L’Associazione per i popoli minacciati (APM) ha chiesto una sessione speciale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla crisi dei Rohingya. I  numeri dei rifugiati stanno letteralmente esplodendo, l’Asia sud-orientale è in tensione a causa del dramma dei profughi Rohingya. La  comunità internazionale degli stati deve agire per evitare un ancor più massiccio esodo di Rohingya dalla Birmania. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in questo momento non deve limitarsi a semplici  appelli alla moderazione verso tutte le parti coinvolte nel conflitto, ma deve spingere il governo della Birmania alla ricerca di una soluzione politica credibile a questo conflitto e ad astenersi da ogni violenza  contro la popolazione civile. Con 300.000 nuovi rifugiati in soli 15  giorni, il conflitto dei Rohingya è una delle peggiori crisi umanitarie di questo millennio”.

L’organizzazione per i diritti umani ha anche sollecitato la fine  dell’impunità in Myanmar. I responsabili della violenza eccessiva contro  la popolazione civile devono essere legalmente perseguiti,  indipendentemente dal fatto che le vittime fossero musulmani Rohingya,  Hindu o buddisti Rakhine. Se la magistratura birmana non è in grado di garantirlo o non ne ha la volontà, allora il Consiglio di Sicurezza  dell’ONU deve dare mandato alla Corte penale internazionale dell’Aia (CPI) perché venga avviata un’indagine preliminare.

Nonostante uno specifico mandato del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, le autorità della Birmania rifiutano da mesi l’ingresso degli esperti delle Nazioni Unite per i diritti umani nel paese. Gli esperti dovrebbero valutare la dimensione e le motivazioni della violenza nello stato di Rakhine, nel quale i Rohingya dal mese di novembre / dicembre 2016 lamentano massicci attacchi da parte dell’esercito birmano contro la popolazione civile, dopo che combattenti armati Rohingya avevano attaccato diversi posti di frontiera nel mese di ottobre 2016. In quel periodo così come oggi, il principale responsabile della violenza è l’esercito della Birmania sotto il comando del generale Min Aung Hlaing.

La perdurante impunità è fonte di ulteriori timori di nuove violenze, che sfocerà in un ulteriore esodo di massa dei Rohingya. Lottare contro  l’impunità e ricostruire la fiducia non sono un lusso inutile, ma il  prerequisito essenziale per porre un argine al dramma dei profughi. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha già affrontato la recente impennata del conflitto Rohingya il 30 agosto 2017 su richiesta della Gran Bretagna. Il risultato era stato un semplice appello privo di significato alle parti in conflitto. Ma ora molti governi asiatici premono perché le Nazioni Unite adottino un approccio più deciso.