Nei libri contabili lo Stato registra le sue spese come deficit, ma si tratta di un debito reale? Chi deve che cosa a chi?
In un’economia sana lo Stato paga i suoi debiti verso i fornitori di beni e servizi, e non deve indebitarsi con un fornitore di moneta esterno perché la creazione di moneta è prerogativa esclusiva della comunità nazionale.
La comunità nazionale è contabilmente indebitata con sé stessa, in pratica non è indebitata con nessuno.

 

Il Codice Civile (art. 1176) stabilisce che il debitore non solo deve adempiere alla sua obbligazione, ma deve anche farlo ‘con la diligenza del buon padre di famiglia’. Ancor prima che nel codice civile, ripagare i debiti (e/o gli interessi legittimi ad essi collegati) rientra fra le norme morali di ogni tempo e luogo, corrisponde al buon senso comune. Tutto ciò vale sia per le persone fisiche che per quelle giuridiche, ma non tutte.
Esiste una particolare categoria di soggetti giuridici, gli Stati battenti moneta propria, che non sono affatto tenuti a ripagare certi debiti. E le banche?
Qui conviene richiamare una massima del professor Giacinto Auriti: “chiunque può prestare moneta a interesse, tranne chi la crea legittimamente”.
Corollario 1: la moneta creata legittimamente dallo Stato dovrebbe essere distribuita senza interesse.
Corollario 2: le banche non dovrebbero prestare la moneta da esse creata illegittimamente (cioè il 95% circa di tutto il denaro circolante).

Qualunque discorso che prescinda da quanto sopra, per quanto possa corrispondere al buon senso e alla morale comune, è fondamentalmente errato.
E’ fondamentalmente errato ritenere che uno Stato debba ripagare certi debiti, in particolare quelli che vengono registrati nei confronti della comunità nazionale.

Vediamo prima la situazione ideale, come in un esperimento di laboratorio in cui siano rimosse le variabili di disturbo.
Quando lo Stato vuole costruire una strada X, deve pagare tutto il necessario: maestranze, macchinari, materiali, energia, etc. Lo stato crea dal nulla il denaro X necessario e lo distribuisce a chi di competenza (come pagamento, non come prestito a interesse).
Nell’economia reale, va tutto bene: l’ingegnere X (come ogni altro creditore X) ha ricevuto il suo compenso, la comunità ha una risorsa in più (la strada X) quindi è più ricca, e il denaro X creato per questo scopo misura l’incremento di ricchezza nazionale.
Poi il denaro X continua a circolare e, fintantoché viene impiegato per scopi legittimi (compresi quelli considerati ‘non produttivi’ come l’arte) continuerà a incrementare la ricchezza (o quantomeno la ‘soddisfazione’) reale nazionale.
Perciò la ricchezza nazionale[1] crescerà più di quanto sia stato misurato dal denaro X. Ci sarà una richiesta più o meno continua di nuovo denaro, a inseguire la crescita più o meno costante dell’economia reale[2], senza fenomeni aberranti tipo inflazione, tasse[3], né controproducenti ricette di austerità nelle fasi di rallentamento.
A tale proposito torna utile una citazione da Ezra Pound: ‘Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri’.

Fin qui l’economia reale. E che cosa avviene nei registri contabili? Ciascun creditore registrerà un introito (+X1 ; +X2 ; +Xn) e lo Stato registrerà una spesa equivalente (-X = -X1 ; -X2 ; -Xn), secondo i criteri di partita doppia che sono utili per ‘far quadrare i conti’, ma niente più.
Nei libri contabili lo Stato registra la spesa X come deficit, ma si tratta di un debito reale? Chi deve che cosa a chi?
Nell’economia reale lo Stato ha pagato ogni suo debito verso i fornitori di beni e servizi reali, e non è indebitato col fornitore di moneta perché se la crea da solo, dal nulla. Punto e basta.

Come già detto, lo scenario fin qui descritto è sovra-semplificato e non considera le ‘variabili di disturbo’. Ma mentre nei laboratori le variabili di disturbo, tipo l’attrito, sono ragionevolmente trascurabili, purtroppo nelle questioni monetarie intervengono variabili poderose come tsunami, due in particolare:
– i rapporti di cambio fra monete diverse. Questi sono determinati non dalla relativa forza economica ma dalla relativa forza militare, tout-court!
– i rapporti pubblico-privato. Qui il problema è assai più grave, ed anzi ingloba il problema internazionale. Infatti il controllo del denaro è sempre stato in mani private, più o meno sedicenti ‘statali’, ma ora la situazione è degenerata a tal punto che appare farsesca ma è assolutamente tragica, e demenzialmente suicida. Vediamo meglio.

Secondo le leggi ancora vigenti in tutti gli stati, la creazione di moneta è una prerogativa esclusiva dello Stato. In tutto il mondo c’è la galera per i falsari!
Ma nella pratica, con l’avvento della moneta elettronica, è successo che tutti gli stati[4] hanno permesso che le banche private usurpassero tale prerogativa. Il motivo ufficialmente addotto è impedire che chi governa faccia un uso clientelare del denaro. Motivo assolutamente condivisibile, ma il Governo non è lo Stato: la moneta può e deve essere sotto il controllo di un ente diverso dal governo, come si fa per la giustizia, la difesa, e tanti altri settori di competenza statale. Si è mai visto un esercito o una magistratura con status giuridico di società per azioni, con lo scopo precipuo di fare utili per i loro azionisti privati?… Eppure ciò è avvenuto per la moneta che è letteralmente ‘la madre di tutte le battaglie’.
In tale situazione, uguale in ogni stato sedicente ‘democratico’, lo Stato italiano chiede in prestito moneta, e paga interessi, alle banche private (soprattutto italiane ma anche straniere) che ne creano a volontà elettronicamente e, si badi bene, non ne registrano affatto la CREAZIONE, ma solo le TRANSAZIONI. Anche le banche cosiddette ‘centrali’ (Banca d’Italia, BCE, FED, etc.) sono private -con una foglia di fico pubblica- e fanno gli interessi privati in maniere sempre più spudorata.
Fino al 1981, anno dello sciagurato ‘divorzio’ della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro[5], la nostra classe politica, discutibilissima per altri versi, era abbastanza virtuosa nel fare gli interessi nazionali: favoriva l’incremento della ricchezza reale nazionale, attribuiva ai registri contabili interni il peso relativo che meritano, e scaricava i deficit di bilancia estera attraverso svalutazioni competitive. Ciò era tecnicamente corretto e moralmente più che giustificato, dato il contesto di rapina internazionale strutturale da parte del dollaro USA[6] e, sempre più, da parte della finanza globale. Da allora la finanza globale prese sempre più il controllo su tutto imponendo ai nostri politicanti una serie di camicie di forza: SME – EURO – MES, fino alla ciliegina sul dolce: il pareggio di bilancio in Costituzione!

Conclusione: chi propugna il pareggio di bilancio statale, ammesso e concesso che sia in buona fede seguendo il ‘buon senso e la morale comune’ (per esempio proponendo di ottenere il pareggio tramite la lotta all’evasione fiscale), si affida a misure sintomatiche che non intaccano il vizio strutturale del sistema, anzi lo rafforzano scaricando sui ‘cattivi di turno’ una colpa che invece è eminentemente politica. Come ripeteva James Tobin: ‘Nulla è più politico della moneta’.
Oggi il più bieco evasore fiscale e il più cinico speculatore finanziario sono ‘poveri untorelli’ in un sistema monetario che è strutturalmente illegittimo, iniquo, e soprattutto insostenibile, inesorabilmente votato a convulsioni di crescente frequenza e gravità, fino alla catastrofe finale.

Un sistema equo e sostenibile, verso il quale confluiscono proposte istituzionali di nazioni come Islanda, Svizzera, Ecuador, Finlandia, Catalogna, nonché di molti movimenti, in primis quelli raggruppati nell’International Movement for Monetary Reform cui è affiliata l’italiana Moneta Bene Comune, si deve basare su tre pilastri fondamentali:

1) Creazione del denaro esclusivamente da parte di Comunità Sovrane (statali ma anche locali).

2) Messa in circolo del denaro senza interesse, attraverso la Rendita di Base Universale Incondizionata e il pagamento per infrastrutture, salute, educazione, servizi sociali, etc.

3) Distruzione del denaro non attraverso i sistemi attuali (inflazione, svalutazione, tasse sull’economia produttiva) che sono controproducenti, ma attraverso il demurrage, cioè la perdita di valore programmata, automatica, della moneta stessa. L’applicazione di maggior successo del demurrage si deve a Silvio Gesell quasi un secolo fa, e oggi sarebbe un gioco da ragazzi con il denaro elettronico.

Insomma, per instaurare un sistema monetario equo e sostenibile ci vuole una Politica con la P maiuscola, sorretta da partecipazione popolare consapevolizzata, altro che politicanti ignoranti e corrotti sopportati da cittadini ignoranti e ipnotizzati!

 

Per chi vuole saperne di più:

https://www.pressenza.com/it/2015/05/vietato-interrogarsi-sulla-natura-del-denaro/

Il Golpe Latino: l’Europa salvata dalla crisi per errore

[1] Da non confondere assolutamente col famigerato PIL-Prodotto Interno Lordo che cresce anche se crescono incidenti stradali, delinquenza, e quant’altro.

[2] E’ la ‘crescita felice’ sorretta da energie rinnovabili e riciclo pressoché completo dei rifiuti.

[3] La funzione essenziale delle tasse è quella di imporre l’uso di una certa moneta, non quella di procacciare denaro allo Stato sottraendolo ai lavoratori, visto che lo Stato può ben crearsi denaro dal nulla.

[4] tranne quei pochissimi che la cupola mondiale ha messo nella lista nera degli ‘stati canaglia’.

[5] cioè un ramo del Governo: qui stava l’errore ma invece che trasferire questa competenza sotto controllo democratico più largo, la si è trasferita al settore privato, in ossequio al mantra neo-liberista ‘meno stato, più mercato’.

[6] Da Bretton Woods fino al 1971 il sistema mondiale era basato su una truffa dissimulata sotto la fittizia convertibilità del dollaro in oro (in Italia è falso nummario, ex art 453 CP). Poi Richard Nixon sospese ‘sine die’ tale convertibilità, così la cricca (meno di cento famiglie prevalentemente europee e statunitensi) che oggi governa il mondo tramite il monopolio del dollaro ora consuma un reato di ben più grave fattispecie: rapina a mano armata sul resto del pianeta e dell’umanità, ivi compresi 325 milioni di cittadini statunitensi.