Dopo il rinvio di una settimana, il gigante africano va alle urne per scegliere il presidente, tra il timore di nuove violenze e i sospetti nei confronti del capo dello Stato uscente, accusato dall’opposizione di aver posticipato la consultazione di proposito.

La Nigeria ci riprova. Dopo il rinvio di una settimana, il 23 febbraio il Gigante africano – 200 milioni di abitanti – andrà alle urne per eleggere il nuovo presidente. Un rinvio dettato dal mancato recapito del materiale elettorale che non avrebbe permesso il regolare svolgimento del voto. Almeno questa è la giustificazione fornita dalla Commissione elettorale nazionale indipendente che si è addossata per intero la responsabilità del rinvio e negando ogni tipo di interferenza politica o di sicurezza.

L’incubo di Boko Haram

Sta di fatto che la decisione è stata presa a notte fonda e a poche ore dall’apertura dei seggi. Il clima, anche grazie a questa decisione, in Nigeria si è fatto incandescente. Nel Nord-est del Paese pesano gli attacchi dei terroristi di Boko Haram che si sono moltiplicati proprio con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale. Non a caso da quelle regioni è ripreso l’esodo delle popolazioni che le abitano verso il vicino Camerun.

L’Alto commissariato dei rifugiati (Unhcr) calcola che dalla sola città di Rann sono fuggite 35 mila persone. Un esodo causato dalla partenza delle forze camerunensi che proteggevano la città da attacchi di Boko Haram. Il portavoce dell’Unhcr Babar Baloch ha detto che “il Camerun fa parte della task force multilaterale, i loro militari sono entrati in Nigeria per proteggere Rann, ma ora che se ne sono andati via tutta la popolazione sembra essere in preda al panico e fugge per salvarsi la vita”. Violenze che si stanno verificando anche negli stati centrali del paese, scontri intercomunitari per risolvere questioni legate all’utilizzo della terra e delle risorse idriche.

Su queste elezioni incombe la spada di Damocle di Boko Haram e dell’escalation terroristica degli ultimi mesi. Uno dei punti di forza del presidente uscente, nella campagna elettorale del 2015, è stata la promessa “solenne” di sconfiggere Boko Haram. Mohammadu Buhari ha spesso annunciato la vittoria sul gruppo islamista ma, sempre, è stato smentito dai fatti. E anche in questi giorni la recrudescenza degli attacchi terroristici, e la sua rinnovata strategia di violenza, raccontano un’altra Nigeria, non certo quella narrata da Buhari.

I sospetti sul rinvio

I quasi 83 milioni di elettori, metà dei quali sotto i 35 anni, andranno alle urne in questo clima. Non solo, dopo il rinvio si è fatta largo anche la pista complottista. L’opposizione imputa al presidente uscente Buhari il rinvio perché, in questo modo, avrebbe indotto una minore partecipazione al voto. Secondo i rumor, infatti, il presidente uscente andrebbe incontro a una sconfitta certa. Il clima si è inasprito in pochissimi giorni e anche le dichiarazioni proprio di Buhari, che ha minacciato di far pagare con la vita qualsiasi tentativo di disturbare il processo elettorale, lo dimostrano.

“Ho dato ordine – ha detto Buhari – ai militari e alla polizia di essere spietati. Non saremo accusati di voler truccare le elezioni. Chiunque pensi di disturbare il sistema di voto, lo farà a spese della sua vita”.  E il portavoce dell’esercito Sagir Musa ha dichiarato al quotidiano nigeriano Premium Times che l’esercito rispetterà gli ordini che vengono dati dal presidente. “Se il comandante in capo ha dato ordine all’esercito nigeriano in tal senso, siate certi che l’ordine sarà totalmente ed efficacemente eseguito senza se e senza ma”. E negli ultimi 10 giorni sono state arrestate oltre 900 persone, nello solo stato di Kano, accusate di aver commesso “violenze politiche”. Brutti segnali alla vigilia del voto.

Le accuse dell’opposizione

Il principale candidato dell’opposizione, e colui che potrebbe battere Buhari nelle urne, Atiku Abubakar, ha subito reagito dicendo che il presidente uscente “non crede nella democrazia” e ha accusato il governo di usare la Commissione elettorale per posticipare le prossime elezioni negli stati settentrionali di Borno, Admawa e Kaduna. Il portavoce di Abubakar, Phrank Shaibu ha detto: “Per noi non è accettabile nulla che non preveda lo svolgimento simultaneo delle elezioni previste in tutto il paese”. Il piano di rinvio in questi tre Stati, secondo il candidato dell’opposizione, sarebbe stato preparato in un incontro a porte chiuse tra Buhari e i governatori dei tre stati.

Il rinvio delle presidenziali ha inasprito un clima già particolarmente surriscaldato. Il pericolo di un spargimento di sangue è diventato più concreto in un paese che conta più di 250 gruppi etnici. Le elezioni in Nigeria hanno sempre fatto emergere le divisioni etniche e religiose oltre che la rivalità storica tra gli stati del sud cristiano e più industrializzato e il nord musulmano e povero. Unica novità in queste elezioni è che i due maggiori accreditati alla vittoria – sono 73 i candidati – appartengono alla stessa etnia, i fulani, ed entrambi sono musulmani.

Per cercare un equilibrio sia Buhari sia Abubakar hanno scelto come vice due cristiani. Yemi Osinbajo, attuale vice presidente, corre in tandem con Buhari, e Peter Obi, imprenditore, corre insieme ad Abubakar. Entrambi i candidati presidente vogliono risolvere le annose questioni che imprigionano il paese e impediscono alla Nigeria di diventare un gigante economico, protagonista a livello internazionale: sviluppo, diversificazione dell’economia legata a doppio filo al petrolio, disoccupazione, corruzione e sicurezza.

Articolo originale: https://www.agi.it/blog-italia/africa/elezioni_nigeria-5029956/post/2019-02-21/