Un mese dopo l’incontro-spettacolo di Singapore fra Trump e Kim del 12 giugno che sembrava avere disinnescato definitivamente le minacce della questione coreana, riportai due articoli autorevoli che smorzavano molto gli entusiasmi iniziali (https://www.pressenza.com/it/2018/07/che-cosa-rimane-dopo-lincontro-spettacolo-trump-kim-di-singapore-molto-fumo-ma-poco-arrosto/). Il prossimo 12 settembre saranno tre mesi dall’incontro e le prospettive non sembrano affatto incoraggianti, o per lo meno lontanissime dalle aspettative che si erano crate. Una circostanziata analisi pubblicata dal Bulletin1 afferma che “I negoziati degli Usa con la Corea del Nord sui programmi nucleari di quest’ultima sembrano avere incontrato un grave ostacolo”.

Pyongyang ha effettivamente sospeso i test nucleari e missilistici, ed ha parzialmente distrutto i propri siti nucleari, ma entrambi questi passi vengono giudicati reversibili, non definitivi. La reiterata richiesta perentoria di Trump (tramite il Segretario di Stato Mike Pompeo) di “denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile” ha incontrato in questi mesi le (comprensibili) resistenze di Pyongyang. Con lo stile che ormai conosciamo dell’amministrazione Usa, non è chiaro quale sarebbe la contropartita per la Corea del Nord, a parte un alleggerimento delle sanzioni e la rimozione del paese dagli Stati che sostengono il terrorismo. Sembra un po’ poco per Kim che, citando esplicitamente il “modello Iraq” e “Libia”, ha sempre chiarito di considerare l’armamento nucleare come una sorta di “assicurazione sulla vita”. La promessa che Trump avrebbe fatto a Kim durante il Summit, di chiudere definitivamente la Guerra di Corea (che, ricordiamolo, fu “sospesa” da un Armistizio, cioè una sospensione della attività militari, ma dal 1953 non è mai stato firmato un vero Trattato di Pace che concluda quella guerra) sembra rimasta per l’aria.

Così “i negoziati con Pyongyang potrebbero essere sul punto di crollare”. Trump ha recentemente cancellato il viaggio programmato da Pompeo, mentre l’amministrazione negli ultimi giorni ha tentennato sulla sospensione delle esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud, che era una delle concessioni del Summit di giugno.

La grande speranza era riposta dal fatto che le due Coree avevano mostrato dall’inizio di quest’anno la volontà di prendere nelle loro mani il proprio destino, e certamente questa volontà aveva avuto un forte peso nella realizzazione del Summit di Singapore, superando i tentennamenti di Trump fino all’ultimo. Ma personalmente non ho letto notizie importanti sulla prosecuzione della cooperazione fra Pyongyang e Seul.

Sembra pertanto difficile formulare valutazioni più precise con lo poche informazioni che circolano, e il disinteresse che sembrano mostrare gli organi d’informazione che in precedenza sguazzavano in queste notizie. Sarebbe bene che invece l’opinione pubblica riprendesse a esercitare una forte pressione, sia sul problema della Corea del Nord sia sulla disdetta unilaterale da parte degli USA dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015, che a mio parere apre scenari ancora più allarmanti: perché è la minaccia dell’olocausto nucleare che continua a incombere sul destino dell’intera umanità, finché non riusciremo a imporre la definitiva eliminazione di queste armi.

1 Perry Worls House (Hub della University of Pennsylvania), “The current US negotiating strategy with North Korea is doomed”, Bulletin of the Atomic Scientists, 30 agosto 2018, https://thebulletin.org/2018/08/the-current-us-negotiating-strategy-with-north-korea-is-doomed/?utm_source=Bulletin%20Newsletter&utm_medium=iContact%20email&utm_campaign=August31.