Non è mai facile parlare di disabilità. Si corre il rischio di generalizzare oppure di raccontare storie particolari che finiscono per perdere una visione. Quello che non si riesce a fare quasi mai è oltrepassare la propria dimensione e il proprio mondo: al massimo si parla di Europa oppure della condizione dei disabili in occidente dove, bene o male, qualcosa per queste persone si è costruito. Ma cosa succede altrove magari in situazioni dove la povertà sociale è diffusa? I disabili esistono? Sono completamente marginalizzati? Oppure ci sono esperienze sorprendenti e positive? E poi: nel nord come nel sud del pianeta quali sono le strategie messe in campo per garantire i diritti dei disabili?

A queste e ad altre domande vuole rispondere una giornata di lavoro e confronto sul tema della disabilità in programma domani, 26 marzo, a Trento. Questo seminario parlerà di varie esperienze sull’argomento, in Trentino, in Italia e nel mondo: “Diversamente altri. Riconoscersi risorsa nel mondo”, questo il significativo titolo che appunto vuole allargare lo sguardo sull’alterità e sulla diversità anche dentro l’universo della disabilità. L’iniziativa, organizzata dal Centro per la Cooperazione Internazionale in collaborazione con Fondazione Fontana onlus, CUAMM Medici con l’Africa, GTV Gruppo Trentino di Volontariato e Cooperativa la RETE, segna la conclusione del progetto “Educare alla cittadinanza e alla salute globale ” co-finanziato da AICS e del progetto “Disabilità e diversità per l’inclusione di tutti dalla Convenzione ONU alle pratiche locali”, realizzato con il contributo della Provincia autonoma di Trento.

Si partirà da una ricognizione sullo stato di attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia proprio nel mese di marzo (esattamente il 3 marzo) di 10 anni fa. Questo fondamentale documento era stato approvato il 13 dicembre 2006 dall’Assemblea delle Nazioni Unite. A New York quel giorno, ad apporre la firma dell’Italia, oltre ad esponenti governativi, c’era Giampiero Griffo, componente del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), presidente di DPI Italia. Griffo è una delle personalità più impegnate sul fronte dei diritti dei disabili: tra i suoi vari incarichi, da gennaio di quest’anno, è coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Griffo sarà presente a Trento per il convegno.

Approfondirà la dimensione giuridica e concettuale del tema Maria Giulia Bernardini, dottoressa di ricerca in Diritti umani presso l’Università di Palermo, attualmente assegnista di ricerca in Filosofia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Ferrara. I suoi temi di ricerca includono: disabilità, inclusione sociale, vulnerabilità, soggettività giuridica, teorie critiche del diritto. L’intervento della dott.ssa Bernardini è così intitolato: “autonomia, vulnerabilità e disabilità: una controversa relazione concettuale”. Le abbiamo chiesto alcuni approfondimenti su queste parole e sulla sua relazione.

Dott.ssa Bernardini da dove si muoverà il suo intervento? 

Tradizionalmente, le persone con disabilità – così come altri individui ascritti ai c.d. “gruppi vulnerabili” – sono state considerate “soggetti vulnerabili” e, come tali, distanti dalla norma, inevitabilmente passive, dipendenti dai loro caregivers. Per questo, il movimento per i diritti civili delle persone con disabilità (e l’associazionismo disabile) a lungo ha avversato il concetto in questione, insistendo piuttosto sulla “vulnerazione” dei soggetti disabili, ossia sul contesto disabilitante e discriminatorio che produce la passività del soggetto disabile, laddove non ne riconosce la capacità.

Ma l’idea di vulnerabilità è soltanto negativa? 

Esiste anche un filone della letteratura (femminista) che pone al centro la vulnerabilità universale, in un modo non dissimile a quanto fanno i teorici della disabilità parlando di “disabilità universale” (attuale o potenziale), risignificando dunque la vulnerabilità in chiave positiva e non stigmatizzante.

Questo può valere anche per altri concetti… 

Esattamente. Rispetto alla tradizione si possono riarticolare alcuni concetti-chiave a livello giuridico (e non solo), come ad esempio quello di autonomia (che secondo queste prospettive è un’autonomia “relazionale”). Di norma, infatti, la nozione di autonomia è collegata a quella di indipendenza, e viene considerata un diritto di fare tutto da sé, senza interferenze da parte di altri. Va da sé che questa idea è molto esigente, perché tutti compiamo azioni autonome grazie ad una rete di supporti più o meno visibili, e perché i diversi soggetti, nell’arco della propria vita, possono richiedere la presenza di supporti con gradi diversi di intensità. Questa nozione, quindi, è anche intrinsecamente escludente, perché – appunto – impedisce che abbiano “accesso” all’autonomia coloro che richiedono supporti in modo più evidente di altre persone, quale può essere il caso delle persone con disabilità. La nozione di autonomia relazionale, al contrario, permette di riferire l’autonomia alle azioni e non alle persone, nonché di graduare la nozione stessa di autonomia (quindi ciascuno compirà azioni più o meno autonome in relazione ai contesti di volta rilevanti, in cui si trova ad agire).

Eppure, se vogliamo essere realisti, sappiamo che conta molto l’ambiente esterno e le possibilità effettive offerte ai disabili. 

Il mio approccio non disconosce il fatto che la vulnerabilità sia anche creata o esacerbata dai contesti (ad esempio, attraverso discriminazioni e le esclusioni quotidianamente sofferte, o tramite il diniego delle pari opportunità), ma mira a riconoscere che i livelli di analisi sono molteplici, e che alcune categorie concettuali che fino ad ora abbiamo riferito alle persone con disabilità e ai loro spazi di azione (ma, a ben vedere, ai soggetti in generale) non sono in realtà adeguate, e che alla luce di questo mutamento culturale è necessario elaborare nuove riflessioni proprio alla luce di questa presa di consapevolezza, in modo da riflettere sugli “spazi di possibilità” che si aprono per le persone con disabilità.

La seconda sessione del seminario si svolgerà attraverso laboratori, dedicati a presentazione, scambio e analisi di esperienze, a livello locale e internazionale, condividendo linguaggi, approcci e prospettive comuni nel lavoro sulla diversità. L’approccio trasversale alla disabilità verrà evidenziato dalla progettazione e dalla concreta attuazione di progetti di cooperazione internazionale. I destinatari del seminario sono gli operatori nell’ambito del terzo settore e della cooperazione internazionale, che si occupano non solo di disabilità ma di diritto alla salute, sviluppo umano, empowerment ad ogni livello. Per questo può interessare anche alle organizzazioni sindacali, al personale sanitario, a funzionari pubblici e ovviamente a insegnanti. Si scoprirà come il Trentino possa essere un esempio positivo per l’Italia e non solo.

Piergiorgio Cattani

L’articolo originale può essere letto qui