Questa settimana migliaia di lavoratori universitari del Regno Unito – docenti, ricercatori e staff di sostegno – hanno deciso di rifiutare un compromesso offerto dalle università e di continuare lo sciopero in difesa delle loro pensioni.

Lo sciopero, indetto dal sindacato UCU in risposta al tentativo di riforma del fondo pensionistico per i lavoratori universitari, è adesso diventato il più grande nella storia del settore accademico e il più duraturo e risoluto che il paese abbia visto negli ultimi anni.

Mentre lo sciopero entrava nella sua quarta settimana, la sera di lunedì è arrivata la notizia che i negoziati condotti a livello nazionale tra sindacato e datori di lavoro nel settore universitarie avevano prodotto una prima bozza di accordo. Quando i dettagli dell’accordo sono stati pubblicati è però rapidamente emerso che i lavoratori avrebbero dovuto accettare un aumento dei contributi pensionistici e una sostanziosa diminuzione delle erogazioni. In più, il testo prevedeva che gli scioperanti si impegnassero a riprogrammare le lezioni perse durante lo sciopero – offrendo, in pratica, lavoro gratuito per compensare le ore perse nelle settimane precedenti.

Nelle ore successive alla pubblicazione del testo dell’accordo, centinaia di scioperanti hanno cominciato a esprimere il loro dissenso sui social media e a spingere perché l’accordo venisse rifiutato. Su twitter, l’hashtag #nocapitulation è diventato rapidamente tra i più utilizzati nel paese. La rabbia degli scioperanti – che venivano da più di dieci giorni di picchetti e manifestazioni spesso nel freddo e nella neve – era in parte diretta verso la dirigenza del sindacato, accusata di voler svendere lo sforzo dei membri, accettando condizioni peggiori di quelle attuali.

Nella mattina di martedì, decine di sezioni del sindacato in tutto il paese hanno organizzato delle riunioni di emergenza di tutti i membri per discutere della proposta di accordo e votare delle mozioni chiedendone il rifiuto. Nel giro di poche ore, più di cinquanta sezioni locali avevano votato contro l’accordo, approvando la mozione a stragrande maggioranza e spesso addirittura all’unanimità. Alle 11, in una riunione indetta a Londra dalla dirigenza nazionale con i delegati di tutte le sezioni locali, un rappresentante dopo l’altro ha messo in chiaro che questo accordo non era quello per cui i membri avevano lottato nelle settimane precedenti e che si sarebbe dovuto tornare al tavolo delle trattative. Mentre fuori dalla sede del sindacato si riunivano centinaia di persone che chiedevano di rifiutare la capitolazione, il comitato centrale di UCU ha finalmente riconosciuto la posizione espressa democraticamente dalla base e ha annunciato il rifiuto dell’accordo e la continuazione dello sciopero e dei negoziati.

La prima fase dello sciopero si concluderà venerdì 16 marzo e ora sono in corso discussioni su come intensificare ulteriormente l’azione. La cosa più probabile è l’annuncio di una nuova ondata di scioperi dopo Pasqua, in occasione del periodo degli esami. Nel frattempo continuano le azioni in sostegno degli scioperanti portate avanti dal movimento studentesco. In 17 università sono in corso delle occupazioni, attraverso cui gli studenti vogliono esercitare ulteriore pressione sulle autorità accademiche e allargare l’azione per mettere in discussione l’intero sistema mercificato che sta alla base dell’università britannica e rivendicare un’università libera e gratuita per tutti.