Una triste vigilia di Natale. Non poteva essere altrimenti. Sono trentaquattro giorni che Silvia Romano è nelle mani dei suoi sequestratori. E’ stata rapita il 20 novembre scorso a Chakama, il villaggio a 80 chilometri da Malindi, in Kenya, dove la cooperante italiana prestava la sua opera di volontaria per l’organizzazione Africa Milele.

Dal Kenya non arrivano notizie. La polizia si è trincerata dietro il silenzio e il riserbo per “non compromettere le indagini”. Giorni di lavoro incessante che proseguono anche in questi giorni di festa. Forze di polizia, forze speciali, servizi segreti italiani stanno facendo di tutto per riportare in Italia Silvia.

Le uniche notizie certe sono che si trova nell’area del Tana River, a sud del fiume, probabilmente nei pressi della cittadina di Garsen, che è viva e nulla di più. Oggi il vicepremier Matteo Salvini, ha spiegato che “il Ministero degli Esteri sta lavorando giorno e notte. Ci hanno chiesto di non entrare nel merito delle iniziative in corso, siamo fiduciosi e stiamo facendo tutto il possibile, con tutti mezzi che uno Stato ha a disposizione per riportare a casa Silvia”.

La rete intanto nei suoi confronti ha cambiato atteggiamento

E tutti ci auguriamo che questo accada il prima possibile. A oltre un mese dal suo rapimento, anche la “rete” ha cambiato atteggiamento. All’inizio era piena di insulti e stupidaggini del tipo, “adesso quanto ci costa”, oppure “che ci è andata a fare in Kenya”, “se voleva fare volontariato poteva farlo in Italia”.

In pochi hanno sottolineato che una giovane donna è partita per il Kenya per inseguire un suo sogno, il desiderio di essere utile e sentirsi utile, di essere vicina a una popolazione, nella zona in cui operava, che ha poco o nulla. La “rete”, in questi giorni, ha cambiato registro. In molti hanno espresso solidarietà, hanno voluto ricordare e affidarsi al suo sorriso che non si è spento.

La rivista del no-profit “Vita” ha lanciato una campagna per la liberazione della giovane cooperante italiana #Silvialibera. Silvia è stata mossa “da grandi motivazioni – ci ha detto il direttore dei Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro, pochi giorni fa – una spinta ideale bella e pulita. Per questo è ammirabile: spendersi al servizio di chi è stato meno fortunato di noi. Rispettiamola e diciamoci che è un punto di orgoglio che ci siano giovani così rispetto a un mondo, a giovani, che guardano ad altre logiche. Credo che tutto ciò sia un valore. E per questo dobbiamo rispettarla e rispettare le sue scelte”. Per quanto possibile, e fuori da ogni retorica, ci auguriamo che Silvia torni presto e possa festeggiare, anche se in ritardo, un Natale che ora vive nelle mani dei suoi rapitori.

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