Coca Cola supera tutte le barriere e dilaga anche in Cina, mediante una complessa rete di legami finanziari, istituzionali e personali. L’articolo a cura di Adriano Cattaneo, membro dell’associazione “No Grazie Pago Io”.

La Cina è un mercato grande e promettente per la Coca Cola, anche considerando che in Occidente i consumi stanno diminuendo, e la longa manus della “nostra” non poteva non esserci arrivata. Un articolo del British Medical Journal mostra come Coca Cola abbia influenzato le politiche cinesi mediante una complessa rete di legami finanziari, istituzionali e personali. L’obiettivo era evitare che le politiche governative di lotta all’obesità, la cui prevalenza sta aumentando più rapidamente che in altri paesi (dal 20%, tra gli adulti, del 1991 al 42% del 2011), inficiassero la crescita e i profitti della compagnia. Per raggiungere questo obiettivo, ha usato un’organizzazione che CocaCola stessa aveva contribuito a creare nel 1978, l’ILSI (International Life Sciences Institute). La prima mossa, nel 1993, è stata piazzare la filiale dell’ILSI presso il Centro per il Controllo delle Malattie, una specie di CCM cinese dipendente dal Ministero della Salute. Ciò è stato possibile grazie ai legami personali del fondatore di ILSI con una importante nutrizionista, fondatrice dell’Accademia Cinese di Medicina Preventiva, precursore del CCM.

Questo legame tra ILSI e CCM ha permesso ai ricercatori cinesi di entrare in contatto con il mondo scientifico internazionale e a CocaCola di stabilire nessi con i più importanti policy- e decision-makers nazionali. Da notare che la ditta non era la sola a godere di questo privilegio, dato che ILSI era ed è finanziato anche da PepsiCo, Nestlé, McDonalds, etc. La filiale di ILSI in Cina ha iniziato a occuparsi di obesità nel 1999, sviluppando le linee guida nazionali per la prevenzione e il trattamento, pubblicate dal Ministero della Salute senza rivelare che erano state scritte da esperti dell’ILSI. In successive versioni delle linee guida, l’iniziale focus sulla nutrizione fu messo da parte a favore della promozione dell’attività fisica: si può mangiare e bere ciò che si vuole, purché si faccia molto movimento. Tra il 2004 e il 2009, un terzo di tutte le attività promosse e sponsorizzate dall’ILSI erano concentrate sull’attività fisica; nel 2015 si era arrivati a due terzi. Le attività principali erano le conferenze scientifiche, internazionali, nazionali e locali, con oratori finanziati, più o meno copertamente, da CocaCola o ILSI. Tra gli oratori internazionali, non potevano mancare quelli dei centri universitari USA finanziati da CocaCola. L’articolo del BMJ entra nei dettagli delle attività e delle conferenze sponsorizzate da ILSI e CocaCola, con nomi, cognomi e date. Chi volesse ancora più dettagli può riferirsi a un altro articolo sullo stesso tema pubblicato dalla prima autrice dell’articolo del BMJ. Il risultato finale è che le politiche cinesi sull’obesità sono allineate con quelle proposte dall’ILSI e ovviamente sostenute da CocaCola, e sono diverse da quelle raccomandate dall’OMS. Nessuna traccia, ovviamente, di una possibile tassa sulle bevande zuccherate.

In un editoriale che accompagna l’articolo, Martin McKee e coautori iniziano affermando che son passati i tempi in cui, nella Cina di Mao, “il potere politico nasce dalla canna del fucile”. Nella Cina odierna, come nella maggior parte del mondo, il potere lo esercitano le corporazioni transnazionali, o multinazionali che dir si voglia. Le quali agiscono sempre più in maniera mascherata, tramite l’ILSI, come nel caso in esame, o tramite altri intermediari messi in piedi dalle stesse (ben noto il Center for Indoor Air Research fondato da Big Tobacco per confondere la ricerca sugli effetti del fumo passivo) o già esistenti, come centri universitari e di ricerca disposti a tutto pur di ricevere finanziamenti. Il risultato, quasi sempre, consiste nel distogliere l’attenzione dalla necessità di interventi di salute pubblica, leggi e regolamenti compresi, per promuovere azioni e stili di vita individuali; per cancellare cioè la responsabilità sociale a favore di quella personale. Il tutto condito da attacchi nei confronti dello stato balia (nanny state), considerato inefficace e inefficiente. I conflitti di interessi la fanno ovviamente da padroni, con il rischio di diventare universali. E se tutti hanno conflitti di interessi, nessuno ha conflitti di interessi e vi è invece convergenza di interessi.

Uno scenario da paura. Ma McKee e coautori finiscono con una nota di speranza, citando recenti esempi a dimostrazione, secondo loro, che le cose possono cambiare:

• La multinazionale della cioccolata Mars è uscita da ILSI.
• Molte università rifiutano finanziamenti dalla Foundation for a Smoke Free World della Philip Morris.
• Il National Institute of Health negli USA ha rifiutato un finanziamento da Big Alcohol.
• La UK Charity Commission sta questionando le attività di alcuni dei suoi centri a favore delle corporazioni transnazionali.

Esempi importanti, ma c’è ancora molta strada da fare. In ogni caso esempi di comportamenti individuali di qualche ditta o istituzione, non certo di applicazione di regole pubbliche.

Fonti:

– Greenhalgh S, King J, Cannon Fairbank W. Making China safe for Coke: how Coca-Cola shaped obesity science and policy in China. BMJ 2019;364:k5050
http://ilsi.org/ e https://en.wikipedia.org/wiki/International_Life_Sciences_Institute
http://ilsi.org/wp-content/uploads/2016/01/Members.pdf
http://www.nograzie.eu/wp-content/uploads/2016/02/Lettera-36.pdf
– Greenhalgh S.Soda industry influence on obesity science and policy in China. J Public Health Policy 2019;40

L’articolo originale può essere letto qui