Non mi piace. No, non mi piace proprio dover dire: ve l’avevo detto. Il 30 dicembre 2016 in un’assemblea pacifica a sostegno del sindaco di Riace che aveva presentato le sue dimissioni, eravamo in tanti, tantissimi. Si era dimesso perché qualcuno aveva insinuato con delle telefonate anonime, seguite da fumose e discutibili intercettazioni, che il sindaco era corrotto, che stava utilizzando dei fondi pubblici per scopi privati. In realtà nulla di tutto ciò è mai stato provato e le intercettazioni parlavano di utilizzare parte dei fondi per un intervento in Marina anche per la costruzione di un campetto di calcio.

Domenico Lucano, presentando le dimissioni, voleva discutere con i suoi concittadini, capire e chiarire la questione. Il giorno precedente a questa assemblea, dei vandali avevano allagato la Mediateca, luogo di incontro pubblico. Segnali inquietanti. Un brutto presentimento calava così su tutto il paese. Telefonate anonime, pubblicazioni di intercettazioni incorniciate da commenti fasulli di penne conniventi, la Mediateca distrutta.

Da quando Lucano è salito alla ribalta delle cronache mondiali, Riace non ha più pace. A marzo 2016 esce l’articolo di Fortune,  tutto il mondo si accorge di questo mucchietto di case tra i calanchi della Locride e a giugno inizia il calvario. I soldi dell’accoglienza bloccati. Nessuno però ancora pensava a cosa realmente avrebbe scatenato questa notorietà. In quell’assemblea organizzata alla meglio eravamo in tantissimi da tutta Italia e ricordo che dissi ai riacesi di prepararsi al peggio, che quello che stava succedendo era un segnale di inizio delle grandi manovre in vista delle elezioni comunali del 2019 in cui Domenico Lucano non poteva più ricandidarsi. Il futuro era secondo me molto preoccupante e bisognava cercare di rimanere uniti e vicini a questo sindaco coraggioso, simbolo mondiale della solidarietà.

“Siamo in terra di ‘Ndrangheta – dissi – “e Riace è a rischio”. Il progetto di accoglienza diffusa ha portato benessere e impiego, molti giovani sono tornati a lavorare nelle associazioni per l’accoglienza, il paese tutto è rinato.  “Dipende da voi tutti difenderlo. Siamo solo all’inizio”. All’interno del paese c’è chi rema contro, personaggi collusi con la ‘Ndrangheta hanno alimentato dicerie senza fondamento su Lucano e alcuni del suo staff. La sua compagna, Lem Lem, è da sempre malvista e oggetto di continue, pesanti critiche. Saranno proprio queste dicerie ad avviare l’inchiesta della Procura di Locri che nell’ottobre 2017 produrrà un avviso di garanzia al sindaco e dopo un anno gli arresti domiciliari a lui e l’allontanamento forzato della sua compagna, solo chiacchiere, niente prove.

Quella parte di paese che aveva costruito un’impalcatura accusatoria su dicerie e pettegolezzi sapeva di avere ora terreno fertile, che sarebbero riusciti ad allontanare finalmente i responsabili del progetto accoglienza da Riace. I proiettili sparati verso Lucano, l’uccisione dei suoi cani, l’incendio della sua auto non solo non lo avevano fermato, ma hanno aumentato la sua notorietà, questo era ormai chiaro e allora bisognava screditarlo e condannarlo cum lex, umiliare coloro che lo credevano un eroe, farlo apparire un reo di fronte alla sua gente e allontanarlo come il peggior rognoso indegno. Quei racconti infamanti sono giunti anche alle mie orecchie, riferiti come verità anche da personaggi che pubblicamente si palesavano amici di Lucano, scrivevano post di solidarietà e di sostegno al progetto. Personaggi che si sono costruiti anche una notorietà grazie a queste dichiarazioni. Sto ricostruendo i fatti e mettendo insieme testimonianze, la verità uscirà fuori e qualcuno pagherà anche per questo.

Per ora quello che emerge chiaramente agli occhi di tutti è che c’è una regia dietro tutto ciò. Il blocco dei finanziamenti della Prefettura, immotivato e ingiustificato, guarda caso da giugno 2016, subito dopo il boom di notorietà originato da Fortune, le inchieste ripetute, le relazioni (quelle positive) consegnate con un anno di ritardo, il vice Prefetto, Francesco Campolo che nella sua relazione descriveva Riace come una favola e ne richiedeva lo sblocco immediato dei fondi, subito rimosso e trasferito, tutto porta a questa conclusione. L’accanimento politico di una scelta xenofoba di questo governo si incastra con la torbida trama di questi personaggi che sognano di riappropriarsi del paese e di tutti gli arretrati (2 milioni di euro, mica bruscolini) che prima o poi verranno inviati per la gestione dell’accoglienza. Non si vuole solo fermare un progetto di accoglienza solidale, un esempio di come il fenomeno migratorio non sia un problema. ma una risorsa concreta, si vuole riconquistare una zona che coraggiosamente si è affrancata dalla ‘Ndrangheta. Ora con quest’ultimo provvedimento di obbligo di dimora fuori da Riace, chi voleva liquidare Lucano pensa di aver vinto. Non sarà così non solo perché in tanti lo speriamo, ma perché questa storia è arrivata alle orecchie e al cuore di tutti , ha varcato i confini ed appartiene a tutti quelli che stanno dalla parte degli zero, contro le ingiustizie. Caro Mimmo, non sei solo.

 

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