Ginevra, 28 settembre 2018-  una giornata storica oggi, una svolta netta per contadini, popolazioni rurali e non solo. Riconoscere formalmente i diritti di queste comunità è per l’intero pianeta speranza per un futuro migliore, più giusto, equo e salubre.

I contadini e coloro che vivono in zone considerate rurali sono da sempre i primi a vedere i propri diritti fondamentali -come il diritto al cibo, all’acqua e alla terra- limitati o addirittura negati, così come accade per i diritti politici e civili.

L’adozione della Dichiarazione sui Diritti dei Contadini non riguarda però solo piccoli agricoltori e popolazioni rurali, riguarda tutta la popolazione mondiale. È noto che i contadini con il loro lavoro sono gli unici a poter garantire un vero diritto al cibo e una vera sovranità alimentare, in particolare nei paesi in via di sviluppo dove forniscono fino all’80% del cibo consumato a livello locale. La produzione contadina non è un’alternativa a quella intensiva, è bensì l’unica possibilità per garantire in futuro un’alimentazione sana alla popolazione mondiale in costante crescita ed è anche l’unica strada percorribile per contrastare i cambiamenti climatici e l’erosione costante della biodiversità. Per questo l’adozione odierna della Dichiarazione sui diritti dei contadini da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite non è una grande vittoria solo per contadini, popolazioni rurali e addetti al settore ma è una vittoria per l’umanità intera.

Dal tabellone dei risultati (in foto) è semplice determinare i due blocchi contrapposti: da una parte vi è il gruppo degli astenuti che, con l’eccezione del Brasile (la sua astensione è un messaggio molto forte considerando il ruolo e il numero di contadini e campesinos nel paese) e della Corea del Sud, rappresenta il fronte europeo; la mancata presa di posizione potrebbe essere interpretata come una volontà ostruzionistica nei confronti del documento; vi è poi il blocco dei contrari, solo tre, rappresentati da Australia, Regno Unito e Ungheria. In questo secondo gruppo si può ravvisare da una parte un mai sopito spirito colonialista che di certo non fa, ne ha mai fatto o farà, dei diritti umani la propria bandiera; vi è poi il voto contrario dell’Ungheria, paese che non possiede una vera vocazione agricola dato che vede solo il 5% della popolazione impegnata in attività agricole e che, soprattutto, non è di certo noto per il rispetto di diritti umani in tutte le loro forme.

L’adozione della Dichiarazione, che ora attende l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è frutto di anni di battaglie sociali e politiche intraprese da ONG, organizzazioni e associazioni contadine e della società civile e altre realtà impegnate nella lotta per i diritti.

Ringraziamo La Via Campesina, che ha perorato la causa risultando determinante per l’adozione della Dichiarazione e SPI (Serikat Petani Indonesia), membro de La Via Campesina, rappresentato dal Segretario Henry Saragih.

 

 

Articolo di Mariapaola Boselli per Centro Internazionale Crocevia