Lo scorso 21 maggio il teatro Sociale di Trento ha ospitato la sesta edizione della Bruno Kessler Lecture, un appuntamento annuale diventato ormai una bella abitudine per fare il punto sull’impegno di FBK nella valorizzazione di riflessioni e idee su ricerca, investimento e azione, alla luce di un piano strategico che dal 2017 e per i prossimi 10 anni disegna un progetto olistico, combinando aspetti tecnologici, etici, di memoria e di valutazione anche nella prospettiva di orientare le scelte dei giovani verso il loro futuro. Un futuro che, quando parliamo di tecnologia in Italia, comincia nel 1962, da un’idea visionaria di Bruno Kessler non solo per il Trentino, ma in generale per la ricerca nazionale ed europea in questo ambito: dedicare risorse all’educazione, all’internazionalizzazione e all’innovazione è una prospettiva imprescindibile per la crescita di un territorio e solo coniugando università ed enti di ricerca si può immaginare una vita migliore. Non a caso, nascevano in quegli anni l’Università di Trento e l’Istituto Trentino di Cultura (ITC, ora FBK), che poco dopo ha ospitato in città alcuni tra i ricercatori più stimati del tempo sul tema dell’intelligenza artificiale, facendo diventare l’Istituto un centro culturale europeo del settore. Oggi la Fondazione Bruno Kessler ha tra i propri obiettivi anche quello di rendere accessibili gli oggetti e i risultati di studi e ricerche,riconoscendo nella scienza un aiuto per le grandi sfide del futuro, dal rendere le città più vivibili all’aprire nuove frontiere per le cure sanitarie.

Gli ingredienti dunque del dibattito ospitato in occasione della Lecture sono stati due: uomo e tecnologia. A riflettere sul loro rapporto Piero Angela, divulgatore scientifico, giornalista e conduttore televisivo, in dialogo con Francesco Profumo, ex Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca del Governo Monti  (2011-2013) e ora presidente di FBK. Parlare di uomo e tecnologia vuol dire essenzialmente capire quali siano le regole condivise per una relazione non sempre facile e mai scontata: definire i contorni del cambiamento non significa limitare la diffusione di processi di innovazione, significa piuttosto promuoverla nel modo giusto, ovvero disciplinando senza ostacolare e facendo in modo che l’innovazione sia solo ultimo anello di una filiera virtuosa che parte dalla formazione.

Il momento attuale, a dieci anni dall’entrata prepotente degli smartphonenelle nostre vite, è forse il momento più adatto per proporre una riflessione sul tema delle regole, luogo delicato per una discussione che ha però un impatto determinante e che coinvolge anche da vicino le scelte della politica, la quale deve assumersi “la responsabilità di offrire ai cittadini il meglio della formazione che può garantire, perché un territorio con cittadini forti è un territorio forte” (Sara Ferrari, Assessore all’università e ricerca, politiche giovanili, pari opportunità, cooperazione allo sviluppo). Eppure, anche l’incontro con la tecnologia rappresenta per l’uomo un ulteriore passo verso il decentramento: se Copernico l’ha spodestato dal centro dell’Universo, Darwin dal centro della natura e Freud dal centro di se stesso, è Alan Turing, matematico e filosofo britannico, a mettere in dubbio la centralità del suo pensiero rispetto alla tecnologia, ponendosi una domanda tanto semplice quando sconvolgente: “Le macchine possono pensare?” Un quesito che rimane ancora attuale e che va indiscutibilmente accompagnato da una necessaria riflessione sull’etica e da una costante opera di informazione: divulgare diventa quindi, date queste premesse, il modo più efficace per strappare i risultati della ricerca ai contesti di nicchia. Il mondo è nuovo, e per spiegarlo occorre capirlo: divulgare è prima ancora un fatto di comprensione e conoscenza, che Piero Angela promuove da anni con spirito spigliato e competenza. Spiegare concetti complessi con immagini efficaci, a volte divertenti, in ogni caso alla portata di ciascuno, è un dono non scontato, certo, ma è anche frutto di uno studio curato e continuo e di una vasta preparazione. Che porta in luce, anche attraverso aneddoti e ricordi personali, una provocazione cruciale, non solo per il mondo della scuola: la scienza si studia ancora troppo poco, e quando accade il focus sono i contenuti ma molto meno il metodo, l’etica e la pervasività delle scoperte scientifiche, a fronte anche di un vasto e curioso pubblico cui spesso mancano però le chiavi di accesso e gli strumenti per comprendere la complessità.

Perché la tecnologia porta discontinuità: e allora “occorrerebbe tenere su ciascun banco di scuola uno di quei vecchi bilancieri di un tempo, per ricordare che gli equilibri vanno mantenuti, che per ogni cosa che si chiede c’è qualcosa che si deve dare, che non esiste traguardo senza uno sforzo “in cambio””, parole che Angela rivolge non solo ai ragazzi e alle ragazze presenti in sala, ma anche agli adulti che ne accompagnano la crescita,incoraggiandoli all’approfondimento e alla pratica della curiosità, per un’alleanza tra mondo della formazione e mondo del lavoro che va costruita con cura, attenzione e, perché no, anche un sano umorismo. E in questo, bisogna ammetterlo, Angela rimane maestro indiscusso anche alla soglia dei 90 anni.

Articolo di Anna Molinari

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