste circostanze è davvero prezioso. Sembrerebbe, sentendo anche i nostri connazionali che vivono in Kenya, che il clima sia cambiato. Sia più positivo. Ma il condizionale è d’obbligo.

L’altra novità, non da poco, che emerge dall’incontro di due giorni tra i Ros e la polizia keniana, è che Silvia Romano sia ancora in Kenya, nella foresta di Boni. Dunque non sarebbe passata nella mani dei terroristi somali di al Shabaab. Un passaggio di mano, comunque, ci sarebbe stato, sempre come scrive il Corriere della Sera. Un passaggio di mano con un’altra banda criminale, di banditi comuni, forse più capace di gestire il sequestro.

Un passaggio che sarebbe avvenuto dopo l’arresto di Ibrahim Adan Omar, uno dei membri del commando originario, che avrebbe fornito informazioni preziose, come le informazioni arrivate da altri due arrestati. Omar, avrebbe detto agli inquirenti che la ragazza si sarebbe ferita in modo lieve ad un piede. Nulla di grave. Ma compatibile con quanto detto a gennaio da un responsabile della polizia del Kenya e cioè che si stavano seguendo le tracce della banda e le impronte trovate erano compatibili a quelli di uomini e di una donna che, però, aveva problemi ad un piede, forse aveva perso una scarpa.

Tutti elementi che potrebbero condurre a una chiusura della vicenda. Ma il nodo centrale rimane il riscatto. Adesso, forse, si sa con chi negoziare.