Lunedì 18 giugno alle ore 20.45 presso il foyer del Teatro Sociale di Como l’associazione Como Accoglie organizza la presentazione del rapporto di Medici Senza Frontiere “Fuori Campo 2018 – Insediamenti informali, marginalità sociale, ostacoli all’accesso alle cure e ai beni essenziali per migranti e rifugiati”.

Il rapporto sarà illustrato dal curatore  Giuseppe De Mola, con la partecipazione di Nello Scavo (giornalista dell’Avvenire attivo nei teatri internazionali di crisi, in particolare nel Nord Africa). Per quanto riguarda la situazione di Como, interverranno don Giusto Della Valle (parroco di Rebbio), Beppe Menafra (Porte Aperte) e Valeria Gabaglio (Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti).

Il rapporto 2018 prosegue l’indagine contenuta in “Fuori campo 1 – Richiedenti asilo e rifugiati in Italia: insediamenti informali e marginalità sociale”, ed è il frutto del monitoraggio costante compiuto nel 2016 e 2017 e della collaborazione con una fitta rete di associazioni locali. Il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, ampliatosi fino a raggiungere poco più di 180.000 posti al 31 dicembre 2017, continua a fondarsi in massima parte su strutture di accoglienza straordinaria, con scarsi servizi finalizzati all’accompagnamento all’inclusione sociale. Nel paese permangono ampie sacche di marginalità in contesti urbani e rurali. Soprattutto nelle città gli sgomberi forzati in assenza di soluzioni abitative alternative hanno come risultato la frammentazione degli insediamenti informali: migranti e rifugiati vivono in luoghi sempre più nascosti, in una condizione di crescente paura e frustrazione, e con contatti sempre più limitati con i servizi territoriali, inclusi quelli sanitari.

A causa di barriere amministrative e nonostante le leggi vigenti, per migranti e rifugiati negli insediamenti informali, in possesso di un titolo di soggiorno o meno, si riducono le possibilità di accesso alle cure, a cominciare da quelle di medicina generale: i presidi di pronto soccorso ospedalieri sono spesso l’unica porta di accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Più di venti persone negli ultimi due anni sono morte nel tentativo di attraversare le frontiere con Francia, Austria e Svizzera. I migranti subiscono ripetuti respingimenti ai confini, spesso accompagnati da violenze, come testimoniano le situazioni di Bardonecchia e di Ventimiglia.

In tutta Italia si registra la presenza di volontari e attivisti che prestano gratuitamente la loro opera in favore dei migranti esclusi dall’accoglienza, favorendone l’accesso ai beni essenziali e alle cure: l’opposizione subita per questo impegno è culminata in alcuni casi in procedimenti giudiziari a loro carico.

Numerosi gli interventi diretti di Medici Senza Frontiere. A Como e Ventimiglia l’organizzazione ha realizzato un programma di primo soccorso psicologico per le popolazioni in transito, integrato a Ventimiglia da un intervento sulla salute della donna. A Roma ha avviato un’attività di medicina generale e supporto psicologico all’interno di edifici abbandonati dove uomini, donne e bambini (anche senza tetto di nazionalità italiana) vivono in condizioni indegne. A Bari e Torino ha operato all’interno di edifici occupati, cercando di superare la marginalità dei residenti facilitando il loro accesso alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale.

In tutta Italia sono almeno 10.000 le persone escluse dall’accoglienza, tra richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche: la distribuzione degli insediamenti risulta parcellizzata e capillare sull’intero territorio nazionale.

A Como la situazione risulta addirittura peggiorata rispetto a quanto riportato nel Rapporto: secondo fonti accreditate (Tavolo della Grave Marginalità, Osservatorio Giuridico), sono tra 250 e 300 le persone che trovano ospitalità solo in strutture informali o addirittura per strada. Di questi, oltre due terzi sono migranti, molti dei quali con permesso di soggiorno. Una situazione che la blindatura dell’autosilo Val Mulini, senza sostituzione con altri luoghi di accoglienza, ha solo peggiorato. Anche il costante e accresciuto intervento delle organizzazioni umanitarie risulta insufficiente a contrastare il degrado umano e sociale di una situazione che da una parte aumenta il disagio e l’insofferenza di una parte della cittadinanza, dall’altra aumenta il rischio del reclutamento da parte della criminalità organizzata dei più esposti tra i migranti, che vengono indirizzati verso l’accattonaggio, la prostituzione e lo spaccio di droghe. Con buona pace della sicurezza e della tranquillità dei cittadini.