Un grande sciopero di medici, portuali e dipendenti del trasporto pubblico ha attraversato nelle scorse settimane le vie di Atene, dimenticata capitale del fallimento europeo. Ragione dello sciopero non è la povertà diffusa, il mancato pagamento degli stipendi, la carenza di medicinali negli ospedali, no, a questo i greci si sono abituati. È l’introduzione di una legge che limita il diritto di sciopero. La norma è inserita nell’ultimo, ennesimo, pacchetto di misure di austerità imposto dai creditori. Oh no, non si tratta di una cosa grave, solo una piccola correzione della percentuale di adesioni necessarie per poter indire uno sciopero, ma si sa com’è, i diritti si erodono un poco alla volta, senza clamore, finché non ne resta più nulla. Così i greci scioperano per il diritto di sciopero in un paese guidato – udite udite – da un partito che si definisce “social-democratico” e “marxista”, quello di Alexis Tsipras e dell’altra Europa che, a ben vedere, sembra uguale all’originale.

La sinistra europea è al capolinea, tutta: crollano i partiti di ispirazione social-liberale, si frantumano e polverizzano i movimenti più radicali, rovinano formazioni sopravvissute persino al crollo del comunismo, trasformatesi e riformatesi negli ultimi vent’anni cercando di adeguarsi alle nuove esigenze dell’epoca. A cosa si deve questo tracollo? Forse all’essersi troppo adeguati, all’aver spinto troppo in là il riformismo, abbracciando dottrine economiche e sociali che, di sinistra, hanno sempre meno, nell’illusione che lo zeitgeist del nuovo secolo fosse tutto globalizzazione e liberismo. Forse, per altri, il tracollo si deve all’aver troppo indugiato in sogni novecenteschi, magliette di cheguevara, coltivando chimere del bel tempo che fu, quando c’era lo zio Beppe a guidare le magnifiche sorti e progressive che poi tanto magnifiche non erano.

Di sicuro, per tutti, il crollo si deve all’aver dimenticato i lavoratori. I lavoratori tutti, non gli operai, che non ci sono più, ma quella grande massa di persone private della propria dignità personale in nome della flessibilità, tanto cara a una visione liberista della società, che nei fatti è precarizzazione. Insomma, ingiustizia sociale. La sinistra europea ha appoggiato quando non promosso misure che hanno reintrodotto norme feudali, come il lavoro a chiamata o quello accessorio, privando i cittadini di strumenti contrattuali, riducendo gli spazi della negoziazione, fino ad atomizzare il lavoro, mettendo tutti contro tutti, e persino poveri contro poveri.

La sinistra europea ha tradito i lavoratori, e il tradimento si paga.

Si è visto in Francia, dove il partito socialista è uscito distrutto da anni di governo in cui non ha saputo dare risposta al malessere sociale, e dove ora il bel Macron – fumo negli occhi della sinistra giovanilista, insieme al Picketty – sta forzando la mano proprio sul lavoro allo scopo di introdurre precarietà a dosi massicce. E si è visto in Germania dove, dopo anni di grandi coalizioni, l’SPD è diventato stampella di esecutivi votati a ridurre i diritti sul lavoro (no, la Germania non è il paradiso dei lavoratori che alcuni decantano!). I cittadini tedeschi si aspettavano di più da un partito che vanta, tra i suoi padri nobili, Karl Marx. Si aspettavano cioè di non dover calare le brache di fronte al dogma della produttività, di non trovarsi a fare i conti con uno stato sociale punitivo come quello incarnato dal Piano Harz, un inferno voluto dal governo socialista di Gerhard Schröder e che, dal 2005, toglie dignità a coloro che sono socialmente più deboli. E infine, si è visto anche in Italia dopo le ultime elezioni, e c’era da aspettarselo.

È un fenomeno europeo, dicono i politici di sinistra a propria discolpa, ma è proprio la dimensione europea che li inchioda: il tradimento dei lavoratori è andato di pari passo con l’adesione supina alle misure imposte da Bruxelles, ovvero a una visione dell’economia tutta votata al mercato e alla finanza, che ha visto nell’austerità uno strumento punitivo piuttosto che correttivo. Non a caso i creditori che oggi impongono una revisione del diritto di sciopero in Grecia sono la Banca centrale europea e la Commissione europea, oltre al Fondo monetario ovviamente. L’aver sostenuto, appoggiato, approvato norme siffatte (si pensi al famigerato pareggio di bilancio in Costituzione) costituisce anche un secondo tradimento, quello democratico: accettando cioè di farsi dettare l’agenda economica da un organismo scarsamente rappresentativo della volontà popolare, in parte sottratto a qualsiasi controllo di natura democratica, i partiti di sinistra hanno mancato nel correggere, limitare, fermare le derive dell’Unione. O forse non hanno voluto, accecati dal mito mitterandiano dell’euro-socialismo. Ma non era certo per questa Europa che Spinelli si è fatto il confino.

La crescita dell’estrema destra in Europa occidentale è collegata al fallimento delle sinistre.

È così che va se tradisci il lavoro. Lasci uno spazio politico che viene riempito dalla canaglia. Il tradimento dei lavoratori e dei cittadini si paga. Le forze reazionarie sanno cogliere questo malcontento. Lo useranno a quali fini? Occorrerà aspettare ancora un decennio prima che la sinistra comprenda l’errore storico che ha compiuto. Prima che ci si renda conto che rappresentare i lavoratori – vocazione e missione della sinistra – significa comprenderne le paure, trovare risposte, difendere i ceti meno abbienti e quelli intermedi dalle storture e della aggressioni del mercantilismo, opponendosi allo zeitgeist, individuando strade nuove, riaffermando il primato della politica sull’economia, smantellando se necessario quelle istituzioni che rendono i cittadini servi della gleba. Occorre che la sinistra comprenda che quelli che prima, anche decenni fa, votavano per i partiti comunisti o socialisti occidentali, sono esattamente gli stessi che oggi votano per i fronti nazionali e le leghe alternative. Ci vorrà tempo ma è necessario che la sinistra faccia piazza pulita dello snobismo intellettuale che vede negli altri, quelli che votano per la reazione, una massa di buzzurri ignoranti nemici del popolo. È quello il popolo.

Oh, il popolo, vituperata parola una volta cara alle bandiere rosse! La fiumana del quarto stato è ancora lì, e sempre più genti a ingrossarla. Il colore della bandiera conta. Non si può lasciare in mano alle destre sociali, ai movimenti reazionari, la difesa delle istanze popolari poiché quelli le useranno per fini assai poco democratici. Smantellare l’Europa a colpi di post-fascismo non è una soluzione ma ripensarla è necessario, perché c’è un nesso evidente tra misure economiche europee, vincoli comunitari, dottrine votate all’austerità e politiche del lavoro nei singoli paesi. È tempo che la sinistra europea torni a farsi espressione di questa fiumana lasciando da parte il conformismo europeista e la fascinazione finanziaria. Nel frattempo preghiamo che l’Europa ci sia ancora, che non restino solo macerie umane e materiali dopo la presa del potere delle forze reazionarie e delle loro parole d’ordine a passo dell’oca.

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