L’Aquarius, noleggiata da SOS MEDITERRANEE e gestita in partnership con MSF (Medici senza Frontiere), ha soccorso 808 persone in mare in meno di una settimana: 387 nel corso di 3 operazioni di salvataggio mercoledì 23 e giovedì 24 novembre e 421 sabato 25 novembre in una singola operazione di soccorso di una imbarcazione di legno sovraccarica.

L’imbarcazione di legno è stata individuata sabato mattina tramite sorvolo e poi avvicinata da una nave mercantile. Le operazioni di soccorso sono iniziate alle 13:30 e hanno avuto luogo a 24 miglia nautiche dalla costa libica ad est di Tripoli sotto la coordinazione del MRCC (Centro di Coordinamento per il Soccorso Marittimo) di Roma. Al termine di queste operazioni, che sono durate tre ore, tutti le 421 persone stipate su una sola imbarcazione sono stati trasferite sane e salve a bordo della nave Aquarius e prese in carico dal team medico di MSF (Medici senza Frontiere).

«La professionalità della squadra dei soccorritori ha reso possibile di portare a buon fine un’operazione di soccorso delicata. L’imbarcazione di legno era così sovraffollata da risultare molto instabile. Un momento di panico a bordo sarebbe stato sufficiente a farla capovolgere senza lasciare alcuna possibilità di salvezza per queste persone, tra cui le numerose donne e i molti bambini ammassati nella stiva. Grazie al sangue freddo del team e alle favorevoli condizioni meteorologiche il peggio è stato evitato», ha spiegato Nicola Stalla, coordinatore dei soccorsi per SOS MEDITERRANEE.

Al termine delle operazioni di soccorso, conformemente alla procedura, le coordinate esatte della posizione dell’imbarcazione di legno sono state inoltrate alle autorità competenti, che hanno mandato di procedere alla sua distruzione. Lo sbarco dei 421 sopravvissuti nel porto di Catania in Sicilia è previsto lunedì mattina. Molti naufraghi mostrano le cicatrici della violenza, segni di malnutrizione, disidratazione e di stanchezza estrema. Una donna incinta di nove mesi, che ha avvertito le prime contrazioni a bordo dell’imbarcazione di legno, è stata affidata alle cure dell’ostetrica di MSF a bordo dell’Aquarius.

Trasferiti da Sabratha a Bani Walid «a causa della guerra»

Secondo le testimonianze raccolte a bordo dai volontari di SOS MEDITERRANEE, i sopravvissuti soccorsi sabato facevano parte di uno stesso gruppo detenuto per diversi mesi a Sabratha, poi di recente trasferito a Bani Walid, conosciuto per essere un centro nevralgico del traffico di esseri umani in Libia. «Eravamo tutti nella stessa prigione a Sabratha. Un mese fa, a causa della guerra, siamo stati separati in gruppi di 20 persone, caricati su dei furgoni e trasferiti a Bani Walid e poi ammassati in un’altra prigione, dove abbiamo trascorso un mese. Ieri (il giorno prima del soccorso, ndr) siamo stati trasferiti in un altro posto, una spiaggia dove siamo stati costretti ad aspettare in pieno sole, senza né acqua né cibo. L’imbarcazione ha lasciato la Libia attorno alle 6 del mattino», ha raccontato un ventiseienne eritreo ai volontari di SOS MEDITERRANEE. «Nelle prigioni venivamo picchiati con cavi elettrici. I libici non hanno umanità. Tutti noi eravamo proprietà dello stesso uomo, ‘the boss’, l’intero gruppo. Altre 600 persone appartenevano a un altro boss. Nessuno paga lo stesso prezzo per il viaggio in mare. Alcuni hanno pagato 1.000 dollari, mentre un altro mi ha detto di averne pagati 6.000», ha aggiunto lo stesso testimone.

Epilogo di una drammatica settimana nel Mediterraneo

Dopo aver soccorso 387 persone il 22 e 23 novembre e aver rinvenuto giovedì il corpo senza vita di una giovane donna a bordo di un gommone, l’equipaggio dell’Aquarius è stato venerdì testimone inerme dell’intercettazione di diverse imbarcazioni in acque internazionali da parte della Guardia Costiera libica. Venerdì mattina all’alba l’Aquarius ha individuato una prima barca in pericolo in acque internazionali a 25 miglia nautiche dalla costa a est di Tripoli e poi una seconda, ma ha ricevuto l’ordine di restare in “stand-by” poiché il coordinamento di queste due operazioni di soccorso era stato assunto dalla Guardia Costiera e dalla Marina libiche. L’equipaggio dell’Aquarius rimasto a distanza, rispettando le istruzioni ricevute dalle autorità italiane e per motivi di sicurezza vista la presenza di unità libiche, è stato così testimone in acque internazionali dell’intercettazione di queste due imbarcazioni in pericolo, mentre la sua proposta di assistenza veniva declinata dalla Guardia Costiera libica. «Abbiamo individuato un gommone che sapevamo, considerate le condizioni meteo e le condizioni dell’imbarcazione stessa, poteva rompersi e affondare da un momento all’altro. Siamo rimasti pronti ad intervenire con il nostro team di soccorritori e il nostro equipaggiamento professionale. Durante le quattro ore di stand-by le condizioni meteo sono peggiorate, aumentando così il rischio di naufragio. Eravamo pronti a lanciare le operazioni di soccorso in ogni momento», ha spiegato Nicola Stalla.

«Questo drammatico avvenimento è stato estremamente duro per i nostri team, costretti a osservare impotenti operazioni che conducono a rimandare in Libia persone che fuggono da quello che i sopravvissuti descrivono come un vero inferno e che noi non abbiamo mai cessato di denunciare dall’inizio della nostra missione nel Mediterraneo. SOS MEDITERRANEE, organizzazione europea di salvataggio in mare della società civile, non può accettare di vedere essere umani morire in mare, né di vederli ripartire verso la Libia quando la loro imbarcazione è intercettata dalla Guardia Costiera libica. Nonostante le condizioni attuali particolarmente difficili in alto mare il nostro dovere è di restare presenti per soccorrere coloro che cercano di fuggire dall’orrore dei campi libici, per proteggerli e per continuare a testimoniare la realtà vissuta da questi uomini, donne e bambini in cerca di protezione», ha dichiarato Sophie Beau, cofondatrice e vice Presidente di SOS MEDITERRANEE International.