Davanti al leggendario stadio del Maracanã, oltre la ferrovia, arrampicata sulla collina una enorme favela, uno dei simboli di Rio de Janeiro e del Brasile intero: Mangueira, il tuo scenario è una bellezza creato dalla natura, la montagna con le sue baracche di zinco, all’alba è uno splendore, tutto il mondo ti riconosce da lontano per il suono dei tuoi tamburi; Mangueira, il tuo passato di gloria è scritto a fuoco nella Storia, verde e rosa è la tua bandiera perché la gente sappia che il samba è là, nella Mangueira. E tutti conoscono questa canzone come se fosse il vero inno nazionale. Ogni anno, quando le prime note risuonano nel sambodromo gremito e nelle case di milioni di persone davanti alla TV, un brivido percorre l’anima del paese. Di scuole di samba ce ne sono molte, ma la Mangueira è la Mangueira. Eccola la vecchia guardia, i custodi della tradizione, coloro che garantiscono il rispetto del passato con lo sguardo dritto e aperto nel futuro, entra Jamelão, un gigante del samba e della musica brasiliana, il teatro tutto in piedi, sappiamo cosa canterà: Mangueira, il tuo scenario è una bellezza creato dalla natura… https://www.youtube.com/watch?v=gbZ1KgXwg04

Quando in battaglia un generale uccideva più di cinquemila nemici, al ritorno a Roma gli si concedeva l’onore più alto, l’apoteosi del trionfo. Sfilava sotto l’arco indossando la porpora e la corona di alloro, le sue truppe vittoriose attorno, il popolo in festa. Nel trascorrere dei secoli, il trionfo era concesso solo al conquistatore di una città; l’ultimo di cui si ha notizia fu la lugubre sfilata tedesca nei Champs Elysée di Parigi. In tutte le Americhe il trionfo si trasformò nella cerimonia di entrata del viceré o del governatore della provincia. Pur conservando il suo carattere politico, il trionfo con il Te Deum di ringraziamento e la consegna simbolica delle chiavi della città, diventò una rappresentazione di qualcosa già implicito: il potere. Ma il Re è sempre nudo. Si racconta di città addobbate a festa, le chiome degli alberi decorate con nastri d’oro e fasce colorate e di uomini e donne “senza che fossero coperte le parti che la natura vuole nascondere, ‘como os originais do Brasil”, come gli indigeni originali brasiliani, a rappresentare la purezza delle genti locali. Non più sfilata militare quindi, ma festa di popolo, allegoria, pantomima. I testi antichi riferiscono che, una volta attraversata la linea dell’equatore, all’equipaggio delle caravelle veniva permessa una giornata di festa chiamata o mundo de pernas pro ar, il mondo a gambe all’aria, il mondo alla rovescia. Era il momento supremo del viaggio, in cui un semplice marinaio, mascherato, prendeva il posto del comandante, in una inversione di ruoli e valori che spesso però poteva costargli la vita. Infatti, nel caso lo avessero riconosciuto, gli ufficiali  lo avrebbero buttato a mare senza alcuna esitazione. Un istante di festa, rischiosissimo, ma aspettato, celebrato e vissuto intensamente, la necessaria catarsi di un viaggio estenuante.

É Carnaval, é hora de sambar, peço licença ao sofrimento… “è Carnevale è ora di sambar, chiedo permesso alla sofferenza, un momento, un paio di giorni e dopo ritorno al mio posto”, dice una canzone antica. Il samba: non un ritmo, ma una specie di sospensione del tempo, un momento unico in cui liberarsi da un mondo che incomprensibile non è, anzi, è un mondo di cui si conosce bene l’immanenza e la estrema potenza devastatrice, un mondo capace di annichilire chiunque seduta stante al minimo segnale di debolezza. La storia della musica brasiliana è colma di versi come questo in cui, almeno per un attimo, si chiede una pausa. Il samba, invocazione alla libertà, è l’occasione principale in cui riconoscersi come individui di una comunità: abre as asas sobre mim, apri le tue ali su di me, oh Signora Libertà, dice un verso di una splendida canzone. Affermare la propria identità: eu sou o samba, a voz do morro…, sou natural daqui do Rio de Janeiro, io sono il samba, la voce della favela… e sono nato a Rio de Janeiro. È una licenza poetica. Il samba nasce a Bahia e arriva nella capitale dove smetterà i panni rurali, e indosserà con orgoglio quelli di una nazione intera, sou eu que levo a alegria para milhões de corações brasileiros, sono io che porto l’allegria a milioni di cuori brasiliani. Il samba, quindi, da ritmo ancestrale usato nelle cerimonie religiose, evocazione spirituale, affermazione di identità, si è trasformato in canzone, in samba-canção. Musicalmente, la ricchezza del samba è inestimabile. Si divide in mille rivoli, diventa semplice marcetta di carnevale da cantare in coro durante le feste, motivetti modesti e ingenui (ma non troppo) in cui i doppi e tripli sensi girano sempre intorno agli amores de carnaval, momenti in cui ci si possono prendere alcune libertà licenziose altrimenti vietate. Oppure scherzosi riferimenti ai potenti di turno, come al solito degni di essere sbeffeggiati. È però proprio nella sfilata del sambodromo che il carnevale viene celebrato ufficialmente: il trionfo romano, l’entrata del vicerè, qui si rinnovano, trasformandosi in vera e propria apoteosi popolare. La spontaneità e l’irriverenza dei gruppi di strada, si trasfigura in organizzazione dalla disciplina militaresca, allegorica rappresentazione di un potere senza capi, una anarchia organizzata, un caos predisposto e studiato nei minimi dettagli. Ogni scuola di samba, composta da quattromila persone in media, ha a disposizione poco più di un’ora per poter concludere la sua sfilata. Si comincia sempre con un canto di guerra, poi viene annunciato il samba-enredo (“enredo”, significa “storia, sequenza di avvenimenti”) e finalmente si può cominciare. La scuola di samba è divisa in vari gruppi chiamati alas, ciascun gruppo ha una “fantasia”, un vestito, una maschera diversa, inerente al tema cantato. I carri allegorici rappresentano figurativamente situazioni o personaggi del samba-enredo. Tra i vari gruppi ed i carri, passa finalmente il cuore pulsante della scuola: la “bateria”, un gruppo di quattrocento percussionisti che danno il ritmo a tutta la sfilata. Esistono poi personaggi importantissimi la cui presenza è obbligatoria: la portabandiera, che inseguita dalle danze di un paggio, innalza il vessillo simbolo della scuola; la vecchia guardia, gli anziani, i fondatori, i custodi della tradizione. I ballerini solisti che esaltano la bellezza della musica e della danza. In poco più di un’ora ci si gioca il lavoro di un anno intero. I giudici valuteranno ogni singola ala, la bellezza del samba-enredo, ossia la storia raccontata dalla canzone, le mosse della portabandiera, i carri allegorici, le maschere (as fantasias) e daranno il loro voto.

Mangueira. Non so se vincerà. Ma il samba che presenterà tra qualche giorno è già entrato nella storia. È un grande omaggio a Marielle Franco, l’attivista dei diritti umani e consigliere comunale di Rio de Janeiro assassinata un anno fa. Le indagini indicano come esecutori alcuni componenti delle milizie paramilitari che dominano la città. È noto il loro legame con la famiglia del presidente della Repubblica, una lunga amicizia documentata in mille fotografie e perfino formalizzata qualche anno fa da un omaggio ufficiale del comune di Rio, promosso dal figlio del presidente. La Mangueira canterà Marielle Franco e con lei tutte le donne che hanno fatto la storia del Brasile, tra le tante Dandara, simbolo della resistenza negra, moglie di Zumbí, il leader della rivolta, che lottò al suo fianco fino alla fine nel 1694, e solennemente ignorata dai libri ufficiali: Lasciami raccontare una storia che la storia non racconta, una storia alla rovescia, perché è nella lotta che la gente si incontra, hanno cancellato dai libri che fin dal 1500 più che una scoperta è stata una invasione; dietro l’eroe incorniciato c’è il sangue negro, pestato, umiliato, donne, indigeni, mulatti, io voglio un Paese che non c’è sui ritratti. Brasile il tuo nome è Dandara e il tuo volto è di indio Karirí: la libertà non è caduta dal cielo, né è stata un dono della principessa Isabel: la nostra libertà è un dragone del mare per chi ha resistito come acciaio negli anni di piombo; Brasile! è arrivato il momento di ascoltare tutte le Marielle del paese…, fate largo alla Mangueira, ai suoi eroi… . Un verso stupendo in cui si riassume la storia antica e quella recente di un popolo intero, la lotta contro la schiavitù, la lotta per la libertà negli anni della dittatura, e finalmente la lotta contro le milizie che frequentano la famiglia del presidente e che hanno ucciso Marielle Franco. Un verso stupendo per la nostra gente  che oggi si guarda allo specchio e finalmente può riconoscere se stessa in quello che ha di migliore, la sua cultura, la sua tradizione, la sua musica, la sua arte. Grazie al samba, il samba che ogni brasiliano sente come suo, il samba di tutti noi, il samba della Mangueira.

 

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