ASGI esprime sconcerto per l’avvenuto sequestro della nave della ONG ProActiva Open Arms da ieri ormeggiata nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove erano stati portati in salvo 218 migranti e per l’ipotizzato reato di associazione a delinquere per traffico internazionale dei migranti elevato a carico del comandante della nave e del coordinatore della ONG.

Durante le operazioni di soccorso la nave Open Arms era sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ONG a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone : stante le anticipazioni di stampa, detto comportamento starebbe alla base delle durissime accuse mosse dal procuratore Zuccaro, lo stesso che nella primavera ed estate 2017 si era distinto per molteplici annunci sulla stampa nazionale ed internazionale in relazione al presunto ruolo opaco delle organizzazioni umanitarie che operano nel campo del soccorso dei migranti nel mare Mediterraneo.

Nessuna delle annunciate inchieste del procuratore Zuccaro ha avuto alcun seguito giudiziario di qualche spessore, ma, sicuramente, il clima velenoso scaturito anche da quelle iniziative ha inaugurato nel nostro Paese la folle stagione della criminalizzazione della solidarietà i cui drammatici esiti, in termini di logoramento della qualità della vita democratica, sono sotto gli occhi di tutti.

In attesa di conoscere nel dettaglio gli elementi a fondamento dell’indagine e della decisione di sequestrare la nave Open Arms, sul piano giuridico ASGI evidenzia che:

1)  tanto le norme in materia di soccorso alle persone in mare quanto quelle relative al contrasto alla tratta di esseri umani impongono agli Stati il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di rifugiati, tra i quali il “principio di non respingimento”. Il salvataggio con rinvio in Libia dei migranti che, da detto Paese, stanno fuggendo viola le convenzioni internazionali sul soccorso in mare perché nessun porto libico può attualmente essere considerato “luogo sicuro” ai sensi della Convenzione per la ricerca e il soccorso in mare del 1979 (SAR). Nessuna delle condizioni richieste dal diritto internazionale marittimo e dal diritto internazionale in materia di asilo può essere soddisfatta in Libia sia in ragione dello stato di guerra civile in cui versa il Paese, sia in ragione della radicale mancanza di qualsiasi possibilità di garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali ai cittadini dei Paesi terzi che si trovano in Libia e a coloro che vi vorrebbero chiedere protezione internazionale. Nessun  rifugiato può ottenere protezione in Libia non sussistendo alcuna norma di diritto interno che lo preveda e tutti i rifugiati, comunque presenti sul territorio libico, sono oggetto di detenzione arbitraria nelle carceri, in condizioni disumane e in generale sono oggetto di violenze sistematiche.

2) Anche in ragione della mancanza di adeguati requisiti per essere riconosciuta dall’International Maritime Organisation (IMO) si deve ritenere che un’area SAR libica non esista e che, dunque, non sussistendo la responsabilità di alcuno Stato sull’area del mar libico a sud di quella maltese e confinante con le acque territoriali della Libia, la prima centrale MRCC contattata ha la responsabilità giuridica di attivarsi per salvare le barche dei migranti e dei rifugiati in pericolo e per condurli in un porto sicuro.

ASGI attende l’esito delle indagini che si augura siano doverosamente rapide al fine di evitare l’incessante alimentarsi della macchina del fango sui soccorsi.

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